Con il decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 94 dell’ 8 aprile 2020, entrato in vigore il 9 aprile 2020 (c.d. “Decreto Liquidità“), il Governo ha messo in campo una serie di misure emergenziali, di natura temporanea, dirette a sostenerne la liquidità delle imprese ed a garantire la continuità aziendale in questa delicata fase economica provocata dalla crisi epidemiologica Covid-19.
Tra le misure finalizzate a garantire la continuità aziendale ve ne sono alcune che impattano, seppur temporaneamente, su alcuni principi elaborati dal nostro codice civile in materia di “gestione” societaria.
Scorrendo le varie disposizioni contenute nel Decreto Liquidità, ci si imbatterà negli artt. 6, 7 e 8, contenenti previsioni relative alla gestione delle perdite incidenti sul capitale sociale, alla redazione del bilancio ed al finanziamento soci ed infragruppo che – come il lettore avrà modo di constatare – tendono a contestualizzarsi con l’attuale situazione emergenziale che sta vivendo il nostro sistema produttivo.
Approfondendo l’analisi delle citate misure, si noterà come l’Art. 6 (Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale), preveda, espressamente, la disapplicazione temporanea (sino alla data del 31/12/2020) delle norme del nostro codice civile in materia di riduzione del capitale sociale in presenza di perdite. Tale intervento spiega la propria efficacia nel contesto delle società a responsabilità limitata, delle società per azioni ed, infine, delle società cooperative.
Le norme codicistiche interessate sono, innanzitutto, gli artt. 2446, commi secondo e terzo, (per le s.p.a.) e 2482 bis commi quarto, quinto e sesto, (per le s.r.l.) del codice civile che contemplano una specifica disciplina in caso di perdite, subite dalla società, che abbiano determinato una riduzione del capitale sociale di oltre un terzo.
Prevedendo che, al verificarsi della citata fattispecie (i.e. presenza di perdite che riducono il capitale sociale di oltre un terzo), l’assemblea, convocata senza indugio dagli amministratori (o dal consiglio di gestione, nel solo caso delle s.p.a.), possa rinviare ogni decisione in merito alla perdita subita all’esercizio successivo. Qualora nell’esercizio successivo la perdita non subisca una riduzione a meno di un terzo del capitale sociale, l’assemblea ordinaria, convocata per l’approvazione del bilancio, sarà tenuta a deliberare la riduzione del capitale in proporzione alla perdita accertata od, in alternativa, adottare idonei provvedimenti come il ripianamento della perdita attraverso apporti di capitale o, piuttosto, la trasformazione della società.
L’eventuale inerzia dell’organo assembleare imporrà agli amministratori e/o sindaci di richiedere l’intervento del Tribunale affinché venga disposta la riduzione del capitale sociale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio di esercizio.
Vi sono poi gli artt. 2447 (per le s.p.a.) e l’art. 2482 ter (per le s.r.l.) del codice civile che regolamentano, invece, l’ipotesi in cui le perdite subite dalla società nella misura di oltre un terzo del capitale sociale ne abbiano provocato una riduzione al di sotto del minimo legale.
In tal caso, sussiste un cogente obbligo, a carico degli amministratori (o dal consiglio di gestione, nel solo caso delle s.p.a.), di convocazione, senza indugio, dell’assemblea ai fini dell’adozione di una delibera di riduzione del capitale sociale e contemporaneo aumento sino ad un importo non inferiore al minino di legge od, in alternativa, la trasformazione della società.
In ultimo, gli artt. 2484, comma primo, n. 4 (in tema di s.p.a. e s.r.l.) e 2585 duodecies (in tema di società cooperative) del codice civile disciplinano le conseguenze della perdita totale, od al di sotto del minino legale, del capitale sociale, prevedendo che, in tal caso, fatto salvo quanto previsto dagli art. 2447 e 2482 ter cod. civ., si verifichi una causa di scioglimento della società che ne determina la messa in liquidazione.
Dopo aver ricostruito, seppur per grandi linee, il perimetro dell’intervento, ci si dedica all’approfondimento delle peculiarità della misura introdotta dal Decreto liquidità.
La disposizione prevede, espressamente, che, a decorrere dalla data del 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del Decreto Liquidità) e sino alla data del 31 dicembre 2020:
A) per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la data del 31 dicembre 2020, non trovano applicazione gli obblighi di riduzione e/o aumento del capitale sociale previsti dal codice civile (artt. 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482 ter del codice civile) in caso di riduzione del capitale per perdite in misura superiore al terzo e/o al di sotto del limite minimo previsto dalla legge;
B) per lo stesso periodo (entro la data del 31 dicembre 2020), non operano le cause di scioglimento, di cui agli art. 2484, comma primo, n. 4 e 2585 duodecies, c.c., e, dunque, non deve essere deliberata la messa in liquidazione delle società.
