Negli ultimi venticinque anni di eroina in Italia non si è praticamente più parlato. Accantonate negli anni ‘90 le immagini di tossici e siringhe ai margini delle strade, sono sparite le pubblicità progresso, le campagne di informazione nelle scuole e la sostanza è diventata nell’immaginario comune uno sbiadito ricordo.
È “tornata” l’eroina?
Per gli esperti è in realtà improprio parlare di un vero “ritorno” dell’eroina. Riccardo Gatti, psichiatra e psicoterapeuta, direttore del Dipartimento Interaziendale Prestazioni erogate nell’Area Dipendenze dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano, infatti, ritiene che questa semplicemente «non se ne sia mai andata. Si tende sempre a parlare dell’emergenza: l’eroina negli anni Settanta, le nuove droghe e la cocaina, più di recente il gioco d’azzardo.
In realtà l’emergenza non elimina i problemi che esistono. Per l’eroina ci sono migliaia di persone in cura in tutta Italia e sono la maggior parte. Non solo non se n’è andata, ma è rimasta una specie di pandemia sommersa».
Secondo l’Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs (IPSAD), uno studio del CNR sull’uso di alcol e sostanze psicoattive in Italia richiamato nell’ultima Relazione al Parlamento sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze, in Italia circa 700.000 persone (l’1,7% della popolazione tra i 15 e i 64 anni) hanno fatto uso di eroina o altri oppiacei almeno una volta nel corso della vita. Lo 0,6% (quasi 220.000 persone) ha assunto eroina nel 2017.
Le cifre sono inferiori rispetto ad altre sostanze. Nella stessa relazione vengono riportate le stime dell’Istat, secondo le quali nel 2015 il numero di utilizzatori di eroina si attestava sui circa 285mila, contro 1 milione della cocaina e 590 mila di altre sostanze chimiche come ecstasy, LSD o amfetamine.
Ciononostante, gli utilizzatori di eroina sono in prevalenza tra coloro che sono assistiti dai SerD, i Servizi pubblici per le dipendenze patologiche del Sistema Sanitario Nazionale: si tratta di persone che hanno in media 39 anni (ma l’età si abbassa a 32 tra i soggetti trattati per la prima volta durante il 2017) e che nel 62,7% dei casi hanno fatto uso “come sostanza primaria” di eroina. La Relazione spiega anche come “nonostante negli ultimi 15 anni si sia assistito ad una riduzione complessiva del numero dei decessi per overdose”, dal 2016 si nota “un leggero aumento dei decessi droga correlati, soprattutto per eroina”. Se è vero che l’eroina non è mai andata via, è anche vero che la sua presenza si è nel tempo modificata.
Come ha spiegato a Radio3 Salvatore Giancane, medico tossicologo e coordinatore dell’ambulatorio mobile dei SerT (Servizio per le Tossicodipendenze) di Bologna, «l’eroina ha cambiato faccia, ma noi l’abbiamo cercata con il suo vecchio volto e quindi non l’abbiamo vista». Nel suo saggio Eroina. La malattia da oppioidi nell’era digitale, Giancane ha analizzato come la sostanza negli ultimi anni si sia “adattata alle circostanze”, riprendendo a diffondersi con modalità diverse, “penetrando in nuove fasce sociali e, soprattutto, tornando di moda fra i più giovani”.
Una penetrazione che è iniziata già più di dieci anni fa, ma che solo in tempi più recenti si è fatta più evidente. Un articolo dell’Espresso ha mostrato come la presa in carico da parte dei Servizi sanitari locali dei minori che fanno uso di droga negli ultimi 5 anni sia quasi ovunque raddoppiata.
In tutta Italia, secondo i dati elaborati dal Dipartimento per la giustizia minorile del ministero della Giustizia, “i minori e i giovani adulti (dai 18 ai 25 anni) attualmente in carico agli uffici di servizio sociale per i minorenni sono 20.466, di cui oltre 7 mila nuovi arrivi solo nell’ultimo anno. Negli ultimi 12 mesi, quelli collocati nelle comunità dell’area penale – fra cui i minori che hanno commesso reati in materia di stupefacenti – sono stati 1.837, con un aumento di quasi 300 unità rispetto al 2015″.
Sono numeri sottostimati, perché “mancano all’appello tutti i ragazzi che non sono entrati nel circuito dei tribunali e che si sono rivolti direttamente a strutture terapeutiche private. O che sono totalmente sconosciuti ai servizi sociali”. Lo studio ESPAD (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs) del CNR ha rilevato nel 2013 che l’età media in cui i ragazzi provano per la prima volta l’eroina si è abbassata da 15 a 14 anni.
