E’ l’uomo più ricco della Cina, con 39 miliardi di dollari di patrimonio. Ma Jack Ma è anche il fondatore di “Alibaba“, uno dei più importanti colossi dell’e-commerce mondiali (valore stimato di 420 miliardi di dollari). Una sorta di “guru” per chi mastica di web e che rappresenta, per gli orientali, quello che Steve Jobs ha rappresentato per gli occidentali. E se Steve Jobs era un visionario, Jack Ma non è da meno.
Un personaggio “sui generis”, legato ad una generazione di imprenditori che hanno messo al primo punto della loro mission la volontà di cambiare il mondo, senza, per questo, mettere al primo posto la vita “professionale” rispetto alla libertà personale. Non a caso Jack Ma ha già annunciato che la sua vita non terminerà in un ufficio, ma su una spiaggia.
Fa impressione pensare che dietro la scelta del nome di una delle più importanti aziende del pianeta non ci sia uno studio di marketing o una costosa strategia di mercato, ma semplicemente una singola e “banale” intuizione. E’ stato lui stesso a raccontare, con disarmante semplicità, l’aneddoto legato alla scelta del nome Alibaba. “Sedevo in un caffé di San Francisco, e mi venne in mente che il nome ‘Alibaba’ suona bene. Domandai a una cameriera che passava di lì “Sa qualcosa di Alibaba?”. Lei disse di sì. Domandai che cosa sapesse di Alibaba, e lei disse “Alibaba e i quaranta ladroni”. “Ecco il nome!” pensai. Dopo andai per strada e cominciai a domandare in giro a 30 persone diverse se sapevano di Alibaba. Indiani, tedeschi, da Tokyo alla Cina, tutti conoscevano Alibaba. Alibaba è una persona buona, lesta negli affari e aiutò il suo villaggio. Così facile da pronunciare, e nome internazionale”. Ecco come è nata la fortuna di Jack Ma: creatività, visione e coraggio imprenditoriale, oltre ad una sana dose di risorse economiche derivanti da banche e soci privati: 18 in totale. La piattaforma online Alibaba nasce nel 1999 (in quartier generale è ad Hangzhou, in Cina).
Oggi Alibaba Group è un impero mondiale e integra anche AliExpress (servizio di vendita di merce cinese al dettaglio che si rivolge prevalentemente a compratori europei), Alipay (una piattaforma di pagamento online), AutoNavi (un’azienda di cartografia fondata nel 2001 e con sede a Pechino), Taobao (la piattaforma di acquisti online più grande della Cina) e Tmall (piattaforma di scambio commerciale tra produttori e consumatori). Ma a quasi venti anni di distanza dalla nascita di Alibaba (l’anniversario sarà celebrato il 10 settembre del 2019), Jack Ma è in procinto di mollare la guida dell’azienda per dedicarsi ad altro. Lo ha annunciato lo stesso presidente in una lettera pubblicata su Forbes.com. Il suo successore sarà Daniel Zhang. Il fondatore di Alibaba ha anticipato che lavorerà a stretto contatto con il futuro presidente per garantire una transizione regolare e di successo. Successivamente, resterà nel consiglio di amministrazione di Alibaba fino alla riunione annuale degli azionisti nel 2020.
Ma come funziona il colosso orientale? Bisogna sapere che su Alibaba è possibile vendere solo prodotti all’ingrosso ed è possibile fare affari entrando in contatto diretto con i fornitori. Questi ultimi devono completare un processo di autenticazione tramite un’agenzia di certificazione scelta dalla stessa company cinese. La piattaforma, quindi, non è aperta a tutte le imprese, ma solo a quelle che possano attestare una certa qualità, di prodotto e di comportamento. Almeno sulla carta. Si tratta di una sorta di business to business di ultima generazione, mediato dalla piattaforma online. Non tutto, però, funziona come dovrebbe. Non è detto che tutto quello che si promette sul web poi corrisponde esattamente alla realtà. E questo è un rischio che ogni uomo d’affari o commerciante dovrebbe sapere, prima di affidare totalmente il proprio business ai canali virtuali e non a quelli reali.
Infatti, nel febbraio del 2011, Alibaba fu travolta dallo scandalo di aver ammesso all’interno ben 2.236 fornitori accusati di truffa ai danni degli stessi clienti della piattaforma. La compagnia perse il 15% in borsa una volta che la notizia divenne di dominio pubblico. Un “incidente di percorso” che è costato il posto di lavoro dell’allora direttore generale Yan Limin. Jack Ma non ha mai dimenticato quello che ha considerato un vero e proprio “tradimento” del suo sogno di azienda etica e uno “smacco” alla reputazione di Alibaba, faticosamente costruita negli anni.
Alibaba ha avuto sicuramente il merito di innovare il mondo del commercio. Ma il colosso cinese ha diversificato il suo business puntando anche sul più tradizionale retail acquistando Auchan Cina (così come Amazon ha preso la guida di Whole Food). Ma forse è solo questione di tempo prima che il retail venga fagocitato definitivamente dall’online. Nel 2017, in America 50 grandi catene commerciali hanno dichiarato bancarotta. In Cina, Corea, Francia, Germania, Giappone, UK e USA la percentuale di acquisti online sfiora, ormai, il 20% del mercato totale. In Italia, però, le cose vanno ancora diversamente. Secondo una ricerca dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano, nel nostro paese l’e-commerce si attesta ancora su valori abbastanza esigui, intorno al 5,7%. E questo, non è detto che sia un male, se non altro per le migliaia di posti di lavoro in gioco.
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