Ormai è certo, innovazione e posti di lavoro non vanno più d’accordo. Fino a 15 anni fa ogni nuova innovazione distruggeva dei posti di lavoro in un settore e li creava in altri (gli operai venivano sostituiti dagli ingegneri che gestivano l’automazione industriale), ma internet ha paradossalmente bloccato questo ciclo virtuoso.
Le innovazioni tecnologiche e le economie di scala che genera la Rete sono tali che per ogni posto creato nel “mondo virtuale” ne vengono distrutti 10 o 20 nell’economia reale e non vengono più recuperati.
Un esempio valga per tutti: i software che alcune banche d’investimento utilizzano per automatizzare le compravendite di azioni in Borsa possono essere realizzati da una sola persona, gestiti da quattro esperti informatici e sono in grado di sostituire 60 analisti finanziari (5 contro 60, rapporto 1 a 12).
Non è un caso che anche nelle economie in crescita, come la Germania e gli USA, i posti disponibili per i lavoratori dipendenti diminuiscano e molti siano costretti a mettersi in proprio. Per questo motivo sono diventate strategiche le iniziative di supporto alle start up e all’imprenditoria in generale, a scapito dei classici ammortizzatori sociali, la cui efficacia è in crollo verticale.
Sia chiaro, innovazione e internet non sono dei nemici da combattere, ma da affrontare con gli strumenti giusti per generare una crescita sistematica dell’occupazione.
Il mondo è cambiato e non si può tornare indietro. Invece di tentare (inutilmente) di contrastare questa tendenza, sarebbe meglio guidarla, mettendo davvero in condizione chi vuole fare impresa di avere successo. Tra 20 anni il “posto fisso” sarà un fenomeno marginale, meglio non farsi trovare impreparati e agire prima. Il rischio è quello di abbandonare alla deriva anche la prossima generazione.
Spesso questo dato di fatto emerge nelle discussioni sul lavoro ed è inconfutabile ma, altrettanto spesso, ci si limita a commentare la situazione, a dare dei consigli per affrontarla (bisogna essere flessibili ma non è specificato come e quanto) ma mai, materialmente, viene suggerita una soluzione concreta per uscire da questo blocco. Perché? Perché, a dire il vero, una soluzione non c’è. Cioè…. una ci sarebbe ma non posso dirla qui.