La Corte costituzionale con sentenza n.188/2018 ha dichiarato illegittimo il contributo consortile, e con esso la Legge Regionale che lo disciplina e regola, richiamando la garanzia del principio di proporzionalità e regolarità contributiva.
Tale principio stabilisce l’obbligo contributivo in funzione del solo esclusivo beneficio apportato. In base alla citata sentenza, il contributo consortile è dovuto SOLO se al fondo è apportato un BENEFICIO diretto e specifico (e quindi il tributo non è più dovuto – come in passato – indipendentemente dal beneficio). Diversamente sino ad oggi, e lo riconosce la Suprema Corte, si è assistito ad un abuso e violazione dell’art.119 Cost. nonché’ alla violazione dell’art.59 del Regio Decreto 215 del 13.02.1933.
La sentenza rivoluziona il concetto in sé di contributo di bonifica. Questo per anni, decenni, è stato considerato un’imposta in piena regola: una tassa iniqua, ingiustificata ed incomprensibile. È bene qui chiarire la differenza tra contributo (dovuto a fronte di un’attività e beneficio apportati) e tassa (obbligatoria senza una controprestazione o un arricchimento/accrescimento diretto; senza, ancora, un’attività concreta e tangibile posta a beneficio dell’azienda consorziata tenuta al pagamento).
La sentenza recepisce un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (si veda sentenza Cass. n. 11801/2013) secondo cui appare scontata la non obbligatorietà del tributo (contributo) ogniqualvolta sia provata e documentata l’assenza di qualsiasi utile, beneficio diretto o incremento all’ area/ fondo/ terreno dell’azienda consorziata.
La sentenza n.188/2018 resa dalla Corte Costituzionale, dichiarando l’illegittimità dell’art. 23 comma I lett.a) della Legge regionale Calabria n.11/2003, rende ufficiale il citato principio di diritto della differenza tra tassa e contributo.
Tale principio è, a nostro avviso, applicabile e mutuabile alle altre Leggi regionali che prevedano un contributo similare.
Alla luce dell’importante pronuncia della Consulta che mette mano ad una norma di 100 anni fa, le aziende che per anni hanno sostenuto il contributo impostogli senza benefici dovrebbero valutare l’opportunità di avvalersi del loro pieno diritto a conseguire il giusto ed equo indennizzo.
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