Nella letteratura gialla, nelle fiction e negli articoli di cronaca nera se ne parla tanto. Spesso si leggono queste tre letterine in relazione a indagini criminali. Perchè? Diamo uno sguardo insieme al DNA per comprendere la sua vitale importanza.
DNA, sigla dell’acido desossiribonucleico, è la molecola che trasmette l’informazione genetica da un organismo all’altro. Principale costituente dei cromosomi, si trova all’interno del nucleo di tutte le cellule viventi. Individuata già a fine Ottocento, ma allora nessuno ne conosceva la funzione. E’ il 1953 l’anno che ha segnato la nascita della genetica moderna, con la scoperta della struttura a doppia elica del DNA e il suo meccanismo d’azione.
Il merito viene attribuito al biologo statunitense James Watson e al fisico inglese Francis Crick che lavoravano insieme e, nel 1962, vinsero per questa clamorosa rivoluzione scientifica il premio Nobel. Non bisogna però dimenticare la parte fondamentale, per studi e ricerca in merito, avuta dalla biofisica britannica Rosalind Franklyn, illustre scienziata non riconosciuta sinché era in vita (probabilmente in quanto donna), ma oggi ben nota e acclamata da tutti gli esperti del settore.
Ci vollero poi ancora molti anni per interpretare il codice individuale. Sì, perchè il DNA è la sede del patrimonio genetico di ogni essere vivente. Unico.
Spiega il professor Francesco Acquati, classe 1963, genetista e ricercatore, docente di genetica all’Università dell’Insubria:” Non esistono due persone con la stessa sequenza genetica (a parte nei casi di gemelli identici): il profilo genetico appartiene assolutamente e solo a una determinata persona. La scienza quindi può determinare con fondata certezza che quella traccia biologica è di Tizia o di Caio”.
In pratica: se sulla scena del delitto vengono rinvenuti mozziconi di sigarette nel portacenere, macchie di sangue sul tappeto, tracce di saliva in un bicchiere e un paio di capelli sul divano, da qualche anno (anche se i residui organici sono in quantità irrisoria) si amplificano in vitro con la tecnica PCR , per creare il profilo genetico cui appartengono. Se un profilo corrisponde a quello di un indagato, significa senza dubbio che colui o colei era presente nel luogo del crimine.
“Ben diverso – precisa Acquati – dal gruppo sanguigno: a ogni gruppo corrispondono infatti migliaia di persone”.
Attualmente il DNA, i cui studi sono in continua evoluzione, ha quindi un ruolo primario in ogni indagine criminale.
Continua Acquati: “Certo, la genetica forense dà un risultato inoppugnabile nei casi giudiziari: consegna alla giustizia le prove inconfutabili circa l’identità della persona presente sulla scena del delitto (che molto spesso corrisponde al colpevole) ma il suo lavoro finisce qui. Poi subentra la giurisprudenza: avvocati della difesa che si appigliano a questo e a quell’altro, vari accertamenti, cavilli e controcavilli”.
E allora cosa succede, viene da chiedergli.
Conclude il professore di biotecnologie e scienze biologiche: “A quel punto, può accadere di tutto! La Polizia scientifica prosegue le indagini se le prove non sono ritenute sufficienti, dopodichè tutto passa alla giuria dei tribunali”.
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