Abbiamo incontrato Miriam Tomponzi, la super investigatrice italiana definita dal New York Times “The Queen of the New Intelligence”, per cercare di scoprire i segreti di un mondo poco esplorato dai media.
Quando aveva 23 anni e viveva in Svizzera, durante le ricerche di un caso su cui stava lavorando, le venne mostrata una valigetta stracolma di denaro: 20 milioni di franchi in contanti. Avrebbe dovuto dare una versione differente rispetto a quanto stava scoprendo. In quel momento scelse quale strada percorrere. E da che parte stare. Scansò l’allettante offerta economica. Oggi Miriam Tomponzi è ritenuta la miglior investigatrice al mondo.
Proclamata regina del settore dal New York Times che, dopo averle affidato in incognito cinque indagini difficilissime (da lei risolte in un paio di anni), titolare dell’agenzia Tomponzi Investigations sulla scia genetico- professionale del padre Tom – e attualmente presente con sedi a Roma e a Milano – Miriam rafforza il ruolo femminile nella società.
In questo momento epocale, particolarmente vessato da continue dichiarazioni di stupri, oltraggi, molestie alla quota rosa, simboleggia l’indomita energia psicofisica e intellettuale unisex. Lei bellissima donna che parla cinque lingue e ha l’accento cosmopolita, si proietta costantemente in difesa di ogni forma di ingiustizia, verso uomini o esponenti del gentil sesso.
Iper-disciplinata ed estrosissima, viene anche definita “il generale” per la sua formidabile tempra. D’altronde Miriam ha trascorso la vita a stanare la criminalità quotidiana, da contraffazioni a evasione di capitali e riciclaggio. Facendo lo slalom tra la peggior feccia immaginabile, indossando parrucche mimetiche e arrampicandosi sugli alberi, trovandosi seriamente in pericolo. Eppure non ha mai trascurato le pubbliche relazioni, presenziando nei salotti elegantissima e sensuale.
Cosa significa per lei essere una investigatrice?
Non so se si nasca, si diventi e quando si diventa…Alla base c’è la ricerca della verità, perché solo con essa in mano sappiamo come muoverci. Per ognuno restare con un dubbio, appesi a qualcosa, non vedere oltre con chiarezza rappresenta un problema: è come guidare nella nebbia. Cerco di ridare l’autonomia, di fare in modo che chiunque si rivolga a me si possa riappropriare dell’evidenza…certo, spesso fa molto male, ma è necessaria per procedere nella vita.
Quali sono le caratteristiche che lei ritiene ad hoc per poter intraprendere la sua professione?
Dar fiducia! Metterci la faccia! Il mio è un lavoro molto chirurgico, ogni caso è a sé, deve nascere un’empatia tra il cliente e l’investigatore: veniamo a sapere ogni tipo di segreto e problema, dobbiamo essere estremamente riservati. Quindi direi che, dopo o prima dell’empatia, siano caratteristiche fondamentali etica, intuito, vasto background, forte meticolosità (pur avendo fantasia) e tanta tenacia.
E la laurea in criminologia?
Macché, non serve. Dopo un buon liceo, la miglior scuola è crearsi un’ampia visione d’insieme, dello studio all’esperienza in generale sul campo. Tutte le discipline possono essere utili a un investigatore: d’altronde le leggi danno i parametri in cui potersi muovere, la conoscenza del mondo degli affari aiuta a capire e a proteggere dalle truffe …e poi, tra sofisticazioni alimentari, fughe di formule farmaceutiche, contraffazioni… siamo tutti spiati e/o intercettati.
Qual è la sua giornata-tipo?
Spesso la mattina mi occupo di docenze, ai direttori risorse umane/marketing come ai manager che devono dare qualcosa in outsourcing. L’argomento principale è sempre quello della sicurezza. In genere mi sveglio verso le 6.30 e penso a cosa dovrò fare durante la giornata, inizialmente traccio una scaletta mentale. All’ora di colazione, 13-13.30, cerco (compatibilmente con gli impegni) di far ginnastica. Mi dedico al crossfit, una disciplina funzionale molto performante. Mi piace tantissimo anche perché è l’unico momento in cui non do ordini, ma li ricevo dall’allenatore! Trascorro poi il resto del giorno tra appuntamenti con clienti – personali o in conference call, relazioni da visionare, dibattimenti in tribunale.
E chi è il suo cliente numero uno?
L’industriale che deve tutelare la sua società, dal recupero di denaro alla sicurezza informatica. I miei clienti sono soprattutto titolari di piccole imprese, non mi occupo solo di grandi aziende o multinazionali.
Com’è composto il suo staff operativo?
Negli anni ho capito che meglio pochi ma buoni! Il mio è un mestiere molto delicato ed esposto anche alla corruzione di chi lo svolge e io su questo punto sono severissima, la fedeltà e la riservatezza sono dei un valore fondante.
Infine..
…infine, sono sempre alla ricerca di verità e giustizia.
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