Ci sono diversi fattori dietro questo “ritorno” dell’eroina e della sua diffusione tra i più giovani. Uno di questi, per Giancane, è legato all’aumento della produzione mondiale di oppio dello scorso decennio, con la conseguente “maggiore disponibilità di eroina, a un prezzo inferiore e di migliore qualità”. Dal 1990 al 2014 in Europa il prezzo dei derivati dell’oppio è crollato del 74%. L’eroina in commercio oggi, scrive Angelo Mastrandrea in un reportage su Internazionale dalla piazza di spaccio di Tor Bella Monaca, nella periferia di Roma, “è tagliata molto e male – è mischiata cioè con altre sostanze, a volte pericolose – ma si compra a buon mercato, facendo concorrenza al ribasso alla più temibile rivale degli ultimi anni, e cioè la cocaina”.
Fino a qualche anno fa “per comprare un grammo di eroina si potevano spendere dai 50 ai 60 euro, oggi basta la metà dei soldi. Ma in quartieri come Rogoredo a Milano o Tor Bella Monaca a Roma, una dose inferiore al grammo può costare anche dai due ai cinque euro”.
A questo va aggiunto che sono aumentate le possibilità di reperire la sostanza, grazie alla coincidenza del mercato al dettaglio di altre droghe come la cocaina. Riccardo De Facci, vicepresidente e responsabile dell’area dipendenze del Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza), ha spiegato a Redattore Sociale che i tagli da 5 euro «hanno poca eroina ma contengono diversi oppiacei sintetici. Si tratta cioè di dosi di sostanze oppioidi o simil-oppioidi a prezzi bassissimi in cui, però, la velocità della dipendenza è altissima».
Il mercato, sostanzialmente, «sta costruendo una modalità di dose e di vendita appetibili per le persone più giovani. Per intenderci, si può comprare una dose con la paghetta. Le dosi di eroina e gli oppioidi sintetici, con cui spesso è tagliata, sono pensati per essere venduti a una popolazione giovane e questo è estremamente pericoloso».
Parlare di “droga” e banalizzare l’eroina
Una seconda ragione della nuova diffusione dell’eroina tra i più giovani sta, secondo Giancane, nel cambiamento del loro atteggiamento nei confronti della sostanza, “che viene vista sempre meno come la droga micidiale e pericolosa da cui tenersi sempre e comunque lontani, come accadeva qualche decennio fa”.
In questo mutamento un ruolo l’ha avuto il fatto che negli ultimi anni l’eroina viene perlopiù fumata, invece che iniettata. È il fenomeno dei cosiddetti “stagnolari”: per inalare l’eroina la si mette su un foglio di alluminio, lo si scada con l’accendino e si aspira il fumo che viene emesso con una cannuccia (o un cartoncino arrotolato).
Questa diversa modalità, si legge nel saggio di Giancane, l’ha “liberata dalla sua connotazione più negativa, rappresentata dalla siringa”, e ha “certamente ridotto la resistenza di molte persone nei confronti della sostanza”.
Ma c’è un fattore ancora più pressante che ha contribuito al fatto che l’eroina sia diventata così popolare tra giovani e giovanissimi: la mancanza di informazione – o la presenza di un’informazione fuorviante. Secondo l’indagine ESPAD, in effetti, quasi 41mila studenti (pari all’1,6% di tutti gli studenti 15-19enni) “hanno riferito di aver assunto una o più sostanze senza sapere cosa fossero: per il 58,5% si è trattato di un’esperienza circoscritta a 1-2 volte, mentre il 23,5% ha fatto uso di sostanze di cui ignorava la composizione per oltre 10 volte”.
La mancanza di informazioni ha reso “le nuove generazioni più vulnerabili”, afferma Giancane, mentre il messaggio istituzionale che negli ultimi anni è stato fatto passare è stato teso a mettere sullo stesso piano tutte le sostanze.
L’equiparazione tra droghe leggere e pesanti era il principio di fondo della legge 49 del 21 febbraio 2006, la “Fini-Giovanardi”, poi dichiarata incostituzionale nel 2014. “Le giovani generazioni non hanno conosciuto l’eroina né l’AIDS, né sono state informate sui rischi specifici di questa sostanza, enormemente peggiori di quelli di qualsiasi altra, ma sono stati solo genericamente messi in guardia dalla ‘droga’”, sostiene il medico. Questo messaggio – che lui definisce “devastante” – ha avuto un unico effetto: banalizzare l’eroina e porla sullo stesso piano di altre sostanze.
