Il Cinema archivia Venezia e punta sulla qualità per contenere Netflix. Gli ultimi film nelle sale

Archiviata la Mostra del Cinema di Venezia, nuovi film approdano nelle sale. Nel frattempo, le tensioni che contrappongono i gestori e Netflix rispecchiano le incertezze dei tempi, fra dilagare di serie tv e una preminenza del tempio cinematografico che sembra perduta.

In momenti così inquieti, e non solo in campo artistico, il regista Roberto Andò celebra il cinema e lo ricolloca al centro di un incalzante, e profondo dietro la leggerezza, gioco narrativo. Con il suo settimo film, “Una storia senza nome”, fuori concorso a Venezia, protagonista Micaela Ramazzotti, è il linguaggio filmico a fare il verso alla vita e alle sue doppiezze, esplorando con ironia la contemporaneità e le sue illusioni.

In un intreccio paradossale, sembra di assistere a un fenomeno simile a quello descritto da Marcel Proust in “Sodoma e Gomorra”: “…per natura il mondo dei possibili mi fu certo sempre più aperto di quello della contingenza reale. Ciò aiuta a conoscere l’anima umana, ma a ingannarci sono gli individui”. È sul mondo del possibile e dell’ipotetico, nel quale l’immaginazione si contamina con la cosiddetta realtà, che si concentra il cinema romanzesco di Andò, ricordando allo spettatore che non sempre la verità è necessaria e che esistono gialli che lasciano insoluti enigmi e domande, come insegnano Gadda, Dürrenmatt e Sciascia.

Su un altro versante, “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini, presentato nella sezione veneziana Orizzonti, valorizza la totale adesione interpretativa di Alessandro Borghi, nei panni di Stefano Cucchi, e trova una cifra stilistica misurata per evocare l’orrore senza scorciatoie retoriche. Come osserva Alessandro Cappabianca su Fata Morgana Web, “…forse il dire di questo film sta proprio nel suo non-dire, è un mostrare senza dire. (…) Se si vuole davvero raggiungere l’efficacia, anche e soprattutto politica, bisogna almeno perseguire l’arte dell’ellissi, dello staccare al punto giusto”.

A sua volta, Grand Prix Speciale della Giuria all’ultimo Festival di Cannes, “BlacKkKlansman” è il nuovo film di Spike Lee, capace di coniugare il gusto per il paradosso e una concezione lucida dei rapporti di forza nella società statunitense oggi come ieri. Se sul piano del cinema d’autore, ammesso che questa definizione non sia riduttiva o semplicistica, risulta da non perdere “L’uomo che uccise Don Chisciotte”, opera finalmente portata a termine da un regista come Terry Gilliam, nell’ambito più commerciale, tra gli altri, troviamo il musical prevedibile “Mamma mia! Ci risiamo” di Ol Parker, l’horror “The Nun” di Corin Hardy e, soprattutto, “Gli incredibili 2” di Brad Bird, prodotto dalla Pixar.

Dopo il successo del 2004, continua l’intelligente rivisitazione degli archetipi familiari, dei meccanismi sociali e psicologici che condizionano doti e poteri fuori dal normale. Nel segno della “capacità mitopoietica della società di Lasseter & Co.”, come ricorda Christian Uva nel libro “Il sistema Pixar” (Il Mulino, 2017), “Gli incredibili 2” si segue con piacere e non disdegna di suscitare interrogativi sullo scenario odierno. Rispetto al primo capitolo, manca però il lampo dell’innovazione, quello che ti sorprende davvero.

Marco Olivieri
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Giornalista professionista e dottore di ricerca, Marco Olivieri è autore della monografia “La memoria degli altri. Il cinema di Roberto Andò” (Edizioni Kaplan 2013 e 2017), curatore del volume “Le confessioni” (Skira 2016) e, con Anna Paparcone, autore del libro “Marco Tullio Giordana. Una poetica civile in forma di cinema” (Rubbettino 2017). Collabora con «la Repubblica» – edizione di Palermo, è componente del comitato scientifico di “Carteggi letterari le edizioni” e ha scritto saggi per la casa editrice Leo S. Olschki e articoli per «Cinema e Storia» di Rubbettino, «il venerdì di Repubblica», «Ciak» e «Doppiozero». Critico cinematografico e teatrale, si occupa di Uffici Stampa, Cultura, Politica, Società e Terzo Settore.

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