Cdp, Vivendi, Elliott: è partita la sfida finale per il controllo di TIM

Il governo esce allo scoperto su Tim e si prepara a giocare un ruolo attivo nella società ormai controllata dai francesi di Vivendi, il gruppo dei media che fa capo a Bollorè. Il cda di Cassa Depositi e Prestiti ha infatti approvato l’ingresso nella società telefonica rilevando «progressivamente» una partecipazione fino ad un massimo del 5 per cento delle azioni ordinarie.

Un investimento, precisa la nota del gruppo guidato da Claudio Costamagna attuato «con una prospettiva di lungo periodo», finalizzato a «rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese» e che «rientra nella missione istituzionale di Cdp a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali».

Dunque, dopo l’ingresso del fondo americano Elliott con una quota del 5,7 per cento, un nuovo socio di peso si appresta a entrare in Tim e a controbilanciare il potere di Vivendi, primo azionista con il 23,9 per cento del capitale. Prima che Cdp rendesse ufficiale la notizia, Vivendi aveva definito come «non ostile» l’ingresso in Tim di Cdp sottolineando che «ogni azionista è benvenuto» purché crei valore aggiunto.

Sembra da escludere, per ora, un asse congiunto tra Cdp e Elliott sulla gestione, ma nulla vieta di pensare che in futuro i due nuovi soci, accomunati da un giudizio critico sulla gestione attuata dai soci di maggioranza, possano fare fronte comune contro i francesi su alcuni temi. Come riportano alcuni siti, Elliott starebbe intanto salendo di peso in Tim acquistando nuove azioni e potrebbe già essere arrivato al 10 per cento del capitale.

Un primo test importante di confronto sarà il futuro della rete. Cdp ci tiene ovviamente ad assicurare che un’infrastruttura così strategica per lo Stato resti di proprietà italiana. Come già proposto da Elliott, è quindi favorevole allo scorporo e alla successiva quotazione della società che gestisce tale asset. E per la quale, come ha in passato dichiarato il numero uno di Cdp, Costamagna, si profilerebbe in seguito una fusione con Open Fiber, la società nata per portare la banda larga in Italia, creata congiuntamente da Cdp e Enel. Scorporo e fusione che invece vede i francesi in posizione assolutamente contraria.

A questo punto diventa ancora più interessante seguire i prossimi due appuntamenti istituzionali già fissati, ossia le assemblee del 24 aprile e del 4 maggio, da cui dovrebbero uscire indicazioni più chiare sul futuro di Tim e sul suo prossimo cda dopo che quello attuale ha dato le proprie dimissioni.

Il tempo però stringe. Cdp dovrà infatti acquistare le azioni entro il 13 aprile per depositarle in tempo utile per esercitare il diritto di voto, in pratica dovrà completare l’operazione in una settimana. Un’operazione che ai corsi attuali di Tim in borsa dovrebbe comportare un esborso massimo di poco inferiore ai 600 milioni di euro mentre il titolo continua a salire: +3,7 per cento oggi a 0,72 euro dopo aver chiuso ieri con un rialzo superiore al 3 per cento.

In vista del rinnovo del cda all’assemblea del 4 maggio, Vivendi ha presentato la propria lista che prevede la ricandidatura di Amos Genish come amministratore delegato e quella di Arnaud de Puyfontaine come presidente (non esecutivo). Nel segno della continuità anche il nome di Franco Bernabè, riproposto nel ruolo di vice presidente con delega alla sicurezza, mentre completano la lista Marella Moretti, Frederic Crepin, Michele Valensise, Giuseppina Capaldo, Anna Jones, Camilla Antonini, e Stephane Roussel.

Giuseppe Turani
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Giornalista economico e Direttore di "Uomini & Business". E' stato vice direttore de L'Espresso e di Affari e Finanza, supplemento economico de La Repubblica. Dal 1990 al 1992 è editorialista del Corriere della Sera, del mensile Capital e dei settimanali L'Europeo e Il Mondo. Ha scritto 32 libri.

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