“Beh ho scattato questo e quello perché mi sembrava una buona idea”. Questa la risposta all’incalzante curiosità professionale di Biba Giacchetti che ha avuto l’arduo compito di estrapolare in un oceano di foto quelle più adatte alla prima mostra mondiale di Elliott Erwin fino al 16 luglio al Palazzo Ducale di Genova.
Palazzo Ducale offre un ricco calendario di mostre ma non è solo questo. In realtà un sottile filo conduttore facilita la conoscenza con i mondi che ci invita ad esplorare. La pluralità degli spazi che agiscono in contemporanea presentando come è ovvio contenuti per target diversi, permettono comunque di entrare in contatto con altre proposte, invitandoci a esplorare mondi apparentemente lontani tra loro. Gli spazi sono tanti e ognuno è ormai vocato ad un settore.
La fotografia con i suoi protagonisti al Munizioniere e al Sottoporticato, in parallelo la storia della pittura scandita dai grandi nomi al piano nobile, la sezione dedicata ai giovani artisti a Sala Dogana. Tutti i temi proposti sono sviscerati a fondo.
In questo momento insieme a Modigliani accolto nei magnifici appartamenti del Doge al piano nobile appunto, in Piazza Matteotti nelle ali laterali del Palazzo, due mostre di fotografia, accanto al mitico Henry Cartier Bresson, Elliot Erwitt altro riferimento fondamentale in questa che è la più recente delle arti, che approccia in modo diversissimo dal suo “vicino”, e ancora, a destra dello scalone d’ingresso dell’allora piazzaforte militare, lo spazio di Sala Dogana riservato alle giovani leve. Un bel poker. Caratteristica comune a tutti peró è il dono di stimolare la curiosità che spinge il visitatore ai confini del noto invitando a travalicarli in continuazione.
Erwitt nasce a Parigi nel 1928, e trascorre la sua infanzia in Italia, che lasciò nel 1939, date le sue origini ebraiche. A proposito delle leggi razziali gli piaceva dire “Grazie a Benito Mussolini sono americano”. Artista eclettico il suo fare va benaldilà della fotografia, che comunque gli vale l’invito a diventare membro della Magum, di cui diventa presidente nel ’68 per ben tre mandati. Ancora oggi si occupa di pubblicità, scrive saggi giornalistici, negli anni settanta è autore di film e documentari, produce drammi teatrali e programmi di satira, e fino ad oggi ha pubblicato trenta titoli.
L’ironia del vivere quotidiano che si riverbera nelle sue immagini, forse nasce proprio da qui e caratterizza il suo livello professionale usando il colore, per sè invece esclusivamente il bianco e nero.
Il suo immaginario è popolato da persone comuni, compagni comunque di vita, vessati dal quotidiano, destino a cui non sfuggono nemmeno le celebrità, i miti di ieri la cui attualità ci stupisce : gli attori di Holliwood, Marilyn ( occorre il cognome?) Clark Gable, James Dean, Sophia Loren ma anche altri miti dell’immaginario collettivo come Fidel Castro o Che Guevara.
I ritratti sono una pietra miliare della sua storia, ma in realtà ama molto anche i paesaggi.
Quanto ora vediamo, insieme ad un numero esorbitante di altre foto si deve alla Magnum, la grande agenzia che per prima decise di difendere il copyright dei fotografi in modo che rimanessero proprietari dei negativi. Grazie a questa oculata e rivoluzionaria scelta le innumerevoli foto scattate per giornali e campagne pubblicitarie e stato possibile, con lavoro da certosino, recuperarle.
Le odierne tecnologie sono acqua di fonte per un assetato e Erwitt le ha usate da grande professionista esaminando più di 500.000 negativi, scegliendo le più significative. “Solo” 500 scatti. Ci ha coinvolto cosi nel suo costante vagabondare, il viaggio del 1964 nel dramma dei Paesi dell’Est per conto di Life, o al contrario narrando in maniera decisamente divertente la sua collaborazione con l’Ufficio del turismo francese. Biba Giacchetti che l’ha avuto come maestro e mentore, affiancandolo e condividendone la ricerca negli ultimi vent’anni, ha ” visto” questa mostra, che è nata dall’archiviazione di un materiale così cospicuo. Di respiro mondiale, nasce dalla voglia di zoomare sul valore del colore e in una sola settimana di lavoro indefesso, sono stare selezionate 135 immagini che Erwitt ha scelto personalmente dai due suoi grandi progetti a colori : Kolor e The Art of Andrè S.Solidor, il primo è il grande volume che nasce dalla rivisitazione del suo imponente archivio, Solidor è la sua visione ironica ed esilarante del mondo dell’arte contemporanea. 135 scatti “ideali” per illustrare il suo percorso cito Biba Giacchetti che l’ha costantemente accompagnato in questo impegnativo iter, ” quasi incredulo di suscitare tanto interesse da parte mia … e l’ho convinto a creare una sequenza” e a vivere in sostanza due volte la sua vita. La contestualizzazione delle immagini inedite è stato poi frutto di un altro lavoro titanico nato dallo studio di giornali e riviste su cui è stata pubblicata un’intera vita di lavoro.
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