Il T.T.I.P. (Transatlantic Trade and Investment Partnership) è il Trattato transatlantico sul commercio e sugli investimenti che Europa e Stati Uniti stanno negoziando ormai da anni per dar vita alla più grande area di libero scambio al mondo.
Il partenariato transatlantico, che impatterà direttamente su più di 800 milioni di persone, è stato progettato per incoraggiare la crescita e la creazione di posti di lavoro, che potrebbero tradursi in 120 mld di euro per l’Europa, 90 mld di euro per gli Stati Uniti e 100 mld di euro per l’economia del resto del mondo, con oltre un milione di posti di lavoro negli USA e 1,3 mln nel Vecchio Continente.
Si tratta di una deregolamentazione che abolirà i dazi doganali uniformando i regolamenti di due continenti e annullando il controllo dei singoli stati, rendendo così possibile la libera circolazione di merci, investimenti, servizi ed appalti.
Spesso, infatti, le differenze nei regolamenti tecnici le norme e le procedure di omologazione rappresentano un aggravio inutile in termini di tempo e di denaro. Ad esempio un’automobile omologata in Europa ha bisogno di un’ulteriore procedura di approvazione negli Stati Uniti, nonostante le norme sulla sicurezza siano simili.
TTIP: rischi e benefici
La zona di libero scambio transatlantico, pur essendo una grande opportunità, potrebbe far saltare una parte del sistema di tutele europee, leggi, controlli e standard minimi richiesti per la circolazione di prodotti, andando a colpire soprattutto un settore a noi caro: l’agroalimentare. Con questo nuovo patto, infatti, potrebbero finire sulle nostre tavole carni trattate con ormoni e antibiotici, OGM, verdure prodotte con sostanze chimiche nocive, il tutto senza poterci opporre visto che leggi e regolamenti devono sottostare al Trattato.
In poche parole potrebbero fare la loro comparsa sugli scaffali dei nostri supermercati alimenti senza etichette, consentiti negli USA ma sinora proibiti in Europa, anche se la Commissione Europea assicura che “le leggi europee che riguardano ormoni o che proteggono la salute e la vita umana, il benessere, l’ambiente e gli interessi dei consumatori non saranno parte delle negoziazioni”.
Si rischia inoltre che le piccole imprese locali, cuore pulsante dell’economia italiana, possano essere schiacciate dallo strapotere delle grandi corporation americane, che già hanno le dimensioni per esportare.
Al centro del dibattito, dunque, c’è la crescita economica a fronte del bene collettivo e dell’ambiente, anche se le statistiche non sempre concordano sui benefici. Secondo il Centre for Economic Policy Research di Londra(CEPR), una famiglia media potrebbe riceverne benefici pari a 545 euro, visto che la nostra economia riceverebbe uno stimolo pari allo 0,5% del PIL – Prodotto Interno Lordo, o 120 mld di euro annui, una volta che l’accordo sarà pienamente attivato.
Tutt’altri i numeri presentati dal Global Development and Enviroment Institute della TUFTS University del Massachusetts, che parla di una perdita complessiva di posti di lavoro di 600 mila unità al 2025, molti dei quali in Europa del Nord, Francia e Germania, con una perdita di reddito pro capite per lavoratore che varia tra 3400-5500 euro. Si prevede una contrazione del PIL tra l’1-2% al 2025.
Con ogni grande trattato, ci sono aspetti positivi e altri negativi, ma è indubbio che, data la delicata situazione geopolitica internazionale, una partnership strategica con gli Stati Uniti è l’unica via che ha l’Europa per evitare un inesorabile declino.
Be the first to comment