L’eterna giovinezza è una fandonia, anche se il miraggio, sembra sempre più vicino. I progressi della cosmetica, quelli della chirurgia estetica, la cultura generalmente diffusa del benessere fisico come elemento essenziale del benessere totale hanno cancellato molti di quei segni che un tempo caratterizzavano le diverse stagioni della vita.
Raggiunti gli anta, ormai, si arriva ad una specie di eterno presente nel quale é difficile distinguere la quarantenne dalla neo-sessantenne, e il signore dal giovinetto. O meglio, è possibile farlo, ma le differenze sono minime. Tutto ciò, naturalmente, é solo un bene: occhio e spirito guadagnano nella scomparsa dell’idea che, passata una certa boa, bisogna abbandonarsi e rinunciare, diventando bigi e tristi come beghine e sacrestani.
Il problema, piuttosto, é un altro. La TV in primo luogo, e poi i rotocalchi – ovvero i mezzi che hanno il più grosso e penetrante impatto sull’immaginario contemporaneo – hanno creato e diffuso un terribile modello estetico, che definir giovanilistico è poco. Divinizzando ed erotizzando la giovinezza acerba, hanno creato una epidemia di lolitismo, i cui diabolici effetti si traducono in scosciature invereconde, tette antigravitazionali, biondezze abbaglianti, vestimenti succinti, luccichii da avanspettacolo ad ogni ora del giorno e della notte. La piaga affligge tutte le fasce d’età della popolazione femminile: ragazzine che pensano che così vestite si ottengano fidanzato e successo; donne mature che non vogliono ritirarsi dal mercato; donne ancor più mature che pensano di risolvere la crisi della terza età – sempre che la terza età esista ancora – ritornando pulzelle e peccatrici. Per gli uomini è pure peggio: di cinquantenni con la panzetta che si credono pischelli sono pieni i bar all’ora dell’aperitivo, e le discoteche subito dopo. Li riconosci subito, strizzati in jeans elasticizzati, fasciati in piumini lucidi, la camicia generosamente sbottonata e la cintura con la fibbia a padella. Patetici.
Perché, con buona pace di tutti, non c’é nulla di più grottesco, e di più immediatamente invecchiante che combattere ad armi impari con l’anagrafe. E questo vale tanto per la pischella che vuol far l’adulta, quanto per chi vuol sottrarre decenni dalla carta di identità. Bisogna evitare gli errori madornali, ecco. Ed è qui che il lamento vira, traducendosi in consiglio pratico, perché questi non son tempi di sola contemplazione.
Ecco, basterà adottare un po’ di sano buon senso. Misura e garbo lavorano sempre a vantaggio della dignità – qualità somma, e sempre vincente. Con la consapevolezza lucida – mai tragica, che si farebbe subito tragicomica – della propria età si fa sempre centro. È sufficiente allenare occhio e spirito, studiandosi davanti allo specchio. Ad esempio: i capelli troppo lunghi, dopo i cinquanta, invecchiano, e così pure il nero totale tanto amato da fashioniste avant-garde e galleriste. Vestire di scuro è comunque rassicurante? Benissimo. Perché non optare allora per il blu navy, anche d’inverno, come faceva la sofisticata Jean Muir? Il colore accesso fa massaia in pensione? Dimentichiamolo: le tinte vivaci vanno bene al liceo. Il corpo si é un po’ appesantito? Inutile nasconderlo dentro palandrane informi che farebbero sembrar nonne. Il trucco pesantissimo, per carità, meglio lasciarlo a Moira Orfei, insieme ai lustrini e agli scintillii. Se per uscire a fare shopping con figlia e amiche vien voglia di jeans e t-shirt, meglio pensarci due volte, magari optando per i chinos del marito.
Anche i tacchi troppo alti, ad un certo punto della vita, andrebbero archiviati: meglio i tacchetti da gattina, cinque centimetri e mezzo, che danno una andatura così sexy da mandare in sollucheri uomini di ogni età. Più in là si va in là con gli anni, poi, più bisogna essere avvedute con scollature, smanicature e lunghezze delle gonne. La mini, in particolare, è da bollino rosso: oltre i quaranta stona proprio, a meno di non essere una rockstar. Per i signori uomini, un solo consiglio: evitare tutto ciò che è troppo stretto e garrulo. Con le linee morbide e i classici blu e grigio si va davvero lontano. Tanto è l’atteggiamento a far la differenza tra il nonno che ha tirato i remi in barca e il signore arzillo, no? E non è certo un berrettino un po’ tonto che può fare il miracolo sulla carta d’identità.
Il segreto del successo é una oculata rapidità. Bisogna ricordare quanti anni si hanno quando s’apre l’armadio, e poi dimenticarsene subito mentre ci si veste. La disinvoltura trionferà, e non c’è nulla di meglio. Detto dalla sottoscritta, e messo alla prova in prima persona. A riflettere di stile senza trasformare il pensiero in azione, lo ripeto, che piacere c’è? Le tv, nel frattempo, è meglio ignorarla.
Brava Albertina!