Inoltre, come ha ricostruito Ludovica Lugli sul Post, da circa 8 anni “non sono più finanziate le lezioni che gli operatori delle aziende sanitarie locali tenevano nelle scuole per parlare delle differenze tra le droghe”. Questo, secondo le associazioni impegnate sul tema, “è un grosso problema; i ragazzi che non sanno quanto sia pericolosa l’eroina sono gli stessi che, secondo le loro osservazioni, usano poco i preservativi per difendersi dalle malattie a trasmissione sessuale e non hanno l’abitudine di fare dei test anche se hanno comportamenti sessuali a rischio.
Oggi nelle scuole è più comune che i ragazzi ricevano informazioni sulla dipendenza da gioco d’azzardo e cyberbullismo”. Manca la prevenzione per i giovani Secondo Riccardo De Facci del CNCA, «probabilmente oggi l’eroina sta rispondendo a un bisogno di autocura, a un’ansia del futuro e del vivere che sono sempre più presenti tra gli adolescenti. Il mercato risponde a una richiesta, alleandosi con essa».
Le risposte repressive che si sono susseguite in questi anni non hanno mai dato i risultati annunciati. Come scrive Mastrandrea su Internazionale, “per ogni piazza di spaccio chiusa ne spunta puntualmente un’altra, i luoghi informali di consumo, come il parco di Tor Bella Monaca, alimentano l’intolleranza dei cittadini che si sentono abbandonati dalle istituzioni e le carceri si riempiono di piccoli spacciatori, contribuendo in maniera decisiva al sovraffollamento”.
I dati dell’associazione Antigone, ad esempio, dicono che un detenuto su quattro è tossicodipendente. Per De Facci sarebbe necessario un approccio integrato: «Un serio contrasto al traffico ci deve essere, ma integrato con gli operatori di riduzione del danno e dei rischi. Cura, prevenzione, riduzione del danno e controllo del traffico non possono più essere pensati da soli.
Andrebbero anche pensati dei tavoli in cui si mettono insieme «operatori sanitari, operatori della sicurezza ed educatori per ragionare su come affrontare questi fenomeni complessi». Per aiutare i giovani consumatori, ha aggiunto De Facci, bisogna implementare «le attività di prossimità e di aggancio, anche nei contesti di spaccio e di consumo, per la riduzione del danno e dei rischi e per accelerare il contatto tra il sistema di intervento e questi giovani consumatori». Ad esempio attraverso operatori in grado di identificare e ascoltare gli adolescenti e i ragazzi a rischio e vulnerabili. Il problema è che questo contatto potrebbe non esserci. Come spiega Giancane nel suo libro, infatti, con le nuove modalità di assunzione e l’abbandono delle siringhe rispetto al passato oggi è più alta la percentuale di eroinomani che riescono a conciliare la dipendenza con lo studio, il lavoro, gli affetti. Anzi, spesso l’eroina viene utilizzata “per studiare” o sopportare lavori svilenti o precari. Il fatto che la sostanza costi meno che in passato fa sì che si riesca a procurarsela senza commettere reati – o comunque non tali da prevedere la carcerazione.
Questo fa sì che i giovani eroinomani siano “spesso incensurati”, evitando “tutte le conseguenze negative del carcere” e, al tempo stesso, “la ricaduta della malattia e la consapevolezza di avere un problema”. “Il giovane eroinomane, quello che fuma – prosegue Giancane – non si considera un tossico secondo l’immagine classica”, identificando “il problema eroina con l’uso della siringa”. Così utilizzatori e SerT rischiano di non incontrarsi mai.
Un altro passo è cambiare il modo in cui si parla di dipendenza da droghe. Secondo il dottor Riccardo Gatti dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano, le persone dovrebbero sapere che «c’è una parte di popolazione che è soggetta al consumo di sostanze e una soggetta a finire in una condizione di dipendenza». Questa condizione dovrebbe essere considerata uscendo dai termini dell’“emergenza”, che non fa che aumentare lo stigma. Per questo motivo, nella prevenzione dell’abuso di droghe andrebbe messo lo stesso impegno profuso nella prevenzione di altre malattie.
Il nostro paese, afferma Gatti, «l’attenzione alla questione droga l’ha dimenticata da tempo. Abbiamo fatto cose importanti negli anni Settanta e Ottanta con i servizi di assistenza diffusi sul territorio e i farmaci antidoti per gli oppiacei acquistabili in farmacia senza ricetta. Poi ci siamo fermati e non abbiamo avuto più attenzione».
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