I virus sono come le guerre, spostano enormi ricchezze. Così come il secondo conflitto mondiale sancì la definitiva supremazia economica degli Stati Uniti sulla vecchia Europa, così il Covid sta amplificando il potere economico dei giganti digitali (gli “Over The Top“).
Uno degli effetti a breve termine della pandemia è stato quello di accelerare il processo di digitalizzazione delle nostre vite, dalle videochiamate come unico mezzo di socialità alla spesa online come modalità di sostentamento. Questo ha senza dubbio consegnato ancora più potere alle multinazionali digitali che già lo detenevano.
Apple, Amazon, Google e Facebook in Occidente, ma anche Alibaba, Baidu, Tencent e Xiaomi in Oriente, hanno beneficiato dei lockdown che hanno colpito buona parte del mondo.
Queste ‘bandiere del capitalismo online’ “hanno dato l’impressione di essere quasi invincibili, in un mondo dove tutto il resto ora sembra fragile”, ha dichiarato l’economista parigina Joelle Toledano. Mentre i governi erogano fondi per evitare la bancarotta di molte compagnie e la disoccupazione di massa, il valore delle azioni di queste compagnie è salito nel corso dell’anno: dal +35% di Facebook al +68% di Apple nel 2020.
Zoom, piattaforma per le riunioni online creata nel 2011 da un ingegnere californiano, ha visto il prezzo delle sue azioni salire del 600% nel 2020, mentre il valore di AirBnb è raddoppiato rispetto all’offerta pubblica iniziale.
Le applicazioni cinesi, intanto, hanno invaso gli app store di tutto il mondo dopo essere state inizialmente confinate nel mercato locale: principalmente TikTok, ma anche Shein per l’acquisto di abbigliamento e la piattaforma di condivisione video Likee.
Riprendere il controllo
La pandemia ha rafforzato questi giganti digitali, ma ha anche dato la spinta per una maggiore regolamentazione della loro espansione attraverso continue acquisizioni.
“Fino al 2017, i benefici in termini di innovazione e progresso tecnologico venivano considerati maggiori del danno causato”, ha detto Toledano, che ha scritto un libro sulla ripresa del controllo nei confronti di Google, Amazon, Facebook e Apple.
La situazione è cambiata da quando sono accusate di non pagare abbastanza tasse, di portare avanti una concorrenza sleale, rubare contenuti media e diffondere fake news.
L’Unione europea ha svelato un’ambiziosa regolamentazione per tenerle sotto controllo, che varia dalla limitazione dei loro poteri sul mercato a una stretta sui discorsi d’odio e nuovi requisiti di trasparenza per gli algoritmi.
Imparando dai fallimenti precedenti, ovvero procedimenti lenti e sanzioni deboli, il Digital Services Act potrebbe vedere le compagnie subire multe consistenti o addirittura l’esclusione dal mercato europeo nel caso di violazioni.
La responsabile della concorrenza Ue Margrethe Vestager ha dichiarato che la nuova legislazione porterà ordine al caos online, tenendo sotto controllo i ‘gatekeeper’ che dominano i mercati.
Anche gli Stati Uniti stanno agendo sulle preoccupazioni riguardanti la concorrenza, con le autorità antitrust statali e federali che hanno presentato cause contro Facebook il 9 dicembre per la sua acquisizione di Instagram e Whatsapp.
“Per quasi dieci anni, Facebook ha usato la sua posizione dominante per distruggere rivali più piccoli ed eliminare la competizione, alle spese degli utenti”, ha dichiarato Letitia James, procuratore generale di New York.
A ottobre il dipartimento di Giustizia e altri 11 Stati americani hanno lanciato una procedura contro Google, accusandola di aver rafforzato illegalmente il suo monopolio su ricerche e pubblicità online.
In Cina, nel frattempo, le autorità da mesi stanno rendendo più stringente il controllo sui contenuti e hanno recentemente annunciato una nuova regolamentazione sull’e-commerce. La sospensione dell’offerta pubblica iniziale del gigante dei pagamenti digitali Ant Group, operata a novembre dal governo cinese, è stata interpretata come un attacco diretto al settore.
Le autorità hanno lanciato un’investigazione anti-monopolio nella compagnia proprietari di Ant, Alibaba, dopo che i leader del Partito Comunista hanno deciso di dare una stretta “all’espansione disordinata del capitalismo”.
Piccoli danni economici per i colossi digitali
Nonostante le proteste pubbliche per il mancato controllo di disinformazione e hate speech, tra le altre cose, le aziende tecnologiche hanno subito uno scarso impatto sui loro profitti.
Negli Stati Uniti, Facebook è stato boicottato a luglio da un centinaio di pubblicitari in occasione del movimento Black Lives Matter, senza alcun danno economico significativo.
Le piattaforme Uber e Lyft, che si sono rifiutate di riconoscere le migliaia di conducenti affiliati come dipendenti come richiesto dalla legge californiana, sono riuscite a convincere i votanti a supportare la loro causa in un cruciale referendum a novembre.
Infine, in Francia Amazon è accusata di distruggere le piccole imprese, sfruttare i propri dipendenti e promuovere il consumismo eccessivo senza riguardo per l’ambiente, eppure la compagnia di Jeff Bezos ha registrato vendite da record durante i saldi del Black Friday.
Come arginare il “Capitalismo della sorveglianza”
Shoshana Zuboff, docente alla Harvard Business School e autrice di un libro sul “capitalismo della sorveglianza”, ha denunciato la vendita dei dati personali alle compagnie pubblicitarie.
Jacques Cremer, docente alla Scuola di Economia di Tolosa, in Francia, ha dichiarato che è normale che Facebook, Google o Twitter “usino i dati che hanno su di noi per mostrarci pubblicità”.
“Dobbiamo imporre regolamenti sulle piattaforme, ma senza farle diventare capri espiatori”, ha detto Cremer, che è stato consulente della Commissione europea su questa regolamentazione lo scorso anno.
In tutto il mondo ci sono, insomma, posizioni differenti.
Qualcuno in America sta pensando di costringere i giganti digitali ad uno “spezzatino”, dividendoli in società più piccole da vendere sul mercato, come successe con la Standard Oil di Rockfeller (che diede poi vita alle famose “sette sorelle del petrolio”) o alla compagnia telefonica Bell.
Operazione non semplice perchè allora erano aziende con impianti petroliferi e torri di trasmissione fisiche dei segnali, facili da individuare e dividere. Oggi bisogna fare i conti con delle multinazionali che hanno nella gestione dei dati il loro cuore pulsante, difficili da individuare, monitorare e dividere.
La vecchia Europa, stretta tra le big tech americane e cinesi, oltre a trovare delle forme di regolamentazione efficaci, dovrebbe iniziare ad immaginare anche di promuovere lo sviluppo di “campioni continentali” in grado di competere con questi colossi non solo sul piano dei profitti, ma anche e soprattutto sul piano del rispetto della privacy. I cittadini di tutto il mondo apprezzerebbero e premierebbero queste aziende perchè ormai si è sviluppata una grande sensibilità su questo tema.
Per battere dei giganti “cattivi” ci vogliono dei giganti “buoni”.
Nel frattempo, gli Over The Top continuano a crescere e a macinare profitti cannibalizzando gli operatori più piccoli, complice il prolungarsi della pandemia.
Sarà un lungo percorso, ma una soluzione per evitare che delle aziende private possano controllare quasi tutti gli aspetti della nostra vita va trovata, restituendo agli Stati la loro sovranità e ai cittadini la loro libertà.