È una corsa contro il tempo il salvataggio di Banca Carige, l’istituto di credito commissariato il 2 gennaio dalla Bce dopo le dimissioni, per la seconda volta in un anno, di gran parte del suo consiglio di amministrazione.
A innescare le dimissionioni è stata la bocciatura, da parte dell’assemblea dei soci dello scorso 22 dicembre, dell’aumento di capitale da 400 milioni chiesto dalla Bce per rimborsare il prestito d’emergenza da 320 milioni concesso lo scorso novembre a Carige dalle altre banche italiane, e che ha visto l’astensione del socio di maggioranza, Malacalza Investimenti.
Secondo alcune indiscrezioni di stampa, Bce e Bankitalia avrebbero dato ai tre nuovi commissari straordinari – Fabio Innocenzi (ad dimisisonario di Carige), Pietro Modiano (presidente dimissionario di Carige) e Raffaele Lener (professore di diritto bancario) – tre mesi di tempo per trovare una soluzione per rimettere in sesto la banca ligure.
La via più scontata passa attraverso un’aggregazione con un altro istituto di credito. I nomi che vengono citati in queste prime ore sono quelli di Unicredit o Ubi, ma potrebbe entrare nei giochi anche il Banco Bpm. Già a fine ottobre l’amministratore delegato Fabio Innocenzi aveva affidato a UBS il mandato per «esplorare eventuali aggregazioni». Si tratta quindi di un’opzione su cui i vertici della banca ligure stavano già lavorando.
In attesa di una soluzione, la Consob ha deciso la sospensione a tempo indeterminato del titolo in Borsa, sebbene da Banca Carige siano arrivate rassicurazioni precisando in una nota che nonostante il commissariamento sarà «garantita la consueta operatività senza alcun impatto sui clienti, depositanti e dipendenti».
La road map per portare Carige fuori dalla crisi prevede dunque tempi molto serrati. Entro breve i tre commissari straordinari dovranno presentare il nuovo piano industriale e una bozza di bilancio che potrebbe prevedere anche la rinegoziazione del debito con i creditori e la trasformazione dell’obbligazione subordinata da 320 milioni in common equity al fine di rafforzare i coefficienti patrimoniali. Il passo successivo sarà quello di trovare un socio forte e portare a termine la ricapitalizzazione.
Sull’operazione vigila da vicino la Bce. Pare comunque escluso il rischio di bail in – ossia che siano gli azionisti a farsi carico delle perdite, oltre agli obbligazionisti e i clienti con oltre 100 milioni di depositi sul conto corrente – come ha dichiarato in un’intervista a Class Cnbc il commissario Fabio Innocenzi, il quale ha anche ribadito che «l’istituto è ben patrimonializzato e ha una governance chiara».
Controllata al 27,5 per cento dalla famiglia Malacalza – che è gradualmente entrata nell’istituto ligure dal 2015 investendo oltre 400 milioni di euro per una quota che, agli attuali corsi di borsa, vale circa 20 milioni – Carige ha 4.200 dipendenti, 482 sportelli e circa un milione di clienti ed è la decima banca italiana. Nella vicenda, il Tesoro fa sapere, attraverso una nota, di seguire «da vicino» la situazione, mentre nei giorni scorsi, durante colloqui riservati con la famiglia Malacalza, il premier Conte avrebbe fatto sapere che il governo intende evitare un’altra crisi bancaria, ma non è disponibile a mettere un solo euro per il salvataggio.
Tutta l’operazione presenta alcune singolarità. Banca Carige è la prima banca ad essere commissariata dalla Bce. Ed è anche insolito che i vertici dimissionari di un istituto di credito vengano indicati come commissari straordinari. La mossa viene letta come una forte iniezione di fiducia nei confronti di Innocenzi e Modiano e come un tentativo senza precedenti della Bce di salvaguardare oltre a Carige anche gli istituti italiani che lo scorso novembre hanno acconsentito a sottoscrivere il bond di emergenza, necessario per riequilibrare il patrimonio della banca ligure dopo il buco emerso nei conti del terzo trimestre a cuasa di 257 milioni di perdite su crediti.
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