Con la “10 years challenge” in rete dilaga il narcisismo e i colossi del web ringraziano

Sarà colpa dei cosiddetti “neuroni specchio” o della nostra spasmodica volontà di inseguire le mode, sta di fatto che l’ultima sfida del web intitolata “10 years challenge” (con hashtag #10yearschallenge) sembra aver conquistato tutti, dai “very normal people”, ai vip. Attrici, pop star, web star e calciatori, nessuno si tira indietro. Dall’album di foto della Ferragni del 2009, dallo scatto della presentatrice Diletta Leotta, alle foto di Jennifer Lopez e di Madonna, il “gioco” di postare sul web vecchie foto di come si era 10 anni fa e di come si è adesso è diventato un vero e proprio tormentone.

Colpa del nostro narcisismo

Ce lo ricorda, ad esempio, Patricia Wallace, insegnante della Graduate School del Maryland University College che si occupa di psicologia delle relazioni e dell’apprendimento. Nei social media, ogni persona si muove in uno scenario in cui è il personaggio principale di una realtà che assume una dimensione “distorta”. Si assolvono i propri comportamenti e si è convinti che il pubblico della rete “penda dalle nostre labbra”, con il rischio che il narcisismo diventi una vera e propria epidemia. Molti studiosi del web ne sono già convinti.

Le sfide mortali

E se alcune sfide on-line possono sembrare innocue, come la “Ice bucket challenge” in favore dei malati di Sla (che, per la verità, ha raccolto pochi fondi e molta visibilità per gli autori dei video) altre, al contrario, possono diventare molto pericolose, come nel caso della “Blue Whale challenge” oppure del “Daredevil selfie”. Nel primo caso si è parlato molto nei mesi scorsi come di un fenomeno a volte ingigantito. La verità è che il “gioco del suicidio” (E’ pura follia: prevede 50 sfide personali che vanno dall’autolesionismo, per poi finire con il gesto più estremo), così come è stato chiamato, esiste eccome e ha coinvolto adolescenti in varie parti del mondo, Italia compresa. Per fortuna, nella maggior parte dei casi, si è riusciti a intervenire grazie alle denunce delle famiglie e all’aiuto delle forze dell’ordine. Come nel caso di una tredicenne di Bari che si è procurata varie ferite sulle braccia e che è stata salvata prima che arrivasse alla fine della “sfida”. Mentre il “DareDevil selfie” (che prende il nome dall’eroe dei fumetti Marvel) ha causato diverse vittime in giro per il mondo tra coloro che, pur di pubblicare sui social una scatto “originale”, sono caduti dalle impalcature di cantieri o sono finiti sotto un treno.

La “Bird Box challenge

E’ l’ultima pericolosissima sfida che si è diffusa sul web, ispirata all’omonimo film Netflix con l’attrice Sandra Bullock. Consiste, come accade nel film, nel camminare bendati (mentre un amico filma la scena). Si registrano già feriti e anche incidenti stradali. La stessa azienda produttrice del film ha lanciato un appello ai fan di smettere di emulare le scene dell’horror e anche Youtube (dove vengono caricati i video con le sfide) ha annunciato di voler bloccare il proliferare di questa nuova pericolosa moda nata sui social.

Siamo tutti schedati

Per fortuna, la “10 years challenge” è assolutamente innocua dal punto di vista del rischio personale, ma anche questa sfida ha al suo interno qualche controindicazione. E non è solo riferita ad eventuali commenti “poco carini” che potrebbero arrivare in rete sul nostro indice di invecchiamento rispetto a dieci anni fa. In ballo, infatti, ci sono le migliaia di informazioni che stiamo consegnando ingenuamente e gratuitamente ai colossi del web e che permetteranno di perfezionare il riconoscimento dei nostri volti da parte degli algoritmi dei social network. I programmi di “face recognition” saranno presto in grado di schedarci anche come consumatori o per questioni di sicurezza. Il problema è stato sollevato prima dalla scrittrice Kate O’Neill su twitter e poi ripreso da Wired Usa. Sindrome da complotto? Forse, ma nel frattempo pensiamoci due volte prima di affidare al web tutti i nostri dati e i nostri ricordi più cari.

Giuseppe Lanese
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Giornalista professionista, comunicatore e formatore. Collabora con Tiscali News ed è Responsabile Cultura dell'agenzia di stampa Primapress. Responsabile comunicazione dell'Ufficio Scolastico del Molise. Fa parte della rete dei Referenti del MIUR per le attività del Piano Nazionale Scuola Digitale ed è Componente del Cantiere nazionale Scuola Digitale di ForumPA. Collabora, come Cultore della materia, con l’Università Telematica Pegaso per il corso di “Comunicazione digitale e social media” ed è Cultore della materia per il corso di "Educazione degli Adulti" presso l'Università LUMSA di Roma. Dal 2016 è Consigliere del direttivo nazionale di AICA con delega ai rapporti con i media. E' autore di “Non è mai troppo tardi – Abc della scuola buona che comunica” (Magi Edizioni) 2016.

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