La spettacolarizzazione televisiva del crimine contro le donne ha acceso le luci della grande informazione sul femminicidio. Il fenomeno è tristemente noto da sempre ed ha rilevanza tale dal consigliare un approccio complesso che non deve mai fermarsi alla mera cronaca. E’ evidente infatti come tutte le peculiarità che oggi caratterizzano l’atteggiamento della società nei confronti delle donne induce ad andare ben oltre il fenomeno criminologico.
Si parla di quote rosa e pari opportunità, eppure oggi tali “conquiste” appaiono scontate per le nuove generazioni, ma girando lo sguardo solo a qualche anno addietro, sono evidenti le lotte epocali che il mondo femminile ha dovuto affrontare per poter arrivare dove oggi sono. Una riflessione attenta consente di dimostrare quanto i grandi cambiamenti siano concentrati negli ultimi 50 anni. Dal 1968 ad oggi , la donna nei Paesi Occidentali ha saputo colmare gap sociali vecchi di millenni. Da mera compagna del capofamiglia , a chiave di lettura strategica di una società in evoluzione: oggi la donna è espressione di una società sempre più orientata verso una consacrazione definitiva del ruolo femminile.
Le donne oggi prendono assumono ruoli sempre più importanti in politica, nella letteratura, nella scienza, nella medicina e nella tv. E proprio in chiave comunicazione, abbiamo forse il vero strumento di emancipazione moderna. Diventata quasi addirittura ibrida se pensiamo al passaggio dall’etere al web, è comunque uno strumento di contrasto agli stereotipi di genere trovando il loro principale luogo di trasmissione e consolidamento. Popper sosteneva “tv cattiva maestra” e ciò che è stata la grande macchina di amplificazione dell’emancipazione femminile, diviene oggi il suo più grande limite. In televisione prevale ancora l’immagine della donna oggetto, un trionfo di bikini e sorrisi ammiccanti: che sia ballerina in una trasmissione o testimonial anonimo e muto di un prodotto, in televisione le capita spesso di fare da contorno. E paradossalmente sono anche ciò che accettano di essere.
La donna è vittima di un sistema che impone immagini stereotipate e che richiede soprattutto immagine rifiutando ogni altra istanza. È tutto un pullulare di immagini femminili che hanno come unico scopo la vendita di un prodotto con un denominatore comune: la tendenza a preservare solo una piccolissima parte del variegato e affascinante mondo femminile (anch’essa distorta da un’immagine che quasi mai corrisponde alla realtà). I mass media propongono degli stereotipi di donna che non aiutano le nuove generazioni: si pensa al solo apparire e non all’essere, cosa che non accade certo per il mondo maschile.
La riprova di tutto ciò è l’omologazione. Tutti i personaggi femminili di successo seguono uno stereotipo. Se l’elemento distintivo diventa essere poco svestite, alla fine si diventa tutte uguali, si annulla l’individualità di ognuna. Perché sminuirsi? Perché perdere la propria identità? Perché ridurre la donna ad un corpo senza cervello? Perché non usare la testa? Perché omologarsi a stereotipi inculcati dagli uomini? L’appartenenza al genere “nudi” non paga e bisognerebbe avere più rispetto per il corpo femminile e non ridurre tutto alla sola mercificazione delle forme. Se la tv è cattiva maestra lo stesso deve dirsi per il web e la pubblicità. Non son le donne che perdono in questo gioco al massacro. E’ la società tout court che svaluta un grande patrimonio umano. Se in termini mediatici donna è ancora soubrettismo e dolci forme è evidente la necessità di un nuovo approccio al mondo femminile che possa rilanciare le reali pari opportunità. Oggi la società non è donna e molte donne stanno a guardare.
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