La rivoluzione dello Shale Gas

Gli Stati Uniti stanno rivoluzionando il mercato del gas mondiale e la geopolitica delle fonti energetiche. La crescente domanda di energia da parte dei paesi emergenti ha portato il costo del Brent fino ai 145 dollari al barile. Una soglia che ha spinto scienziati e imprese statunitensi ad impegnarsi nella ricerca sia di nuovi giacimenti che di fonti alternative al petrolio. Il tutto allo scopo di rispondere alle rinnovate esigenze energetiche del paese, garantendo contestualmente costi più contenuti o quantomeno stabili.

La conseguenza di questa nuova strategia energetica è stata il moltiplicarsi dei siti di estrazione, passati da 800 a 2.000 in pochissimi anni, che hanno portato gli USA a diventare il primo paese al mondo per riserve energetiche. Gli Stati Uniti, come evidenziato dai dati della Energy Information Addministration (EIA), diventeranno virtualmente autonomi entro il 2035.

Ma come è stato possibile invertire in modo così repentino la marcia di una nazione che, da grande consumatrice, si sta affermando come principale produttrice di energia? E’ presto detto: grazie a politiche pubbliche mirate di investimento, che hanno consentito alla ricerca e alle imprese di valorizzare una tipologia di gas cosiddetta “non convenzionale”, che fino a qualche anno fa veniva ritenuta inutilizzabile. Trattasi dello shale gas (“gas da argille”),  un gas che viene estratto con una complessa procedura dalle rocce di argilla. Grazie alle nuove tecnologie si è tramutato ben presto nella fonte energetica a più alto taso di sviluppo potenziale.

La produzione complessiva di shale gas rappresenta oggi circa il 15% del gas naturale prodotto in America, ed entro il 2030 la produzione dovrebbe arrivare a coprire il 63%. Il vento di cambiamento, con le sue conseguenze benefiche, non ha tardato a farsi sentire anche sugli scenari macroeconomici e politici mondiali,  che di riflesso stanno ridimensionando il ruolo della Russia, che soprattutto nel vecchio continente aveva ottenuto negli ultimi anni il “coltello dalla parte del manico”, costringendo spesso l’Europa ad abdicare o ad abbozzare su richieste ed atteggiamenti non sempre accettabili. Diversamente, oggi esiste un forte eccesso di offerta di gas che ha portato al calo dei prezzi sui mercati internazionali e, qualche volta persino sulle bollette dei consumatori.

Lo Shale Gas si prepara, quindi, a rivoluzionare anche gli equilibri geopolitici tra paesi produttori e paesi consumatori.

Un trend, quello mondiale, che l’Italia potrebbe cavalcare da protagonista, a patto di investire su infrastrutture tecnologiche in grado di contenere il gas liquefatto per renderlo trasportabile via mare. Parliamo dunque di rigassificatori e i liquefatori, anche se le recenti vicende di Trieste, dove un impianto di questo tipo è stato bloccato e rimandato alle calende greche, non fanno certo ben sperare.

Il nostro paese dovrebbe dotarsi di una vera politica energetica per tentare di giocare il ruolo di piattaforma energetica del Mediterraneo.  Sul tema dell’energia si gioca da sempre una partita che investe il futuro del mondo, e per una volta sarebbe importante non arrivare ultimi, anche perché abbiamo un bisogno disperato di futuro. Futuro che è impossibile da immaginare senza sfruttare le possibilità offerte tanto dallo Shale Gas quanto da quelle offerte dalle cosiddette fonti alternative. Il tutto senza dimenticare le risorse estrattive ancor oggi inutilizzate che se usate nel rispetto dell’ambiente, potrebbero ridurre la dipendenza dell’Italia dai paesi produttori ed abbattere, quindi, i costi energetici.

About Angelo Bruscino 5 Articles
Presidente Confapi Campania, imprenditore impegnato nella Green Economy

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