L’operata disapplicazione temporanea delle norme citate influirà, verosimilmente, sulla posizione degli amministratori che, in presenza di perdita del capitale sociale, riconducibile verosimilmente agli effetti di COVID-19, concretizzatasi nell’esercizio chiuso al 31/12/2020, non saranno tenuti – al fine di non incorrere in responsabilità derivanti dall’art. 2486 del codice civile – a dare immediato adempimento alle richiamate prescrizioni imposte dal codice civile (soprattutto in tema di scioglimento e messa in liquidazione della società), con il risultato di mantenere una prospettiva di continuità aziendale in quelle la società che, in condizioni di normalità, sarebbero in grado di fornire adeguate performance.
La portata del Decreto Liquidità coinvolge inoltre, attraverso la previsione contenuta nell’Art. 7 (Disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio), alcuni profili attinenti le modalità di redazione del bilancio di esercizio sociale.
La norma riconosce, infatti, la possibilità – in sede di redazione del bilancio di esercizio in corso o con riferimento a quelli già chiusi alla data del 23 febbraio 2020, ma che non sono stati oggetto di approvazione da parte dell’assemblea – di eseguire una valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell’attività secondo quanto previsto dall’art. 2423 bis, comma primo, n. 1 del codice civile, a condizione che (i) la continuità aziendale risulti sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020 e (ii) gli amministratori forniscano, in sede di nota integrativa, una specifica illustrazione del criterio di valutazione adottato, richiamando anche le risultanze del bilancio precedente.
L’utilità di una simile disposizione è rinvenibile, principalmente, nella creazione delle condizioni per facilitare ed accelerare l’approvazione del bilancio di esercizio. La scelta sembrerebbe quella di esonerare gli amministratori dalla redazione di un bilancio sulla base di criteri di natura liquidatoria qualora, per motivi connessi alla diffusione di COVID-19, non risulterebbe possibile accertare la continuità aziendale facendo ricorso ai principi contabili normalmente applicabili. Nel contempo, si mira a garantire la massima trasparenza, in favore degli stakeholder, nella rappresentazione dei fattori di criticità e di rischio per l’impresa che potrebbero incidere, negativamente, sulla continuazione dell’attività aziendale.
L’ultima disposizione oggetto del presente approfondimento è l’Art. 8 (Disposizioni temporanee in materia di finanziamenti alle società), che attenziona gli artt. 2467 e 2497 quinquies del codice civile, disapplicandoli in relazione a finanziamenti effettuati sino alla data del 31 dicembre 2020.
Le norme codicistiche in questione si occupano, segnatamente, di regolamentare il principio di postergazione dei finanziamenti soci e dei finanziamenti infragruppo rispetto al trattamento spettante agli altri creditori della società.
Per meglio focalizzare la portata di tale intervento si chiarisce come il vigente art. 2467 del codice civile, disciplinando la fattispecie del finanziamento dei soci nella s.r.l., preveda la postergazione del rimborso del finanziamento effettuato dal socio rispetto agli altri creditori, qualora, al momento della sua esecuzione, la società versi in una situazione eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto ovvero in una situazione finanziaria in relazione alla quale sarebbe stato ragionevole un conferimento anziché un finanziamento.
L’art. 2497 quinques del codice civile, in materia di direzione e coordinamento di società, applica la medesima disciplina di cui al menzionato art. 2467 del codice civile ai finanziamenti effettuati in favore della società da parte di chi esercita direzione e coordinamento o da altri soggetti ad essa sottoposti.
II fine precipuo dell’intervento operato dal Decreto Liquidità è quello di incentivare – in questo periodo profonda crisi di liquidità per l’imprese – gli apporti finanziari da parte dei soci (art. 2467 c.c.) o della capogruppo (art. 2497 quinques c.c.), garantendo la temporanea neutralizzazione del principio di postergazione nel rimborso dei finanziamenti effettuati.
In conclusione, non si può ci si può esimere dall’esplicitare come tutte queste misure in materia di continuità aziendale introdotte da D.L. Liquidità, per non rimanere nell’ambito dei meri propositi, necessitino di un tempestivo, quanto mai efficace, intervento da parte dello Stato affinché vengano create le necessarie condizioni per consentire un’adeguata ed efficace ripartenza del nostro sistema produttivo.