Una mattina, come ogni mattina, un uomo esce di casa e porta a passeggio il suo cane. Sceglie il percorso più breve per raggiungere il parco, perché il cielo minaccia pioggia. Attraversa la strada e cammina svelto sotto una grondaia, proprio mentre una grossa tegola pericolante sta per cadere. La tegola precipita e colpisce direttamente la testa dell’uomo che s’accascia a terra privo di vita, abbandonando per sempre ogni suo sogno insieme al povero cane afflitto.
Che cos’è successo? Potremmo semplicemente dire che si è trattato di una morte accidentale. Tuttavia, in questi casi, la serie di coincidenze sfortunate ripercorsa a posteriori ci porta a pensare che s’è trattato di un destino crudele, di un fato amaro, di chissà quale inafferrabile volontà. Se solo l’uomo non fosse uscito quella mattina, se solo avesse percorso un’altra strada, se ci fosse stato il sole, se il cane l’avesse attirato verso un prato, si fosse messo a inseguire un gatto e così via … Quante altre sorti differenti sarebbero potute capitare al pover’uomo. Invece no: quello era il suo destino, evidentemente!
Quello di trovare a tutti i costi un senso, un segno, una direzione nei fatti è uno schema di ragionamento tipicamente umano, perché non è sopportabile per un essere intelligente come noi dover ammettere di trovarsi di fronte ad eventi inspiegabili, oltretutto se concatenati tra loro verso un epilogo così drastico. Da qui, arrivare a pensare che dietro tutti gli avvenimenti apparentemente effimeri ci sia una regia, un piano misterioso, un disegno inafferrabile e inevitabile, il percorso è breve. Breve e pericoloso.
Il libro di Telmo Pievani, La vita inaspettata, edito da Raffaello Cortina Editore, spiega come i fatti, così come tutta la storia, non abbiano una direzione, e la ‘casualità’ sia in realtà ‘contingenza’, ovvero concatenazione di possibilità, non di necessità. In altre parole, l’interferenza non necessaria tra due dinamiche di fatti, indipendenti tra loro e con una logica intrinseca, rende alla fine possibile un esito, che non è tuttavia frutto di un progetto ma di un fortuito intreccio di dettagli, i quali avrebbero potuto portare altrove.
Il problema è che, quando due catene di fatti indipendenti s’incrociano, possono provocare l’improbabile, l’inatteso, a volte talmente straniante e beffardo da indurci a pensare ad una mano invisibile che dirige il gioco. Come fosse il copione di un film con un finale già assegnato in cui noi, esseri viventi, siamo solo inconsapevoli comparse.
Per arrivare a dimostrare che così non è, Pievani parte da molto lontano. Esattamente dalla Preistoria. Ripercorre alcune tappe dell’affascinante cammino dell’evoluzione umana a partire dai più semplici batteri unicellulari fino ad arrivare all’uomo tecnologico di oggi, immaginando quello che sarà domani. In sottofondo, la voce di Charles Darwin sussurra tra le pagine, dando la sensazione di sfogliare un libro dentro il libro: le sue lettere, i suoi appunti, le sue riflessioni sempre precise e oneste, trapelano in un costante dialogo tra stupore e logica, tra emozione e razionalità, mescolandosi alle parole altrettanto appassionate di Pievani. Dalla lettura dei taccuini di Darwin, emerge un uomo di scienza e di passione, un rivoluzionario culturale e filosofico, oltre che scientifico, nient’affatto ambizioso di fama e gloria ma semplicemente di chiarezza. Egli, infatti, tenne le sue annotazioni segrete per vent’anni, proprio perché sapeva avrebbero fatto vacillare le presunzioni umane insieme alla vanagloriosa illusione d’essere sovrani sulla Natura e frutto indiscusso dell’eccezionale vittoria del più forte e intelligente sul più debole e incapace. Niente di più ridicolo: un verme policheto come la Pikaia avrebbe potuto avere la meglio sull’Homo Sapiens in altre circostanze e, oggi, la Terra potrebbe essere popolata da rettili piumati e pesci con le dita, anziché da esseri tecnologici e computerizzati. I risvolti culturali innescati dal darwinismo sono vertiginosamente vivi e pulsano come un vulcano sornione sempre pronto ad eruttare. Per questo, ancora oggi, Darwin è un boccone duro da digerire al di fuori dell’ambiente scientifico e mantiene accesa, dopo tanti anni, un’accattivante sfida culturale che ha inevitabilmente scomodato anche teologia ed etica, sfida di cui Pievani si fa portavoce, provocando qua e là, benevolmente ma con puntiglio, La Vita autentica del suo collega e contraltare Vito Mancuso.
In poco più di duecento pagine, Pievani manda in frantumi l’allucinazione di eccezionalità indiscussa dell’Essere Umano, facendo cadere come un castello di carte l’idea di ‘anello mancante’, di unicità della specie, di ineluttabilità della storia e dell’evoluzione. In verità, comparando tutti gli studi e i reperti finora a disposizione, pare non ci sia stato alcunché di ineluttabile e lineare nel corso dell’evoluzione. La Storia non è una palla da biliardo diretta in buca e la Vita è stata sempre una corsa con una infinità di atleti, nemmeno tutti rintracciabili ma di certo spesso sovrapposti e mescolati tra loro, così diversi e così uguali. Una corsa non regolare e progressiva ma a zigzag e sempre imprevedibile fino alla svolta successiva, le cui regole sono state dettate dalle contingenze ambientali di un ecosistema in costante trasformazione, dalle oscillazioni climatiche e dalle circostanze ecologiche che, più volte nel corso dell’evoluzione, hanno infilato gli esseri viventi in quello che gli esperti chiamano il ‘collo di bottiglia’ evoluzionistico. Gli Esseri Umani attuali discenderebbero, perciò, da quelle poche creature sopravvissute agli eventi fluttuanti e ramificati di un Grande Passato che avrebbe potuto svolgersi in maniere completamente differenti.
