In questa Fase 2 si inizia a tirare le somme delle conseguenze che il lockdown ha avuto sui vari settori dell’economia. E’ quanto ha cercato di “misurare” lo studio del Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia del CREA – il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, attraverso il suo studio “Valutazione dell’impatto sul settore agroalimentare delle misure di contenimento COVID-19“.
Partiamo delle indicazioni per le politiche future, che sono inserite a conclusione dello studio, in quanto rappresentano dei suggerimenti pragmatici e realizzabili per salvaguardare una parte rilevante dell’economia nazionale.
Innanzitutto, garantire la manodopera: un argomento che ha molto acceso il dibattito politico italiano e che ha rischiato, come visto, di innestare una crisi nella crisi. Quindi è necessario facilitare l’accesso delle imprese alla forza lavoro, di immigrati ma anche di italiani, eventualmente provenienti da altri settori. Ovviamente garantendo le condizioni di sicurezza sul lavoro.
A questo si collega il tema della liquidità per le imprese semplificando l’accesso al credito, prevedendo sussidi salariali, sospendendo il pagamento delle imposte.
Di pari passo, evitare la speculazione che potrebbe comportare aumenti ingiustificati dei prezzi, a danno dei consumatori.
Quanto sopra, per garantire l’accesso al cibo alla fascia della popolazione più sensibile e vulnerabile.
Un’ulteriore indicazione riguarda il riconoscimento del carattere “essenziale” di alcuni attori della filiera quali fornitori di packaging o di mangimi che, se impossibilitati a lavorare, potrebbero bloccare la catena produttiva.
Altro importante argomento è quello della sicurezza alimentare, che va garantita rafforzando la tracciabilità ed i controlli, anche alle frontiere.
Sempre rispetto ai rapporti commerciali con altri paesi, è essenziale vigilare su eventuali barriere sanitarie o fitosanitarie ingiustificate, in tal senso collaborando anche con i privati per far emergere eventuali problematiche.
Infine, ma non meno importante degli altri punti, facilitare il trasporto dei prodotti deperibili quali latte fresco ed ortofrutta.
E’ insomma importante agire per preservare il settore agroalimentare, che, seppur meno impattato rispetto ad altri costretti all’immobilismo totale, risente comunque delle conseguenze delle misure di contenimento del virus, specie nel comparto zootecnico.
Secondo lo studio, la domanda interna dovrebbe mantenersi stabile dopo aver vissuto un balzo in avanti durante le prime settimane della pandemia, quando c’è stata una corsa all’accaparramento di scorte, mentre la tendenza è poi andata normalizzandosi su valori standard di richiesta dei generi di prima necessità.
Diverso è il discorso della domanda legata al mondo HoReCa che, essendo stato completamente chiuso, non ha potuto espletare la sua funzione di traino del settore agroalimentare. In questo senso, il calo del valore aggiunto dell’HoReCa è maggiore rispetto alla variazione del PIL.
Quello che emerge però è che, anche in presenza della variabile lockdown, la sicurezza alimentare, anche grazie al livello di scorte mondiali, non dovrebbe essere in pericolo, né dovrebbero esserci rischi di una riduzione importante della produzione.
Due gli scenari futuri che vengono ipotizzati.
Uno prevede una riduzione del reddito agricolo e zootecnico, anche se l’Italia, rispetto ad altri paesi europei, potrebbe soffrire di meno grazie al settore ortofrutticolo, che ha un peso preponderante e all’ampia diffusione delle filiere agroalimentari, anche a carattere locale, su tutto il territorio.
L’altro scenario, prevede un calo fino al 2023 nei consumi di mele, latte, carni, formaggi, cereali e derivati rispetto alle stime fatte prima dell’epidemia ed, in generale, una diminuzione sia delle esportazioni che delle importazioni. In merito a queste ultime, potremmo soffrire soprattutto nel campo dell’importazione di carne di pollo e di maiale. Piuttosto stabile dovrebbero restare invece gli acquisti all’estero di cereali e formaggi.
Per quanto riguarda l’export, migliorerebbe solo quelle delle mele.
Si presume che ci sarà anche una flessione dei prezzi di carne di pollo, formaggi e grano duro con i suoi derivati, anche se si tratterebbe di una diminuzione rispetto alle stime di crescita. Lo studio è stato condotto utilizzando due modelli econometrici di cui in particolare uno, l’AGMEMOD, è lo stesso utilizzato dalla Commissione Europea e quindi consente di avere risultati comparabili con quelli degli uffici di analisi della Commissione e con quelli di altri Stati membri UE.