Fughe e fallimenti. La Russia fa i conti con le sanzioni

Mentre la morsa intorno a Kiev si stringe sempre di più, l’economia russa comincia a disintegrarsi un pezzo alla volta. La Borsa di Mosca chiude i battenti, il rublo perde quasi la metà del suo valore e gli investitori preparano la fuga. E cominciano i primi fallimenti bancari. Per gli oligarchi è la fine di un’era.

Come un gigante ferito, per la Russia cominciano le prime vere emorragie di capitale. Di quelle copiose, che possono mandare a gambe all’aria un intero sistema economico. Ci sono di mezzo, naturalmente, le sanzioni dell’Occidente, Europa in testa, veri e propri missili terra aria schiantatisi su banche, assicurazioni e istituzioni dell’ex Urss, a cominciare da quell’estromissione, parziale, delle banche russe dal sistema dei pagamenti globale, Swift.

A Mosca, mentre Vladimir Putin continua a stringere la sua morsa intorno all’Ucraina a alla capitale Kiev, pur ingaggiando una non prevista e formidabile resistenza locale, qualcuno ha cominciato a preoccuparsi seriamente. Persino quegli oligarchi da sempre spina dorsale della squilibrata ricchezza russa, tanto capitale in mano di pochi. I quali, secondo alcune fonti, avrebbero già rimproverato a Putin (se sono così ricchi lo devono proprio al capo del Cremlino, tuttavia) di aver bruciato quasi 130 miliardi di dollari.

IL COLLASSO DEL RUBLO

Una sequenza da incubo che ora dopo ora sta dissanguando la non proprio incrollabile economia russa. La moneta nazionale, tanto per cominciare. In due giorni il rublo ha perso tra un quarto e la metà del suo valore, polverizzando miliardi in pochi istanti. Dopo aver perso il 40% del suo valore lo scorso venerdì, questa mattina la moneta russa era prezzata a un valore del 30% minore, scambiando 120 rubli contro un dollaro.

La Banca centrale russa, i cui asset sono stati congelati proprio in virtù delle sanzioni imposte al Cremlino, è prontamente intervenuta, con un rialzo dei tassi che in pochi potranno ricordare nella storia recente: dal 9,5 al 20%.  “Le condizioni esterne per l’economia russa sono cambiate drasticamente”, ha detto l’istituzione, aggiungendo che il rialzo “garantirà un aumento dei tassi di deposito a livelli necessari per compensare l’aumento del rischio di svalutazione e inflazione”. Peccato che sia servito a poco, visto che pochi minuti dopo la mossa dell’istituto centrale il rublo perdeva tra il 21 e il 28%, a circa 94 dollari.

L’APOCALISSE DELLA BORSA

Altro capitolo, la Borsa. Giovedì pomeriggio la piazza finanziaria di Mosca, a invasione dell’Ucraina cominciata da poche ore, ha bruciato il 45% di capitalizzazione, per poi recuperare un po’ di terreno, fino al -35%, trascinata al ribasso da Gazprom, il cui titolo ha perso il 40% in un giorno.

E lunedì mattina, la Banca centrale ha deciso di non aprire gli scambi sul mercato azionario e dei derivati della borsa di Mosca, aggiornando di ora in ora il calendario della possibile riapertura. Troppo forte il rischio che nuovi crolli possano di fatto polverizzare interi patrimoni, inclusi quelli degli oligarchi. Ma non è finita.

LA POLVERIERA DELLE BANCHE

C’è poi il fronte dei fronti, quello delle banche. L’attacco al cuore finanziario della Russia passa proprio dagli istituti di credito, ovvero dalla pubblicazione dell’elenco ufficiale delle banche russe coinvolte dal provvedimento di espulsione dallo Swift, il sistema di messaggistica che collega 11.000 banche e istituzioni globali ed è responsabile dell’esecuzione della stragrande maggioranza delle operazioni finanziarie. Il simbolo della risposta occidentale è Sberbank, il cui titolo quotato a Londra è crollato in pochi minuti del 64%.

La Banca Centrale Europea ha valutato che la filiale europea di Sberbank, maggior gruppo bancario di Stato della Russia, è “in fallimento o in probabile fallimento a causa del peggioramento della sua situazione di liquidità”. Sberbank Europe AG, con sede a Vienna, e le sue filiali in Croazia e Slovenia hanno “subìto significativi deflussi di depositi a causa dell’impatto delle tensioni geopolitiche a livello reputazionale”, ha affermato l’autorità di supervisione, aggiungendo che “in futuro la banca potrebbe non essere in grado di pagare i suoi debiti o altre passività in scadenza”.

2022, FUGA DALLA RUSSIA

Chi vuole salvarsi dall’apocalisse finanziario russo, sta comunque già preparando le scialuppe. Per esempio i colossi dell’energia, con il gruppo inglese British Petroleum che ha deciso di uscire dal Paese, molto ricco di riserve naturali. Si tratta della decisione più netta adottata da una compagnia petrolifera in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. BP è il più grande investitore straniero in Russia e ha dichiarato che intende vendere la sua partecipazione nella compagnia petrolifera statale Rosneft, pari al 19,75%, che detiene dal 2013, con una perdita stimata fino a 25 miliardi di dollari e dimezzando in questo modo le riserve di petrolio e gas. Mentre il fondo sovrano norvegese, il più grande del mondo, metterà a sua volta in vendita gli asset russi per un valore di circa 25 miliardi di corone norvegesi (2,80 miliardi di dollari).

(Fonte: https://formiche.net/)

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