In un’epoca in cui Internet ha rivoluzionato la pubblicazione e la diffusione delle informazioni, il legislatore ha dovuto aggiornare anche la normativa sul diritto d’autore.
Il diritto d’autore tutela l’attività intellettuale, ovvero le opere creative (quali ad esempio le opere letterarie, didattiche e religiose), nonché le composizioni musicali, teatrali, i film, le fotografie, i software e le banche dati. All’autore di tali opere, che abbia provveduto ai necessari adempimenti formali, sono per legge riconosciuti diritti morali e patrimoniali.
In questi giorni, si è sentito molto parlare di questo proprio perché la Corte di Giustizia Europea si è espressa con due sentenze nelle cause riunite C-682/18 YouTube e C-683/18 Cyando, che ormai vanno avanti da anni.
La Corte ha stabilito che i gestori di piattaforme online non sono responsabili della diffusione di contenuti protetti dal diritto d’autore che i loro utenti mettono illecitamente in rete, salvo che non contribuiscano attivamente a dare al pubblico l’accesso a tali contenuti, o non svolgano attività di controllo e rimozione.
Le controversie
Nella prima causa, Frank Peterson, un produttore musicale, ha citato in giudizio YouTube e Google, come rappresentante legale, in seguito alla messa in rete – senza autorizzazione -, nel 2008, di vari fonogrammi sui quali egli afferma di detenere diversi diritti.
La seconda controversia è tra l’editore Elsevier Inc. e la Cyando AG per la messa in rete sulla sua piattaforma di hosting e di condivisione di file Uploaded, nel 2013, di diverse opere sulle quali la Elsevier deteneva i diritti esclusivi.
La Corte ha seguito un orientamento giudiziario già in buona parte consolidato anche nelle corti italiane; si tratta di una decisione che sostanzialmente riassume gli elementi che caratterizzano una responsabilità attiva o un’assenza di responsabilità in caso di attività passiva, che segue i principi della Direttiva sul commercio elettronico e la direttiva copyright del 2001.
Secondo i giudici, i gestori di piattaforme online non effettuano essi stessi, in linea di principio, una comunicazione al pubblico dei contenuti protetti dal diritto d’autore che i loro utenti mettono illecitamente in rete. Tuttavia, queste piattaforme effettuano una comunicazione in violazione del diritto d’autore se contribuiscono, al di là della semplice messa a disposizione delle piattaforme, a dare al pubblico accesso a tali contenuti.
Con la Direttiva 2019/790 – Direttiva Europea sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, in fase di recepimento in Italia proprio in queste settimane, lo scenario si chiarisce ulteriormente. L’art.17 dispone che il prestatore di servizi di condivisione di contenuti online, ovvero le piattaforme come YouTube, effettuano un atto di comunicazione al pubblico o un atto di messa a disposizione del pubblico quando concedono l’accesso al pubblico a opere protette dal diritto d’autore o altri materiali protetti caricati dai suoi utenti.
Un prestatore di servizi di condivisione di contenuti online deve pertanto ottenere un’autorizzazione dai titolari dei diritti, ad esempio mediante la conclusione di un accordo di licenza.
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