Il blocco del turismo rischia di travolgere il concetto stesso di Europa

Esistono opinioni diverse sui compiti dell’Unione europea. Si va dai sogni di chi vorrebbe che diventasse un unico grande stato che integri gli stati nazionali a chi vorrebbe che questa scomparisse. Tra questi estremi esistono posizioni intermedie più ragionevoli. Tra coloro che sostengono il processo di integrazione europea c’è un accordo sul fatto che l’Unione europea ha un ruolo soprattutto per quello che riguarda le relazioni tra i paesi.  E l’apertura delle frontiere interne dell’Unione è certamente l’aspetto più importante delle relazioni tra i paesi membri.

Ogni persona che si interessa dell’Unione europea è al corrente dell’esistenza di quattro libertà che sono considerate “fondamentali“: la libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone.  Il mercato interno è il fondamento dell’Unione europea ancora più dell’unione monetaria. Questa è stata giustificata a suo tempo anche come un necessario complemento del mercato interno. Le quattro “libertà fondamentali” si sono affermate progressivamente con l’ultima – la libera circolazione delle persone – introdotta inizialmente con un accordo tra alcuni paesi, l’accordo di Schengen, poi integrato nella legislazione dell’Unione europea.

La crisi del Covid-19 sta mettendo in crisi i risultati ottenuti finora e l’Unione europea deve agire in maniera determinata.  Lo scoppio della crisi ha portato a dei riflessi nazionalistici inconsulti che, per fortuna, sono stati corretti.   Si sono visti dei tentativi di proibire l’esportazione di materiale medico verso altri paesi dell’Ue e l’introduzione di controlli sulle merci che hanno portato a code di 50/60 chilometri ad alcune frontiere. La Commissione europea, che in questo campo ha delle competenze chiare, ha reagito e la situazione è ritornata normale.   Oggi sembra che tutti i governi si rendano conto di quanto siano complesse le catene di produzione e delle conseguenze catastrofiche di una loro interruzione.

La situazione è diversa però per quanto riguarda la libera circolazione delle persone. Questo è dovuto a due ragioni principali.  La prima è che le frontiere sono una competenza esclusivamente nazionale, la Commissione europea può solo cercare di convincere i capi di stato e di governo, il Consiglio europeo, ad agire in maniera coordinata. La seconda è la demagogia che si è sviluppata, in gradi diversi, in tutti i paesi.

Gli untori, per troppe persone, sono sempre stranieri. Chiudere le frontiere agli stranieri piace alle persone ingenue e poco informate.   Questo porta a prendere misure illogiche, ma che sono popolari.  Nei giorni in cui l’Italia era di gran lunga il paese europeo più colpito dal Covid-19, il nostro paese ha introdotto una quarantena di 14 giorno anche per chiunque venisse dagli altri paesi dell’Unione europea.   Ha voluto proteggersi dall’arrivo di persone che venivano da zone e paesi dove la diffusione del virus era molto, ma molto più bassa che in Italia.

Per di più la libera circolazione delle persone e i principi dell’accordo di Schengen erano già stati malmenati da due altri fenomeni: il terrorismo e l’immigrazione.  Sappiamo tutti che il coronavirus è particolarmente pericoloso per le persone già colpite da altre malattie. Speriamo che per la libertà di circolazione delle persone le cose siano diverse. Ma più a lungo le restrizioni rimarranno, maggiori sono i rischi che vengano viste come cose normali e accettabili.

La libertà di movimento tra i paesi delle persone è importantissima per tanti motivi, ma è anche cruciale per la ripresa del settore del turismo che ha un ruolo importantissimo per tanti paesi e tante località.  Il turismo sembra sia all’origine del 13 per cento del PIL italiano e che dia lavoro nel nostro paese a più di quattro milioni di persone. Non ho le cifre sottomano, ma immagino che sia anche importantissimo per paesi come la Spagna, il Portogallo e, soprattutto, per la Grecia.

