I famigerati Eurobond esistono già. Il dibattito sul loro uso è surreale

Il dibattito politico sugli eurobond e sul MES sta raggiungendo livelli surreali. Molte dichiarazioni di personalità politiche a proposito di questi due strumenti mostrano che chi ne parla non ha un’idea molto chiara di cosa siano. Gli eurobond esistono già. Quello di cui si sta discutendo è del loro utilizzo in nuovi campi. Tutti gli stati membri hanno accettato da decenni l’emissione di eurobond per aiutare i paesi in difficoltà, ma alcuni stati membri si oppongono al loro uso per finanziare spese comuni a livello europeo.  Accettano la condivisione del rischio sull’indebitamento a livello comunitario per aiutare dei paesi, ma non vogliono aprire la porta ad un bilancio dell’Unione europea in disavanzo.

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Provo a spiegare di nuovo, nella maniera più semplice possibile, cosa siano gli eurobond, che vantaggi possano offrire e che inconvenienti i paesi “frugali” vedano in alcuni usi di questo strumento.

Per eurobond si intende dei titoli emessi da un’istituzione dell’Unione europea o dell’eurozona o da un veicolo ad hoc creato da queste e garantiti da tutti gli stati membri dell’Unione europea o dell’eurozona.

Il principale vantaggio che questi titoli possono offrire è il fatto che questi titoli sono visti come non molto rischiosi e quindi per convincere gli investitori a comprarli basta offrire tassi di interesse non molto alti. 
I tassi di interesse sugli eurobond sono più bassi rispetto ai tassi di interesse che alcuni stati membri devono pagare sui titoli del loro debito pubblico, ma più alti di quelli che devono pagare stati membri più solidi e credibili. 

Queste differenze riflettono naturalmente la rischiosità percepita dai mercati dei vari titoli, gli eurobond sono visti come meno rischiosi dei titoli di alcuni paesi, ma un poco più rischiosi di quelli di altri.

Di per se non c’è nessuna ragione per la quale i tassi di interesse sugli eurobond debbano essere i più bassi del mercato. Come l’andamento dell’euro riflette più o meno l’andamento medio dell’economia dell’intera eurozona (e le scelte di politica monetaria della BCE), la rischiosità percepita dai mercati dei titoli garantiti dall’insieme, mettiamo, dei paesi dell’eurozona rifletterà-  in prima approssimazione – la media della rischiosità dei titoli di tutti i paesi membri.   Oggi sui 19 paesi dell’eurozona, tre hanno la tripla A (il rating migliore possibile), due hanno la AA+ e tutti gli altri hanno rating più bassi; alcuni paesi membri sono addirittura pericolosamente vicini ai livelli chiamati nel gergo “spazzatura” (“non investment grade”) e che molti investitori rifiutano di comprare o non possono comprare per ragioni regolamentari.

La rischiosità degli eurobond può diventare più bassa della media ponderata a seconda del tipo di garanzie offerte dagli stati membri
Con una garanzia abbastanza estesa, la rischiosità dei titoli garantiti da tutti i paesi dell’insieme scende al di sotto della media.   Con una garanzia illimitata (tutti i paesi, anche i più solidi, sarebbero disposti, in caso di necessità, ad assicurare il rimborso di tutti i titoli emessi), la rischiosità si avvicinerebbe alle più basse del mercato.   

Ma anche qui, tutto dipende dalle dimensioni delle emissioni. Se si emettesse una quantità molto forte di eurobond garantiti in maniera solidale e illimitata da tutti gli stati membri, i mercati rischierebbero di valutare questa emissione quasi come fosse un’emissione delle sole Olanda e Germania e potrebbero rivedere al rialzo la rischiosità dei titoli di questi paesi.

L’esperienza mostra che ottenere la “tripla A” sul mercato finanziario non è una cosa facile.   Il MES l’ha ottenuta grazie alla creazione di una riserva quasi liquida di 80 miliardi (tutto il capitale versato) e ad una garanzia abbastanza estesa degli stati membri che garantiscono il capitale dell’organismo di 704 miliardi quando la capacità di prestito del MES è di 500 miliardi.

L’altro vantaggio è dovuto al fatto che la titolarità dell’emissione è in capo ad un organismo comunitario e non ai singoli stati membri.
Ma questo è però un vantaggio in gran parte solo apparente. Nelle statistiche, un’emissione di eurobond appare come un indebitamento dell’ente emettitore (Unione europea) e non rientra nel debito pubblico dei singoli paesi. Ma le agenzie di rating e gli analisti di mercato nel valutare la situazione delle finanze pubbliche di un paese tengono certamente conto della quota di eurobond che ogni paese deve rimborsare.

Questi due elementi: tassi di interesse più bassi e titolarità dell’ente che effettua l’emissione differente da quella degli stati membri sono i due soli vantaggi offerti, di per se, dagli eurobond

Quando qualcuno giustifica l’emissione di eurobond ricordando che gli stati membri avranno bisogno di spendere cifre enormi fa un salto logico del tutto ingiustificato.

Gli eurobond non sono una maniera di trovare soldi che non si troverebbero altrimenti.

