Carlo Talamo, il genio del marketing che non aveva bisogno di algoritmi

Per chiunque abbia più di quarant’anni Carlo Talamo è stato un’icona. Pubblicitario, poeta, appassionato di motori, importatore di motociclette e tanto altro. Fu lui a creare il fenomeno Harley Davidson in Italia e a lanciare alcuni trend di mercato ancora attuali.


Certo che se avesse ascoltato tutti i preconcetti, le stime di bilancio e i trend di mercato quel ragazzo solitario, forse il primo su un windsurf tra le correnti del lago di Garda, di strada ne avrebbe fatta poca. Erano gli inizi degli anni ottanta, e lui stesso, intorno ai trent’anni, non avere ancora chiaro il suo futuro.

Faccia sveglia, erede di nobiltà decaduta, nasce a Roma nel 1952. Curioso e appassionato di tutto, gli piace viaggiare, scoprire e andare forte in moto, approda nella Milano del boom verso la fine degli anni settanta, inseguendo donne e successo, a modo suo.

La “Milano da bere” sarà il suo regno. Dapprima lo accoglie il mondo della pubblicità, dove imparerà a farsi conoscere e apprezzare grazie alle campagne per le calze OMSA e per il liquore Fernet Branca, ma la vera vocazione arriva nella rigidissima fine del 1984, quando, insieme agli amici Brun e Crepaldi fonderà ‘la’ Numero Uno, distributore e poi importatore ufficiale delle bicilindriche di Milwaukee.

Con la sola licenza media, la sua scuola era la strada, non lo nascondeva e anzi, fu ciò che ha reso le sue idee un successo. Carlo trasformò un prodotto di nicchia, con un preciso target di riferimento, prima in una moda per ricchi, poi in un fenomeno di costume riconosciuto. Le vendite decollarono oltre ogni aspettativa e la concessionaria Numero Uno diventò un caso di studio per la casa madre americana.

Appassionato d’arte e esteta, culturalmente preparato e coraggioso, riusciva a plasmare l’estro, ad essere il primo a farlo e, soprattutto, a saperlo trasmettere con il temperamento e il carisma tipici di chi divide.
Per molti un guru, un precursore, il genio puro, gli stessi e altri lo ricordano scontroso e altalenante, despota piccatamente egocentrico.

Sue le campagne stampa accattivanti ed emozionali, sua la faccia che riempiva le riviste. Si metteva sempre in gioco personalmente. Oggi siamo abituati agli imprenditori che compaiono nelle pubblicità, basti pensare a Giovanni Rana o al compianto Ennio Doris di Banca Mediolanum, ma negli anni ’80 era avanguardia. Quel trend l’ha inventato lui e il mercato pubblicitario lo ritiene ancora valido.

Dopo le Harley, iniziò ad importare le moto Triumph (con la Numero Tre), altro grande successo, e poi le autovetture inglesi Bentley. Tutti questi brand devono molto a Talamo, senza di lui non avrebbero mai avuto la penetrazione commerciale che hanno ottenuto nel Belpaese.

Talamo vantava anche una spiccata vena poetica. Spesso scriveva dei versi su foglietti stropicciati che disseminava dovunque, anche nelle borse laterali delle sue motociclette. Riflessioni sulla vita e sulle dinamiche umane che qualche suo amico vorrebbe raccogliere in un libro.

Aveva un metodo di lavoro tutto suo: non aveva un metodo, improvvisava puntando sempre sulle emozioni delle persone. Un creativo allo stato puro che un’incidente in moto ci ha portato via per sempre.

In un mondo dominato dagli algoritmi e da campagne pubblicitarie replicanti, un fantasista come Carlo Talamo avrebbe fatto la differenza.

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