Seguire l’evolversi del contagio da Coronavirus è sempre più complesso: sembra di avere a che fare con un bollettino di guerra. E tra interventi del governo poco chiari, che prevedono prima chiusure parziali, poi totali, annullamenti di eventi culturali e sportivi e poi la riapertura centellinata di mostre, musei e chiese in funzione dell’evolversi del contagio, il virus sembra dotato di una propria logica di diffusione che si sta facendo beffa delle indicazioni prudenziali, tardive peraltro, che limitano i contatti fisici, prevedono un periodo di quarantena e travolgono non solo i rapporti interpersonali, ma anche la stessa economia che ora attende sostegno e aiuti per non soccombere.
Chiusura di scuole e università in tutta Italia
E’ di ieri intanto la notizia annunciata dal ministro Azzolina l’altra sera ospite della trasmissione Porta a Porta e confermata poi ieri pomeriggio, dell’entrata in vigore di un nuovo DPCM che stabilisce la chiusura delle scuole in tutta Italia. La notizia è stata comunicata dopo diverse ore di attesa nella conferenza stampa di ieri pomeriggio, presente il premier Conte e il ministro dell’istruzione Azzolina.
“Da domani è sospesa l’attività didattica nelle scuole di tutto il Paese fino al 15 marzo”; una decisione decisamente d’impatto, ha affermato il ministro Azzolina che ha poi aggiunto: “So che è una decisione forte e spero comunque di toglierla al più presto”.
In effetti la scuole dovevano restare chiuse fino all’8 marzo per ragioni prudenziali in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ma il governo ha cambiato idea e ha optato per la chiusura totale.
I commenti sui social
Come prevedibile, la notizia, peraltro attesa, sui social ha scatenato molte critiche e non sono mancati commenti al vetriolo: una “decisione che non serve a niente”, i nostri politici considerati come “esseri incapaci da non rendersi conto della loro inadeguatezza” oppure “le scuole chiuse sono una scusa per dire che stanno facendo qualcosa” fino ad arrivare ad un durissimo “se stiamo così è colpa loro”.
Il clima esacerbato e stanco, che si respira nella popolazione leggendo i social, è la logica conseguenza proprio di quel comportamento ondivago che ha portato a scelte e decisioni altalenanti del governo fin dai primi momenti di quella che non era ancora un’emergenza, almeno in Italia, ma che lo sarebbe diventata in pochissime ore.
Le posizioni ambigue del governo italiano
Come più volte evidenziato anche dalla stampa, che non è esente da colpe per un’informazione morbosa, attenta non tanto alle informazioni scientifiche corrette quanto ai risvolti politici, alle chiacchiere da salotto e ai battibecchi fra l’una e l’altra fazione politica oltre che ai numeri del contagio, gli interventi del governo sono stati mal predisposti e persino contraddittori, passando da iniziali espressioni paradossalmente tranquillizzanti, quasi vivessimo nel Paese dei balocchi, a posizioni successive di pseudo-rigore con la chiusura degli aeroporti e degli scali dalla Cina – commettendo ancora una volta un errore di valutazione organizzativa incredibile perché, in realtà, con la triangolazione dei voli è stato di fatto favorita la diffusione del virus anche in altri Paesi non solo europei.
E, d’altronde, se l’Italia è il terzo Paese per contagi registrati al mondo vuol dire che o le misure da prendere non c’erano o non sono state sufficienti .
I quattro errori del governo
Dunque errori a valanga, come ha ricordato nella trasmissione di Nicola Porro “Quarta repubblica” Daniele Capezzone rivolgendosi al viceministro Pierpaolo Silieri presente al dibattito.
I quattro errori sono stati anzitutto il comportamento in tema di voli: “avete sottovalutato l’effetto della triangolazione – ha detto Capezzone – mentre Conte ancora adesso nelle interviste dice che siete stati bravi a farlo”; il secondo errore è stato l’aver rivolto critiche agli operatori sanitari: “avete provato, con grande vergogna, a buttare la critica sugli ospedali di Lodi e Codogno dove medici e infermieri, mentre noi stiamo qui a parlare, stanno facendo un lavoro incredibile”; il terzo errore secondo Capezzone: “avete provato a gettare le colpe sull’opposizione quando vi chiedeva rigore e blocchi alle frontiere accusandoli di razzismo e definendoli sciacalli”. Quarta e ultima colpa, la palese incapacità di comunicare. “La comunicazione è fondamentale – ha detto Capezzone – e sapete che esistono librerie immense sulla crisis communication, eppure abbiamo visto il premier saltare da una tv all’altra e poi venire a dire che si è creata paura e angoscia. Quella è stata creata da voi e dalla vostra incapacità di organizzare e di comunicare”.