In altre parole, per tornare alla metafora dell’uomo con il cane, nel corso dell’evoluzione di tegole pericolanti ce ne sono state a bizzeffe e ne son piovute infinite volte, decretando la condanna di alcuni e la grande occasione di altri. Tuttavia, non sempre le tegole hanno colpito i più deboli a vantaggio dei più forti, e non sempre la sopravvivenza è stata frutto di competizione e lotta ma anche di collaborazione e contingenza, appunto.
Gli scenari possibili della storia dell’evoluzione sono infiniti, dunque, un po’ come nel film Sliding Doors, in cui le scelte della protagonista danno vita a svolgimenti diversi: ogni narrazione ha una consequenzialità, il cui senso sarà afferrabile solo a posteriori, consequenzialità che si ramifica in mille rivoli e meandri a partire da una minuscola, insignificante biforcazione, il cui esito dipende a sua volta da un ventaglio di dettagli imponderabili.
In conclusione – senza tuttavia giungere a una vera conclusione perché si sta parlando di un fiume che scorre nuotandoci dentro – il castello di carte di un’evoluzione lineare e progettuale crolla sotto un alito di vento. L’assenza di un fine e la non unicità della specie sono gli ingredienti non ancora metabolizzati della rivoluzione darwiniana che spingono talora a preferire teorie rivisitate e più comode del darwinismo, se non rifiutarlo del tutto. In ogni caso, nella sfida tra cruda necessità e finalità intenzionale, tra scienza e fede, tra realtà e trascendenza, l’onere della prova spetta a chi pone le ipotesi, lasciando ognuno libero in cuor suo di credere, illudersi, sperare ma soprattutto cercare di capire, senza innamorarsi di falsi profeti. E poiché, come diceva Primo Levi, è difficile distinguere i profeti veri dai falsi, è bene averli in sospetto tutti, rinunciando alle verità rivelate anche se esaltanti, e preferendo invece piccole verità, modeste ma conquistate faticosamente e senza scorciatoie, tramite il ragionamento e la discussione. Solo così, forse, potremo capire che essere sganciati da un disegno invisibile ci rende liberi e responsabili in questo frammento di spazio e tempo che ci è concesso di vivere. E visto che siamo protagonisti inattesi e temporanei in un universo tra tanti, cogliamo la straordinaria occasione di meritarci questo piccolo spazio cosmico, rendendo davvero autentica la nostra vita! Ricordiamo a noi stessi che siamo a volte portati a far guerre e combatterci l’un l’altro, è vero, ma che siamo anche in grado di curare e salvare vite, comporre sinfonie e opere d’arte, scrivere leggi e poemi, esplorare lo Spazio, il cervello e l’inconscio … Allora, se saremo abbastanza saggi, cresceremo forti come la ginestra di Leopardi che spunta, nonostante tutto, nel deserto dell’amoralità e spande sulle ceneri laviche il suo profumo delizioso di contagiosa vitalità.
Il dialogo tra tutte le discipline culturali è probabilmente la vera chiave di lettura del presente di un uomo che s’è svegliato da illusioni millenarie e che prende finalmente atto d’essere uno zingaro ai margini dell’Universo in cui deve vivere. In questo immenso panorama umano, la contingenza, come conclude Pievani, non esclude l’etica, anzi la implica perché rende responsabile ognuno di noi di ogni piccola, grande azione, in ogni istante. Parimenti, la contingenza non impedisce di vivere per qualcosa di più grande di sé, perché qualcosa di immensamente grande c’è ed è il Futuro.
Se entrassimo in una immaginaria sala di proiezione e facessimo scorrere di nuovo la pellicola della Storia, probabilmente non assisteremmo allo stesso film con lo stesso finale, anche se non è possibile verificare ciò. Ma quel che è certo è che il film del Futuro è ancora tutto da girare, tutto da inventare e, per quanto ci è umanamente concesso, è completamente nelle nostre mani, visto che nessuna ‘necessità’ ce lo potrà mai rubare.
Arrivare all’ultima riga del libro di Telmo Pievani equivale a rincasare dopo aver fatto un giro sulle montagne russe della Vita: la nostra casa non ci pare più la stessa. Il panorama dipinto tra le pagine mozza il fiato e l’ondeggiare tra paleontologia e biologia, antropologia ed etica, psicologia e neuroscienze, tra scienza e teologia … tra Pikaia, Uomo e Dio, dà una sensazione d’immensità e di precarietà mescolate insieme.
Rincasiamo, dunque, con una gran voglia di cercare risposte e di non smettere mai d’essere curiosi, pieni di voglia di vivere e di uscire di casa ogni mattina col sorriso anche se piove, con il nostro cane al guinzaglio (e guarda caso non viceversa!), felici di passeggiare per questo spettacolare e imprevedibile Mondo che, con i suoi tanti silenzi, ci lascia benevolmente liberi.
Liberi e responsabili di passare il testimone della Conoscenza ai nostri figli, perché possano crescere consapevoli d’essere davvero artefici del proprio Futuro.
Ammetto di essere di parte in quanto ho il piacere di aver condiviso e di condividere esperienze letterarie con Paola Cerana e dunque di lei conosco e ammiro le squisite capacità di scrittrice. Ma ciò che la rende assolutamente unica è la sua capacità di critica giornalistica che le consente di trasformare i testi che legge e le interessano, in articoli talmente belli e interessanti da eguagliare, e talvolta superare, il valore degli stessi. Come in questo caso.