Quanto influisce il cibo sulla nostra vita? La risposta è: davvero tanto. Non solo perché ci fornisce quello che serve al nostro organismo per sostentarsi, ma perché il cibo è filosofia, cultura, arte, socialità.
L’importanza del cibo la dimostra l’aumento degli acquisti di generi alimentari durante la questa lunga fase d limitazione agli spostamenti, a cui tutti siamo forzati dalla pandemia; la dimostra il numero di condivisioni sui social o nelle chat private di foto di manicaretti di ogni specie, dal dolce al salato che, con buona pace della dieta, prepariamo nelle nostre case un po’ per passare il tempo, un po’ per il piacere di mostrare qualcosa che si è fatto con le proprie mani.
Nonostante questo aspetto ludico, l’attenzione alla qualità di quello che mangiamo è sempre alta. Molti infatti sottolineano di utilizzare quel particolare tipo di pomodorino o la farina specialissima che rende buona anche la pizza di un principiante.
La dieta, intesa come regime alimentare, è sicuramente una routine corretta per mantenersi in salute e in forma con il corretto apporto di tutti i principi nutrienti, purchè non si sfoci nella mania e ci si conceda qualche piccolo peccato di gola, come, d’altronde, è previsto in ogni dieta una volta alla settimana.
Siamo tutti Chef
L’attenzione al cibo è sicuramente testimoniata dalle innumerevoli trasmissioni televisive su cuochi, sfide culinarie, aspiranti pasticceri, adulti e bambini, che si trovano praticamente su ogni emittente tv.
Questo non ha solo implicazioni di intrattenimento, ma anche in qualche modo educative.
Secondo un studio pubblicato ad inizio anno sul Journal of Nutrition Education and Behavior, lo stile alimentare dei bambini potrebbe infatti venire influenzato da questo tipo di programmi: in base allo studio citato, i bambini che, in cooking show televisivi, hanno visto utilizzare cibi salutari hanno poi scelto di mangiare alimenti “sani” 2,7 volte in più rispetto a bambini che avevano guardato puntate dello stesso programma in cui venivano preparati cibi non sani.
La ricerca, condotta nei Paesi Bassi su bambini tra i 10 e i 12 anni, ha dunque evidenziato che i programmi tv possono essere un buon alleato per la promozione di atteggiamenti ed abitudini positive nell’alimentazione dei più piccoli. Molto sta anche però al saper preparare frutta e verdura in maniera appetitosa. Altre ricerche hanno infatti sottolineato che è più probabile che i giovani optino per cibi sani quando sono coinvolti nella preparazione di pranzo o cena direttamente insieme ai propri genitori, cosa che però, visti i ritmi della società contemporanea, avviene sempre più di rado. Spesso si preferiscono pasti pronti e pre-cotti che non sono certo adatti ad un corretto regime alimentare.
Vegani, Gluten-Free & Co.
Negli ultimi anni, anche per motivi etici di rispetto degli animali e del ciclo della natura, si sono diffuse abitudini alimentari sempre più particolari.
Così ai vegetariani, che mangiano frutta e verdura ma non disdegnano formaggi ed uova, si sono affiancati i fruttariani, che mangiano solo frutta o i più “estremisti” vegani, che bandiscono completamente la fonte di alimentazione di origine animale e che rifiutano anche abbigliamento ricavato da fonti animali, come maglioni in lana o scarpe in vera pelle.
La tendenza è tale che ormai tutti i principali brand del mondo food affiancano alle produzioni “tradizionali” linee dedicate ai vegani e persino nel mondo degli snack da distributori automatici, si registra un aumento delle vendite sia di prodotti vegan, che di quelli bio e naturali, come la frutta secca (fonte Confida – Ass. Italiana Distribuzione Automatica).
Diverso è poi il caso di chi, per motivi religiosi o di salute deve o vuole fare a meno di determinati alimenti e ancora diverso è il caso di chi soffre di intolleranze, costretto ad una dieta priva di latte, di glutine o di altri allergeni la cui presenza in una pietanza può diventare davvero pericolosa.
Anche a queste categorie i produttori fanno molta attenzione concentrando i propri sforzi per offrire prodotti con etichette quanto più “free from”.
Cibo=Comunità
Quanti accordi e quanti dissapori sono stati composti e ricomposti attorno ad una tavola? In fondo, se nell’emergenza sanitaria in corso ci si scambia tante foto di pizze e crostate è anche per sentirsi più vicini e per avere l’illusione di godere di una bella cena in compagnia di parenti o amici.
Il cibo, infatti, specie per noi italiani (ma non solo), è un elemento di aggregazione e l’importanza del cibo sul senso di appartenenza è reale, tanto da essere messa in evidenza anche da una ricerca della Cornell University. L’autrice della ricerca, la professoressa Kaitlin Woolley della Samuel Curtis Johnson Graduate School of Management, ha infatti sottolineato che “nonostante la presenza fisica insieme agli altri, le persone che hanno qualche forma di restrizione rispetto al cibo sperimentano un senso di isolamento perché sentono di non poter prendere parte a quel legame che si crea durante il pasto”.
Questo sembra essere valido sia per gli adulti che per i bambini, in base ad altri studi, tanto da determinare che il senso di solitudine cresca del 19% nelle persone che hanno una qualche restrizione alimentare – sia volontaria che indotta da motivi vari – rispetto a persone che non hanno restrizioni. “Probabilmente”, conclude la Woolley, “la maggior parte delle persone non sono consapevoli che questo è un problema che ha delle implicazioni sulla capacità di connettersi agli altri attraverso il mangiare”.