Molto spesso nelle discussioni politiche europee e nazionali si perde di vista l’importanza relativa delle cose di cui si discute.  Cito un caso che alcuni ricorderanno.  Quando si lanciò il Sistema monetario europeo nel 1979, l’Italia e l’Irlanda negoziarono degli aiuti per facilitare la loro partecipazione a questo sistema di cambio. Dopo un lungo e difficile negoziato, ottennero le cosiddette “Misure per le economie meno prospere” che si tradussero in cinque trasferimenti annui di 200 milioni di Unità di conto europee (l’euro attuale), 2/3 all’Italia e 1/3 all’Irlanda. Il ministro italiano dell’agricoltura di quei tempi, Giovanni Marcora, fece notare alla stampa che lui “sui pomodori, aveva ottenuto di più“.

Oggi sono in corso dei negoziati a livello europeo su degli aiuti supplementari ai paesi più duramente colpiti dalla crisi economica dovuta al Covid-19 (essenzialmente la creazione di un Fondo per la ripresa). Sono in gioco anche questioni di principio, ma alcuni vantaggi economici sono facili da stimare.  Se l’Italia potesse ottenere un prestito di, mettiamo, 100 miliardi di euro alle condizioni ottenibili con gli eurobond risparmierebbe un miliardo e mezzo all’anno di interessi.  

Secondo la Banca d’Italia, i turisti stranieri portano in Italia più di 40 miliardi di euro all’anno. Buona parte di questa cifra arriva nei mesi di luglio e agosto.   Delle decisioni europee che permettano di salvare la stagione turistica italiana dell’estate 2020 potrebbero portare al nostro paese un aiuto economico immediato molto più consistente di quello ottenibile attraverso il Fondo per la ripresa.

Purtroppo, l’arrivo di turisti stranieri in Italia durante la prossima estate rischia di essere compromesso dalla mancanza di decisioni coordinate a livello europeo e dallo sviluppo di accordi bilaterali tra alcuni paesi europei.  L’Austria starebbe negoziando un accordo con la Germania perché i “Piefke” – soprannome affibbiato ai tedeschi dagli austriaci – possano arrivare anche quest’anno.   vrebbe esteso questi negoziati anche alla Repubblica Ceca.  La Croazia, secondo fondi di stampa, starebbe negoziando un accordo con la Repubblica Ceca, l’Austria e l’Ungheria.  Non sarei stupito di scoprire che anche altri paesi si stiano muovendo in questa direzione.

I ministri del Turismo dei paesi europei hanno tenuto una riunione lunedì scorso.  La presidenza croata ha parlato della necessità di creare dei “corridoi per i turisti europei” che permetta loro di andare da un paese all’altro già quest’estate.   Nonostante le insistenze della Grecia, non si è arrivati ad una decisione e non sono previste altre riunioni fino a fine giugno. Il commissario europeo, Thierry Breton ha proposto un vertice europeo per il turismo, ma a settembre.

Che la riapertura delle frontiere per i viaggi individuali sia decisa dai paesi membri in maniera autonoma e che il turismo riprenda sulla base di accordi bilaterali costituirebbero delle grosse sconfitte per l’Unione europea.

Quale è la posizione del governo italiano su questo problema? In Italia, il settore del turismo è, in termini di PIL o di occupazione, quattro o cinque volte più importante di quello dell’agricoltura.   Giustamente, abbiamo un ministro per l’agricoltura. Ma come mai nel nostro paese il turismo sembra essere solo un complemento di altri dicasteri?

Giuseppe Turani
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Giornalista economico e Direttore di "Uomini & Business". E' stato vice direttore de L'Espresso e di Affari e Finanza, supplemento economico de La Repubblica. Dal 1990 al 1992 è editorialista del Corriere della Sera, del mensile Capital e dei settimanali L'Europeo e Il Mondo. Ha scritto 32 libri.