Nelle parti precedenti (prima e seconda) si è posto in evidenza come una conoscenza efficace (v. “Sapere è Potere”) nell’era della Net Economy debba operare anche in maniera efficiente, ovvero competitiva. Ancor prima di conoscerne le modalità, sappiamo che gli effetti di una conoscenza efficiente si traducono, per chi possiede gli strumenti giusti (v. “cassetta degli attrezzi”), in una rinnovata capacità di interazione interdisciplinare, di buonsenso condiviso e di semplificazione della complessità. Si è anche accennato ai “Modelli di Conoscenza” (Knowledge Models) come elementi catalizzatori della capacità di sintesi che diventa fondamentale in uno scenario di “Big Data” e aggiungerei, di “Big Info”.
In questa terza parte, si intende entrare più nel merito di quelli che possono essere gli strumenti operativi di gestione e di “misurazione” della stessa conoscenza, in termini di “quantità” e di “valore” producibile (v.ROI), vale a dire gli strumenti che, come nel caso delle attrezzature di una “officina meccanica”, consentono di smontarla, di ottimizzarla e di riutilizzarla.
Punto di partenza è senz’altro la ricerca di una definizione condivisa di “conoscenza”: si sa che è da sempre, un concetto complesso da descrivere. È molto più semplice provare a definire ciò che non è conoscenza: non è una collezione di dati o di informazioni, come ci ricorda A.Einstein: “L’informazione non è ancora conoscenza”. Naturalmente, si ritrovano molteplici definizioni del termine conoscenza in letteratura o nella rete Internet, correlate allo specifico contesto di riferimento o al concetto epistemologico, la maggior parte di esse correlate alla cognizione dei fatti, della verità o dei principi. Forse la definizione che meglio esprime la sua funzionalità, è data dall’acronimo DIKW (Data, Info, Knowledge, Wisdom), intesa come “catena della conoscenza”, in grado di rappresentare le relazioni funzionali tra dati, informazioni, conoscenza e saggezza.
La “Catena della Conoscenza” DIKW non è solo un legame funzionale, ma esprime anche una azione: “ La conoscenza è informazione in azione” (C.O’Dell, C. J.Grayson).
Con riferimento al DIKW e alle considerazioni precedenti, potremmo concludere come la conoscenza sia la facoltà umana risultante dall’interpretazione delle informazioni finalizzata all’azione, ovvero il risultato di un processo di inferenza e di sintesi (ragionamento), a partire dai dati verso la saggezza.
Ora, la prima vera e al tempo stesso, devastante “novità” che scaturisce dall’osservazione dell’evoluzione del sapere nella Net Economy, è che la struttura della catena della conoscenza (DIKW), non risulta legata al peculiare ambito applicativo o “dominio” cui si riferisce e non dipende dal particolare “glossario dei termini” che in tale ambito viene utilizzato: i processi di ragionamento fautori della conoscenza, non sono “figli unici di madre vedova”, ma seguono in genere dinamiche trasversali e interdisciplinari che sono ripetitive secondo classi tipologiche. Nella migliore delle ipotesi queste ultime si inseriscono poi nel sistema inerziale (v. parte prima) nel quale valgono i principi base della natura (eco-sostenibilità) e dell’uomo (v. Piramide dei bisogni primari di A. Maslow), a prescindere dagli scenari tecnologici, politici e di mercato del momento. Un esempio per tutti: l’Ingegneria Biomedica è nata quando finalmente discipline diverse, storicamente inconciliabili tra di loro (se non proprio antitetiche), come la medicina, la fisica, l’ingegneria, l’informatica, ecc., si sono incontrate “interdisciplinarmente” nel suddetto sistema di riferimento inerziale, al fine di soddisfare un bene primario come quello della salute. Esempi come questi, nell’era della Net-Economy, come è facile constatare, si moltiplicano quotidianamente in maniera esponenziale. Ecco quindi, che il termine “devastante” utilizzato prima, non è per nulla esagerato, ma stigmatizza la necessità di gestire questa evoluzione accelerata della conoscenza.
