Se la banca si trova in difficoltà finanziarie chi provvede al salvataggio dell’istituto? La novità è che dal prossimo 1° gennaio 2016 questo onere potrà essere a carico dei clienti dello stesso istituto ai quali verrà richiesto, in casi estremi, di compartecipare alle perdite con le proprie azioni, obbligazioni e conti correnti.
E’ quanto stabilito dalla direttiva europea Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) che l’Italia ha recepito a luglio e che introduce in tutti i i paesi europei le regole per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento, compreso il meccanismo del bail-in, ovvero il “salvataggio dall’interno”.
Il passaggio dal “bail out”, salvataggio dall’esterno, quindi con soldi pubblici, al “bail-in” parte dal principio che non debbano essere più sprecate risorse dello Stato per salvare le banche ma che, in caso di difficoltà si potrà chiedere aiuto a chi ha rapporti con quella banca, come gli azionisti, gli obbligazionisti ed i correntisti. Il nuovo modus operandi alleggerisce, quindi, indirettamente tutti i contribuenti che finora sono intervenuti in aiuto attraverso l’aumento delle tasse.
Il modello è quello dell’emergenza Cipro verificatasi a marzo 2013 quando l’Eurogruppo decise il prelievo forzoso dai conti correnti per salvare le banche cipriote e che pochi mesi dopo fece diventare norma europea.
Ma vediamo nel dettaglio chi interviene nel bail-in e chi rischia di più, tenendo presente che il testo del decreto, dopo essere stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 settembre scorso, ora è tornato alle Camere ed è pertanto suscettibile di ulteriori cambiamenti.
Chi partecipa per primo al salvataggio della banca?
Potranno dormire sonni tranquilli coloro che hanno sui propri conti correnti bancari somme inferiori a 100.000 euro, fino a quella cifra infatti i depositi sono protetti dal Fondo di garanzia, mentre la parte eccedente i 100.000 euro rimane a disposizione per contribuire al salvataggio della banca.
Esiste anche un ordine di priorità nel piano di salvataggio dell’istituto: i primi a dover intervenire in aiuto saranno gli azionisti della banca, poi i detentori di altri titoli come le obbligazioni e infine i correntisti, persone fisiche e piccole e medie imprese con la loro liquidità, ma solo per la parte che eccede i 100.000 euro. In pratica a sostenere prima di tutti le eventuali perdite o la conversione in azioni sarà chi investe negli strumenti finanziari più rischiosi.
Anche lo Stato potrà intervenire per salvare la banca dal default, ma solo dopo che azionisti e creditori avranno pagato l’8% delle passività totali dell’istituto.
Si può evitare il rischio di compartecipazione?
Sarà fondamentale d’ora in avanti per tutti gli investitori che si faccia molta attenzione, nel momento dellasottoscrizione di investimenti bancari, che l’istituto fornisca nel dettaglio tutte le informazioni necessarie, ma soprattutto che offra sempre, come prima opzione, certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia invece di obbligazioni soggette a bail-in.
Chi possiede obbligazioni bancarie, infatti, potrebbe veder convertito in azioni, o anche ridotto parzialmente o totalmente, il proprio credito nel caso che le risorse dei soci azionisti non siano state sufficienti alla copertura delle perdite e alla ricapitalizzazione della banca in dissesto.
E’ bene ricordare, inoltre, che non partecipano al bail-in coloro che detengono titoli di Stato e investimenti di azioni o obbligazioni che non siano della banca in crisi, così come sono escluse le passività garantite (ad esempio covered bond), pensioni e salari dei dipendenti.
Pro e contro
Il quadro normativo previsto dalla Direttiva UE n. 2014/59se da una parte spaventa perché legalizza il prelievo forzoso bancario dall’altra ha il fine di tutelare i mercati e soprattutto i contribuenti che in questi ultimi anni sono stati chiamati troppo spesso in causa per ripianare i debiti delle banche in crisi, ricordiamo il caso del Monte dei Paschi di Siena, il più delle volte conseguenza di una gestione sbagliata, talvolta spregiudicata.
L’obiettivo dei risparmiatori dovrà essere, ora più che mai, quello di investire in una banca solida per evitare il rischio di compartecipazione, anche se sembra chiaro che sarà cura della banca tutelarsi con una patrimonializzazione più marcata e maggiori fondi visto che i rischi e le scelte della stessa ricadranno in primo luogo sui propri azionisti.
C’è anche il rischio però che i risparmiatori che abbiano il desiderio di investire parte del proprio capitale in prodotti finanziari con rivalutazione nel medio/lungo termine, pondereranno meglio questa scelta preferendo altre soluzioni per mettersi al riparo da eventuali e non improbabili fallimenti bancari.
C’è un altro timore, infine, ed è quello che il limite dei depositi oltre il quale intervenire, oggi fissato a 100.000 euro, possa diminuire, visto l’esempio della Germania che lo ha fissato a 30.000 euro.
Il decreto, in ogni caso, dopo essere stato approvato dal Consiglio dei Ministri ora è tornato alle Camere e probabilmente sarà modificato, come auspicato in questi giorni anche dal Presidente Consob Giuseppe Vegas che ritiene questa norma “in contrasto con la direttiva comunitaria sugli abusi di mercato che impone la diffusione al pubblico, senza indugio, di qualsiasi informazione price sensitive”.
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