A volte ritornano. Come Postalmarket, il catalogo che ha importato in Italia la vendita per corrispondenza, un pezzo di storia del capitalismo italiano. A rilanciarlo è l’imprenditore Stefano Bertolussi che ha acquistato il marchio nel 2018 e ha scelto la conduttrice Diletta Leotta per la prima copertina. Nato nel 1959 grazie a una intuizione della imprenditrice milanese Anna Bonomi Bolchini, Postalmarket è passato di mano diverse volte. La storia del primo catalogo di vendita per corrispondenza è affascinante, ma lo è ancora di più quello della sua fondatrice, che ha attraversato in lungo e in largo il mondo della finanza e che aveva il vezzo di chiamare personalmente le attrici e le modelle (tra cui Ornella Muti e Dalila Di Lazzaro) da mettere sulla copertina del Postalmarket (e non accettava mai un rifiuto).
Figlia di una portinaia milanese e di Carlo Bonomi, proprietario di immobili di lusso nel capoluogo lombardo, si deve proprio alla ‘regina di denari’ la costruzione del Pirellone, simbolo stesso dell’epoca in cui si è mossa la Bonomi. Suoi anche altri complessi immobiliari a Parigi, a Montecarlo e a Città del Messico e la realizzazione della prima città satellite del capoluogo lombardo, Milano San Felice. Alla morte del padre naturale, nel 1940, Anna ne aveva ereditato le enormi sostanze assumendo direttamente la presidenza della società fondata nel 1918, Beni Immobili Italia.
Sul finire degli anni ’60, sulle ceneri di un’Italia in piena ricostruzione nel dopoguerra, aveva fondato tra l’altro la Postalmarket, in cui la famiglia finì col passare la mano nel 1988. Ma il suo nome è legato anche a società come Brioschi, Rimmel e Durbans, oppure la Saffa, industria del settore chimico e cartario. Personalità forte e volitiva – lei stessa aveva ricordato che in quegli anni quando batteva i pugni sul tavolo la Borsa si fermava raccontò in una recente intervista di aver deciso di acquistare la Miralanza e i suoi detersivi mentre faceva il bagno, osservando il dentifricio.
Fu però con il salto nel mondo della finanza, dove la famiglia Bonomi era in realtà già presente con quote nel Credito Varesino e nella Banca Prealpina di Lugano, che le società orbitanti attorno ad Anna Bonomi assunsero il profilo di un vero e proprio impero, che oltre alle attività industriali comprendeva compagnie di assicurazioni come Milano, Italia e Fondiaria, nonchè la Montedison, da cui aveva acquistato tra l’altro la finanziaria Invest, poi fusa con la Beni Immobili Italia per diventare Bi-Invest.
Fu così, che divenne irreparabile il contraccolpo subito dai Bonomi quando nel 1985 la cassaforte di famiglia, allora sotto le redini del figlio Carlo, le venne sfilata dal presidente di Montedison Mario Schimberni, impegnato ad allungare la presa sulla stessa società di Foro Buonaparte, controllata per oltre il 17% dalla Bi-Invest tramite Gemina.
Fu la prima scalata ostile registrata sulla Borsa italiana, con un rastrellamento di azioni attuato da due emergenti della piazza milanese: Francesco Micheli (allora alla guida di Finarte), e Paolo Mario Leati (Lombardfin). Ma fu anche la fine di un’epoca, non solo per i Bonomi. Lo sgambetto di Schimberni fu un affronto a tutte le grandi famiglie del capitalismo italiano fatto proprio dall’ex pupillo di Enrico Cuccia, e di lì a poco fu lo stesso astro di Schimberni a tramontare, estromesso dalla Montedison da Raul Gardini meno di due anni dopo, dopo l’azzardo finale su Fondiaria. “Bi-Invest humanum est, Fondiaria diabolicum” riassunse con efficacia Gianni Agnelli, di cui ancora nell’autunno del 2002, in un’intervista rilasciata al ‘Secolo XIX’, Anna Bonomi Bolchini ricordava con gratitudine la vicinanza in quegli anni.
Un decennio dopo, nella metà degli anni ’90, il nome della Bonomi ricorreva con frequenza in un contesto del tutto diverso, quello cioe’ delle cronache del Palazzo di Giustizia di Milano e degli sviluppi giudiziari della complessa vicenda del crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, da cui Anna uscì con un patteggiamento nel processo di appello. A far incrociare le sue sorti con quelle Calvi era stato direttamente Michele Sindona, che ancora recentemente la Bonomi aveva definito il miglior finanziere del dopoguerra, “uomo di un’intelligenza spettacolare, al di là di tutte le vicende che sono successe”.
Negli ultimi anni Anna Bonomi si dedicava soprattutto agli impegni sociali prendendo tra l’altro parte attiva al Consiglio direttivo dell’Associazione Italiana per la promozione delle Ricerche sul Cancro. Sin dal 1941, per onorare la memoria del padre, aveva creato l’istituto ‘Le Carline’ che accoglie e ospita oltre 60 bambine provvedendo alla loro completa assistenza sino alla maggiore età, iniziativa che venne menzionata anche nel 1968 tra le motivazioni che le valsero l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro.
Anna Bonomi Bolchini è deceduta a 92 anni nel 2003. Il figlio Carlo (Bonomi) è un finanziere di calibro internazionale, controlla la holding Investindustrial, che ha in pancia brand come l’Aston Martin.
La nuova proprietà intende trasformare Postalmarket in un marketplace digitale, un Amazon italiano. Non sarà facile battere il gigante americano, ma almeno nel nostro paese la storia del marchio che ha accompagnato il “miracolo italiano” può godere di una lunga scia di simpatia. Il resto lo farà la notorietà di Diletta Leotta.