Ritornando alla nostra “cassetta degli attrezzi” e ai componenti da assemblare (informazioni), risulta prioritario anche stabilire un “linguaggio universale di sintesi” (che sia comprensibile e ripetibile al di fuori di ogni contesto linguistico-lessicale): possiamo allora far uso della simbologia e della logica matematica (che è appunto universale) per esprimere sinteticamente i concetti finora espressi.
Ad esempio, per quanto riguarda la definizione di dati e informazioni, l’intera descrizione si ridurrebbe a :
- Dato = Funz [Codice alfanumerico, Unità di Misura, Modalità di Acquisizione, Qualità, Validità]
- Info = Funz [Espressione alfanumerica, Dinamica del Processo/Contesto di Riferimento, Processo di Inferenza, Grado di Influenza Post-Ante, Ciclo di Vita]
In altri termini, dati e informazioni sono esprimibili come funzione (Funz) o relazione delle variabili da cui dipendono, elencati nelle parentesi quadre “[]”.
A questo punto sarà prioritario stabilire anche un sistema di misura della “quantità” di conoscenza e del “valore” (qualità) della stessa, ma ecco qui un’altra “devastante” questione: ma come è possibile misurare qualcosa di intangibile?
La risposta è in un’altra domanda: nel ragionare e prendere ad es. una decisione, il nostro cervello risolve un’espressione algebrica o risolve per caso un sistema di equazioni? Certo che no. Allora forse c’è un “gap” tra quello che ci hanno insegnato a scuola nell’ambito della computazione dati (v. Matematica) e il modo “naturale” di computare informazioni, proprie del nostro cervello, modalità che è stata poi, in qualche modo “trasferita” nell’Informatica (v. Intelligenza Artificiale).
Qui si aprirebbe un ampio discorso sull’esistenza di altri tipi di matematica più vicine alla realtà quotidiana, come la “Matematica dei Frattali” (v. Benoît B. Mandelbrot, Les objets fractals: forme, hasard et dimension, 1986) la cui applicazione ci farebbe scoprire ad es. come la neve, gli alberi, il profilo delle nostre coste rispondono ad un criterio di autosimilarità e ripetitività, spiegherebbe addirittura “perché” in una macchina fotocopiatrice, per ridurre proporzionalmente un formato A3 in un equivalente A4 (la metà di A3) bisogna selezionare l’opzione “misteriosa” del 71%! Per fortuna c’è qualcuno che ha sintetizzato il concetto, in un meraviglioso filmato YouTube: “La vita sulla terra è basata sulla matematica frattale”
La difficoltà che si ritrova nella misura dell’intangibile è proprio nel fatto che siamo in genere restii a cambiare il nostro consolidato sistema di riferimento, avendo imparato da piccoli la computazione deterministica con i numeri (dati), anche se poi operiamo anche secondo processi di computazione non deterministica con le informazioni: si sa poi che la cosa più difficile è cambiare (a questo proposito, gli aforismi sul “cambiamento” si sprecano). Se però ad es. dobbiamo decidere cosa fare un venerdì sera, se uscire e andare in discoteca piuttosto che in palestra o al cinema, sulla base di informazioni sulle condizioni atmosferiche, sul nostro stato bioritmico, sul nostro oroscopo, o altro, noi non solo non risolviamo un algoritmo matematico, ma il fatto “sconvolgente” è che è possibile valutare (anche con una banale calcolatrice o con un foglio elettronico), qual è la soluzione più logica o più di “buon senso”, emulando in maniera esplicita quello che il nostro cervello fa naturalmente, in genere, in maniera implicita.
Fare ciò risulta possibile (anche intuitivamente) perché le informazioni esercitano un “peso dinamico” sul nostro ragionamento e sul risultato finale (target) della nostra decisione, frutto di una elaborazione “quali-quantitativa”, inserita nel peculiare contesto della nostra esperienza e conoscenza. Qui un esempio “numerico” concreto e ripetibile, aiuterebbe molto a fissare il concetto, ma per ovvi motivi di spazio ciò viene rimandato, insieme ad altri approfondimenti, nella prossima puntata di questo articolo (quarta parte).
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