L’Italia nella black list
“Non chiudiamo noi le frontiere? Poco male, ci pensano gli altri a farlo”. Così Alessandro Meluzzi intervenendo in televisione ha evidenziato come la scelta della chiusura delle frontiere sia un fatto del tutto normale che fa parte anche della storia dei popoli oltre che una procedura normale per gli altri Paesi.
Ed ha aggiunto: “Se penso che la Tunisia ha chiuso i voli e gli accessi con l’Italia, resto atterrito. Qui non è più questione di chiusura con Mauritius, Austria, Francia, Svizzera, Polonia, Romania, Israele, ma il fatto è che ancora una volta diventeremo il lazzaretto aperto verso l’Africa e chiuso verso l’Europa”. “Volete capire – ha concluso Meluzzi – che dobbiamo fermare un virus e che il razzismo qui non c’entra niente? Se no siamo al delirio totale!”
E a proposito di chiusura, persino la piccola e lontana Islanda ha inserito l’Italia nella black list perché anche qui risultano 14 casi di contagio da Coronavirus iniziati con alcuni turisti, fra cui un ottantenne, rientrati da una vacanza a Verona e da zone italiane non a rischio.
Un quadro che sta facendosi fortemente preoccupante soprattutto per coloro che operano nel turismo, ma non solo, perché è sempre più complesso continuare e mantenere rapporti e scambi commerciali con altri Paesi e persino con la Cina, dove pure è notizia di questi giorni, che l’accesso degli italiani è stato vincolato ad un periodo di quarantena perché alcuni soggetti guariti sono rientrati in Cina dall’Italia risultando di nuovo positivi al virus.
Ampliamento della zona rossa al bergamasco?
Dalle notizie di cronaca degli ultimi giorni, risulta un’altra emergenza che rischia di fare ampliare la zona dei Comuni che rientrano nel cluster della zona rossa; visto il numero elevato di contagi fatti registrare nel bergamasco il governo sta valutando se ampliare la zona rossa includendo sia Lodi, che dal pomeriggio del 27 febbraio ha fatto registrare un elevato numero di contagi con 51 pazienti gravi e 17 portati in terapia intensiva in un solo giorno, sia il bergamasco che pure ha avuto un’escalation improvvisa di contagi.
L’esempio svizzero e il principio di precauzione.
La leggerezza parossistica uguale e contraria all’ansia e altrettanto pericolosa sul fronte del contagio, dimostrata dal sindaco di Milano che si faceva immortalare a cena con i cinesi di Milano, fa da contraltare a ben altra azione messa in atto in Svizzera.
All’indomani dell’entrata in vigore del DPCM per la chiusura delle scuole e delle università italiane, da alcuni giorni in Svizzera si procedeva per il bene di tutti a prendere ben altre decisioni
Il rettore dell’USI, l’Università della Svizzera Italiana Erez Boas, con una mail comunicava che “l’USI richiede a tutti i membri della comunità accademica, compresi gli studenti, di ritorno dalla Cina di studiare/lavorare da casa per un periodo di 14 giorni. Il conteggio inizia dal giorno in cui si arriva in Svizzera. Se si sviluppano i sintomi di un’infezione respiratoria (febbre, tosse, fiato corto), restare a casa e contattare immediatamente, prima per telefono, un medico o un istituto sanitario”.
Nessuno in Svizzera si è sognato di lanciare accuse di razzismo o di violazione dei diritti umani, anche perché davanti alla salvaguardia della salute pubblica, bene primario per qualsiasi persona al mondo, ogni azione che aiuti il contenimento del contagio non solo ha una ragion d’essere, ma una sua funzionalità.
Il principio di precauzione è fondamentale infatti in situazioni come questa, che secondo le valutazione dell’OMS si sta avviando a diventare una pandemia, anche se mancano ancora alcuni elementi perché il contagio sia davvero pandemico. Se si riflette sul fatto che tutti i virologi e i massimi esponenti del settore medico e della ricerca scientifica hanno chiarito che questa prassi è per ora l’unica possibile, non per vincere, ma per fermare almeno il virus e non creare i presupposti di una crisi generalizzata dell’intero comparto medico e assistenziale, si comprende quanto queste decisioni siano importanti se non determinanti.
Gli stessi ricercatori cinesi hanno evidenziato come il modello adottato in quel Paese, pur con tutte le colpe e i ritardi attribuibili al governo, sia stato però l’unico a reggere all’ondata di contagio e a contrastare la diffusione del virus.