Oggi, per fortuna, tutti gli stati membri dell’eurozona hanno accesso al mercato.   Che siano loro ad indebitarsi o un’organizzazione europea cambia qualcosa solo in termini dei tassi di interesse da pagare sui titoli emessi.  Se invece uno o più stati membri perdessero l’accesso al mercato, allora gli eurobond permetterebbero di raccogliere fondi che altrimenti non potrebbero essere raccolti
Ma se fossimo in questa sfortunata situazione, dovremmo attivare dei programmi di salvataggio dei paesi in questione come è stato fatto per Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro.

Ripeto: gli eurobond non sono soldi che cadono dal cielo.  Non sono nemmeno qualcosa che risolve tutti i problemi ai quali i paesi europei devono far fronte.   Alcune dichiarazioni sulla necessità di emettere eurobond hanno un tono quasi apocalittico come se questi fossero il Graal che ci salverebbe.

Alcuni parlano in termini enfatici della battaglia condotta dall’Italia per ottenere questo risultato agognato: l’emissione di eurobond, la prova concreta della solidarietà tra i paesi membri.   Ma gli eurobond esistono già; esistono da decenni.   Oggi sul mercato ce ne sono per quasi trecento miliardi di euro.

Le discussioni in corso a livello europeo non sono sull’emissione o meno di eurobond.  Sono sull’eventuale utilizzazioni di questo strumento in un nuovo campo.

Il MES finanzia i prestiti che fa agli stati membri con l’emissione di titoli garantiti da tutti gli stati membri, si finanzia con eurobond.
Nel passato la Commissione europea ha raccolto fondi per aiutare paesi con problemi di bilancia dei pagamenti e può farlo di nuovo se necessario.  I titoli emessi per finanziare queste operazioni sono stati garantiti di volta in volta dal bilancio dell’Unione europea e/o dagli stati membri.  I titoli emessi sono degli eurobond.

L’eurogruppo ha dato il suo accordo alla proposta SURE della Commissione che permette di concedere prestiti ai paesi membri per finanziare i loro sistemi di sussidi di disoccupazione.   I titoli che saranno emessi dalla Commissione europea saranno garantiti dal bilancio dell’UE e da garanzie degli stati membri.   Anche questi titoli saranno degli eurobond.

Questo prova che tutti gli stati membri accettano il principio degli eurobond e sono disposti alla condivisione del rischio quando si tratta di concedere prestiti a dei paesi in difficoltà

È assolutamente falso sostenere che alcuni stati membri siano contrari per principio agli eurobond e alla condivisione del rischio sul nuovo indebitamento.

Esiste invece un’opposizione molto forte di alcuni paesi all’avere un bilancio dell’Unione europea in disavanzo e a finanziare questo disavanzo con eurobond.    Hanno paura che si trasferiscano a livello europeo le brutte abitudini di politica di bilancio di alcuni paesi.    In ogni caso, l’obbligo di avere un bilancio dell’Unione europea in equilibrio è iscritto esplicitamente nei Trattati (articolo 310 TFUE).

E non si tratta di un rischio astratto. Sappiamo tutti che i governi di coalizione fanno più disavanzi dei governi monopartitici
L’eurozona può essere vista come un governo con 19 partiti (l’UE ne ha 27).   

Pensiamo un attimo alle difficilissime discussioni sul bilancio UE 2021-2027. Se solo ci fosse la possibilità di finanziarne una parte a debito, c’è un forte rischio che si finirebbe per usarla (e questo indipendentemente dal bisogno o meno di sostenere l’economia dell’Unione europea).

Il fatto che si sia proprio noi a chiedere di utilizzare gli eurobond in questa maniera rafforza le peggiori paure. Mario Monti ha scritto che certe giuste richieste non dovrebbero venire dall’Italia perché il fatto che si sia noi a farle porta a reazioni negative.

Non possiamo negare che 60 anni di disavanzi ininterrotti, anche in anni con crescita accettabile o buona, sono ingiustificabili.La proposta francese di un fondo di solidarietà è stata una proposta ben fatta.
Per cercare di aggirare le difficoltà appena ricordate, il ministro Lemaire ha proposto un fondo separato dal bilancio comunitario e di natura temporanea. La proposta voleva convincere che non si stava aprendo una falla nell’obbligo di equilibrio del bilancio dell’Unione europea e che non si sarebbe creato un pericoloso precedente visto che il fondo avrebbe avuto una durata di vita limitata.

Come si è visto, la proposta non ha risolto il problema: si trattava sempre del finanziamento di spese comuni. Non condivido affatto la fiducia di alcuni su di un cambio di questa posizione. Penso che un finanziamento di spese comuni a livello comunitario con eurobond non lo vedremo per molti decenni ancora (ma nel frattempo continueremo ad emettere eurobond per altri motivi).

Giuseppe Turani
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Giornalista economico e Direttore di "Uomini & Business". E' stato vice direttore de L'Espresso e di Affari e Finanza, supplemento economico de La Repubblica. Dal 1990 al 1992 è editorialista del Corriere della Sera, del mensile Capital e dei settimanali L'Europeo e Il Mondo. Ha scritto 32 libri.