Iran, la storia controversa di un paese strategico in perenne conflitto con i suoi vicini

Non si può capire la complessità del Medio Oriente senza conoscere la storia millenaria dell’Iran, un paese ad altissimo impatto strategico in perenne conflitto con i suoi vicini e con gli Stati Uniti.

L’Iran, culla della civiltà indoeuropea, ha da sempre avuto una storia controversa, a tratti contraddittoria: origine del primo Impero persiano fondato da Ciro il Vecchio, poi centro dell’Impero che volle rifondare e ridisegnare Dario il Grande.

L’Iran è stato il cuore della Persia. Dal XVI secolo, con i Safavidi, la Persia diventa il nucleo pulsante dell’Islam sciita, ed oggi, insieme alla Siria, rappresenta il punto di riferimento antitetico al mondo sunnita dell’Egitto e dell’Arabia Saudita. Con l’Arabia Saudita l’Iran ha da sempre avuto un rapporto dialettico e difficile. Due paesi diversi, due grandi produttori di petrolio e gas, due visioni contrapposte dell’Islam.

L’Iran nel Novecento si è proposto come Paese islamico leader nel difficile puzzle mediorientale. Per capire bene l’Iran moderno, dobbiamo capire la storia del secolo che abbiamo alla spalle, le due grandi guerre mondiali, la geopolitica del petrolio, i tentativi di emanciparsi dal teocentrismo, puntualmente smentiti da regimi, guerre e rivoluzioni che si sono alternate nel tempo.

Il primo e il secondo scià di Persia

L’Iran moderno è figlio della dinastia Pahlavi. Nel 1925 Reza Khan depone la dinastia regnante Qagiar e si fa incoronare scià di Persia. Durante la Seconda Guerra mondiale, gli Alleati temono che lo Scià di Persia abbia simpatie per la Germania di Hitler e fanno sì che abdichi in favore del figlio, Muhammad Reza. Nel 1951 quest’ultimo si oppone alla misura, di matrice nazionalista, proposta dal primo ministro Mossadeq di nazionalizzare la britannica Anglo-Iranian Oil Company, che aveva in concessione quasi tutta l’estrazione e la commercializzazione del petrolio di Teheran.

Lo scià fu inviato in esilio a Roma, e solo nel 1953 fu aiutato dagli americani a risalire al trono, mentre il Governo Mossadeq cadeva definitivamente. Negli Anni ’60 lo scià iniziò una politica riformista, basata su una politica estera filo americana, passata alla storia come la “rivoluzione dello scià e del popolo” che prevedeva una riforma agraria, industrializzazione, istruzione, servizi sanitari ed emancipazione delle donne. Il tutto finì nel 1978 a seguito della rivoluzione del 1977, figlia della sopravvenuta recessione degli anni ’76-’77. In patria, dunque, fece ritorno l’ayatollah Khomeini e nel 1979 fu istituita, con un referendum, la Repubblica, basata su una carta costituzionale che decretava il carattere islamico del nuovo Stato e che concedeva a Khomeini poteri a vita.

La Repubblica islamica di Khomeini e la guerra con l’Iraq

Il governo dello scià di Persia, durato 37 anni finisce traumaticamente, tramonta il sogno di trasformare l’Iran in un Paese islamico moderato, come Ataturk fece con la Turchia. Con l’ayatollah Khomeini la storia della Repubblica islamica si sarebbe compressa, per tornare indietro. Gli Usa furono definiti il “Grande Satana”; alcuni americani non capirono fino in fondo il valore di questa rivoluzione: fu il caso di Zbigniew Brzezinski, advisor per la sicurezza del presidente Jimmy Carter, che spingeva per un colpo di stato immediato che riportasse lo status quo. Ma questo non fu mai possibile, i vertici militari iraniani non presero mai in considerazione questa eventualità e neanche Carter ne fu mai convinto.

Il periodo del governo di Khomeini fu caratterizzato, inoltre, dalla guerra con il vicino Iraq, governato da Saddam Hussein, una guerra che durò 10 anni. Formalmente scoppiò per una questione di confini, ma di fatto Bagdad voleva fermare l’eventuale sopravvento di Teheran nell’islamizzazione di tutta l’area del Golfo Persico. L’Iran, seppur militarmente meno preparato, fu sul punto di invadere l’Iraq e la città di Bassora. Questo provocò la creazione, contro Teheran, di una coalizione tra gli USA e i Paese arabi moderati, come l’Arabia Saudita.

Missili e nucleare, da Ahmadinejad a Rouhani

L’Iran, nel periodo della guerra con l’Iraq, ha sviluppato il suo programma missilistico e nucleare. Per il programma missilistico gli iraniani hanno potuto contare sull’appoggio di Corea del Nord, Russia e Cina. Mentre, secondo gli storici, fu nel 1987 che Teheran iniziò il suo cammino verso il programma nucleare stabilendo rapporti con il Pakistan, unica nazione musulmana a disporre di armi atomiche.

Nel 1989, alla morte di Khomeini, la “Guida della Rivoluzione” fu presa da Ali Khamenei, con i governi di Hashemi Rafsanjani, che avviò una politica di liberalizzazione economica volta ad attrarre investimenti esteri; la primavera iraniana, come molti l’hanno definita, si spense però nel 1997 a causa dell’opposizione delle correnti conservatrici che erano presenti in tutti gli strati economici e sociali della vita iraniana, non ultimo quello petrolifero. Le elezioni presidenziali del 1997 fecero registrare la vittoria del moderato Mohamad Khatami, anch’egli portatore di una visione aperta del Paese, e allo stesso tempo contrastato dalle correnti conservatrici del Paese che alle presidenziali del 2005 vinsero con l’allora sindaco di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad. Quest’ultimo – esponente della famiglia ultra-conservatrice, sospettato di aver partecipato al sequestro dell’ambasciata americana nel 1979 – ha bloccato il corso riformista del Paese, ed ha riavviato il programma nucleare, appoggiando i partiti sciiti di Afghanistan e Iraq. Alle elezioni del 2013 viene eletto Hassan Rouhani, dopo una campagna in stile occidentale che promette un miglioramento della situazione economica per i cittadini iraniani. Rouhani è un ex negoziatore nucleare che è riuscito ad ottenere non solo l’appoggio della Guida Suprema Khamenei, ma anche il consenso di strati conservatori della società, convinti che la politica di Ahmadinejad sia stata isolazionista e deleteria per il popolo iraniano. In occasione di un intervento all’Onu, a settembre del 2013, Rouhani dichiarò di voler mettere l’Iran al centro della comunità internazionale, e visto qual è stato l’esito dei negoziati sul nucleare, possiamo dire che ha mantenuto la promessa.

La rielezione di Rouhani

L’ex presidente Mahmud Ahmadinejad si è ricandidato alle presidenziali di quest’anno, ma è stato respinto dal Consiglio dei Guardiani, incaricato di approvare in via preventiva i candidati, decisione che aveva già riaperto la strada ad una rielezione del presidente in carica, Hassan Rouhani. Rohani è stato poi confermato alla presidenza della Repubblica iraniana per il secondo mandato, con il 56,88% dei voti. Il Paese ha scelto la politica dell’apertura e del dialogo. «L’Iran è disponibile a rafforzare e ad ampliare i legami internazionali in tutti i campi», ha messo in chiaro Rohani dopo la sua rielezione. Queste aperture sono state al centro dell’accordo sul nucleare del luglio 2015.

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Giornalista economico della Federazione Svizzera e Direttore di Outsider News.

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