Un sangue vecchio di quasi due millenni che si scioglie e si solidifica rifuggendo qualsiasi regola. Un grumo scuro e compatto chiuso in due ampolle sigillate in una teca e gelosamente conservate in cassaforte, esposto tre volte all’anno per manifestare, attraverso la liquefazione, l’amore di un santo che vivifica e nutre la sua terra e protegge il suo popolo. E’ impostura, allucinata follìa, miracolo o alchemico segreto mai divulgato?
Non c’è risposta, ma questa è la straordinaria realtà di Gennaro, santo fuori dal comune in tutte le sue manifestazioni, anche nel prodigio di un sangue che ribolle, si spezza, si scioglie o resta ostinatamente solido rispondendo unicamente alla Sua volontà. A nulla, infatti, servono preghiere, invocazioni e litanie, poco importa se inginocchiati davanti all’altare ci sono potenti, re o papi: Gennaro decide autonomamente se, quando e come sciogliere il suo sangue rendendo vane le previsioni, a volte disattendendo le attese e beffandosi dei dubbi e le domande degli scettici.
In questi secoli, a partire dal 17 agosto del 1389 anno in cui fu documentato il primo scioglimento, ci hanno provato in tanti a trovare una spiegazione plausibile a quello che la Chiesa definisce prodigio, i fedeli miracolo e gli scettici impostura. Senza mai riuscirci.
Ecclesiastici, fisici e scienziati, osservando la liquefazione o semplicemente dissertandone, hanno inutilmente elaborato teorie e creato fantasiose misture per dimostrarle, hanno cercato nel calore, nel movimento, nella preghiera o nell’empatico ed intangibile contatto tra le ossa del cranio e le ampolle la spiegazione del mistero e spesso ci hanno rimesso carriera e reputazione. Il principe di Sansevero, ad esempio, quel Raimondo di Sangro studioso e alchimista del secolo dei lumi, provò a replicare lo scioglimento in laboratorio miscelando mercurio ed altre sostanze con del sangue.
L’esperimento pare almeno in parte funzionò senza però essere risolutivo, gli costò l’espulsione dalla Deputazione, l’associazione degli Eletti di cui faceva parte, e comunque non riuscì a replicare l’assoluta imprevedibilità del prodigio. La straordinarietà di Gennaro, infatti, è proprio nella costanza di un fenomeno regolarmente irregolare, indipendente non solo dal movimento e dalle condizioni ambientali, ma anche dal Tempo perché non si può mai essere certi di cosa accadrà nei tre appuntamenti gennariani in cui vengono esposte le ampolle:
19 settembre, giorno della decollazione;
il sabato che precede la prima domenica di maggio, secondo una tradizione che risale alla processione detta degli infrascati;
il 16 dicembre, celebrando la data in cui il santo, nel 1631, fermò la lava del Vesuvio che stava arrivando fino a Napoli.
In questi giorni una folla silenziosa arriva puntuale all’appuntamento con San Gennaro. Si avvicina piano, senza fretta, con un misto di curiosità, scetticismo e rispetto, e riempie ogni spazio, le scale, i varchi, le panche, la strada. E’ fatta di giovani, anziani, popolani e borghesi, turisti, fedeli e stranieri, napoletani, pakistani, cingalesi, americani, arrivati da ogni dove per assistere al prodigio, per vivere in prima persona un’esperienza che, lungi dall’essere folckoristica, coinvolge tutti, dal primo all’ultimo, in un’emozione che inumidisce gli occhi esplodendo poi in un lungo, caldissimo applauso allo sventolìo del fazzoletto bianco che segnala l’avvenuto miracolo. Perché di miracolo si tratta, non solo per il sangue, ma perché solo San Gennaro, da quasi 700 anni, riesce ad unire 3 volte l’anno pacificamente migliaia di persone indipendentemente dal credo religioso, dallo status o dalla nazionalità.
Ma… l’ampolla grande sembra facilmente raggiungibile svitando il manico. Poi la quantità di liquido dentro la stessa, sembra, variare, di prodigio in prodigio. Non sono mai stati concessi permessi per una moderna analisi spettroscopica. Ma in fondo se crea emozioni… a chi porta danno?