Diceva Oscar Wilde, osservatore acuto e ideatore di aforismi fulminanti come mai ne sono esistiti: “La naturalezza è una posa, e la più irritante che io conosca“. Lo scriveva un secolo e rotti or sono, essendo scomparso esattamente nel 1900, prima che il mondo e i comportamenti umani subissero rivoluzioni e stravolgimenti di ogni genere.
Chissà cosa penserebbe oggi, a proposito di pose e naturalezze affettate, con il dilagare via social della trasmissione di sé in diretta continua che ci ha trasformato un po’ tutti in attori. C’è da scommettere che avrebbe rincarato la dose, sferzando a destra e a manca con la sua ironia sottile e imprevedibile. In effetti, tutto oggi è studiato nel minimo dettaglio per apparire al meglio in quel quadratino filtrato che ha cambiato per sempre non solo il modo di pensare, ma anche la maniera in cui viviamo le esperienze di tutti i giorni.
Tutto deve passare dallo smartphone, altrimenti è come se non fosse mai successo. In questa condizione, anche il sorriso smagliante appare come una posa – invero irritante – che di naturale non ha proprio nulla. Però su Instagram – è questo il social di riferimento, croce e delizia di chi ne è ossessionato come di quanti lo detestano – con le pose ogni tanto si esagera, con risultati quanto meno esilaranti.
Si prendano certe influencer che non riescono bene a distinguere tra vita e messa in scena, tra scatto pubblicitario e atteggiamento plausibile. Su certi feed le si vede impegnate in pose da show modaiolo, dimentiche del fatto che le passerelle sono puro teatro, che applicato al quotidiano è sovente ridicolo.
C’é ad esempio un certo modo, molto cool, di tener la borsa a mano, sdoganato da infiniti scatti. È un movimento contorto e fiero: si passa il braccio dentro il manico superiore della borsa – se lo ha – e la si afferra dal fondo, come a volerla proteggere da un improvviso scippo. Ecco, siffatta posa funziona in foto, perché la borsa è verosimilmente vuota, o piena di carta, e il gesto convince. Replicare nel quotidiano fa fashion victim priva di pensiero. Un po’ di spirito critico va mantenuto, anche in questi tempi di fiction permanente. O no?
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