L’America è ancora un alleato per l’Europa?

Doveva essere un buon incontro secondo le previsioni di Donald Trump. E invece, il presidente americano e Volodymyr Zelensky hanno finito col litigare davanti alle telecamere e agli occhi sbigottiti dei presenti.


Il presidente americano ha accusato il numero uno ucraino di “mettersi in una pessima posizione” e di “non avere le carte in mano” per un accordo con la Russia: “Non puoi dire voglio questo o quello. Dovete essere riconoscenti. O fai l’accordo o noi siamo fuori. Giochi con la terza guerra mondiale” ha urlato Trump. “Non sono qui per giocare a carte”, gli ha risposto il presidente ucraino che il vicepresidente Vance ha accusato di essere “irrispettoso”. Lo scontro è andato avanti per 20 minuti. “Senza le nostre armi avresti perso la guerra in due settimane”, ha detto ancora il tycoon, aggiungendo che Zelensky “non è tanto intelligente”.

Trump aveva ricevuto il leader ucraino per finalizzare l’accordo sui minerali strategici. L’intesa è un primo passo per ottenere garanzie di sicurezza”, ha detto Zelensky, per poi precisare: “Putin è un killer, no a compromesso”.

Cosa prevede l’intesa?

La versione finale dell’accordo che Zelensky avrebbe dovuto firmare pubblicata dal Kyiv Independent, prevede l’istituzione di un fondo, che sarà anche aperto a terzi, in cui Kiev contribuirebbe con il 50% dei proventi derivanti dalla “futura monetizzazione” delle risorse minerarie di proprietà statale, tra cui petrolio e gas, e la logistica associata. Il fondo giocherebbe un ruolo nello sviluppo di alcune delle risorse minerarie dell’Ucraina attraverso il finanziamento di progetti estrattivi. Nei giorni scorsi Trump ha parlato più volte di “terre rare”, ma è probabile che si riferisse in realtà ai “minerali critici”, un gruppo di materie prime – di cui fanno parte anche le terre rare – indispensabili per alcuni settori strategici dell’economia, come la difesa, l’elettronica o la transizione energetica.

L’Ucraina, che non possiede riserve rilevanti di terre rare, vanta infatti giacimenti sotterranei di minerali essenziali, tra cui litio, grafite, cobalto, titanio. Inoltre, c’è il rischio che il sottosuolo del paese non sia così ricco di materie prime come ritenuto da Washington. Sulla carta, il potenziale estrattivo è enorme, in pratica, scrive Politico, l’entità del patrimonio minerario ucraino è ancora in gran parte un mistero. Il governo di Kiev segnala l’esistenza di oltre 20mila depositi e siti minerari, di cui solo 8mila sono giudicati effettivamente sfruttabili.  

Nessuna garanzia per Kiev?

Mentre Trump intende intestarsi i meriti di “una vittoria” conseguita nell’interesse degli Stati Uniti, appare meno chiaro ciò che l’intesa porterebbe in dote per l’Ucraina. Oltre a questioni cruciali, come l’entità della partecipazione statunitense nel fondo e i termini degli accordi di “proprietà congiunta”, che dovranno essere discussi in accordi successivi, nel documento non si fa alcuna menzione dell’impegno Usa a garantire la difesa del paese invaso. Se anche riuscisse a rimuovere gli aspetti più punitivi dell’accordo proposto, infatti, la verità è che Zelensky sta cercando di usare la leva delle risorse per ottenere le garanzie di sicurezza di cui l’Ucraina ha bisogno per sopravvivere dopo qualsiasi accordo di pace. Ieri, a Istanbul, diplomatici russi e americani sono tornati ad incontrarsi nell’abito di un negoziato che, di fatto, esclude Kiev. Per questo, il leader ucraino sarà invece in prima fila tra i partecipanti, domenica a Londra, alla riunione sulla difesa comune europea e sulla sicurezza dell’Ucraina convocata da Keir Starmer. Il summit, riferisce Downing Street, includerà leader di alcuni Paesi dell’Ue ed extra Ue, oltre ai vertici dell’Unione e della Nato. Ma sarà allargato – rispetto al formato di quello ospitato a Parigi nei giorni scorsi da Emmanuel Macron, ai capi di governo di Norvegia, Svezia e Finlandia, Repubblica Ceca, Romania. E soprattutto della Turchia, novità più significativa delle ultime ore.  

Trump, alleato ambiguo o ostile?

La bufera di oggi alla Casa Bianca riflette il clima di tensione tra le due sponde dell’Atlantico e avviene al termine di una settimana in cui né Starmer né Macron sono riusciti a strappare a Trump un impegno sulla sicurezza ucraina ed europea. Il tycoon ha affermato di sostenere l’articolo 5 della Nato, ma alla domanda su cosa avrebbero fatto gli Stati Uniti se in futuro forze di peacekeeping britanniche fossero state attaccate in Ucraina, ha risposto che gli inglesi “sanno prendersi cura di loro stessi. Ma se avranno bisogno di aiuto, saremo sempre con loro”. Gli eventi degli ultimi giorni – che hanno lasciato gli ucraini con un senso di abbandono misto a tradimento e sollevato persino l’indignazione di alcuni senatori repubblicani – hanno riacceso il dibattito sulle motivazioni di Trump e su come queste influenzeranno le possibilità di un accordo di pace giusto e duraturo.

Il presidente è spinto da un’animosità personale verso Zelensky? O dal tentativo di lusingare Vladimir Putin per allontanarlo dal presidente cinese Xi Jinping? E quanto le sue azioni riflettono una trasformazione di lungo periodo della politica estera degli Stati Uniti? Interrogativi che in Europa sono bastati per riaccendere il dibattito sulla necessità di riarmarsi e garantire la propria difesa. Ma che in Ucraina fanno la differenza tra un accordo svantaggioso e una sconfitta esistenziale.

Il momento della verità potrebbe arrivare presto rivelando che l’alleanza transatlantica è andata in frantumi e che Bruxelles, proprio come Kiev, dovrà fare a meno dell’America, se non addirittura contro di essa. 

Nicolo Sartori
Informazioni su Nicolo Sartori 59 Articoli
Nicolò Sartori è senior fellow e responsabile del Programma Energia dello IAI (Istituto Affari Internazionali), dove coordina progetti sui temi della sicurezza energetica, con particolare attenzione sulla dimensione esterna della politica energetica italiana ed europea.. La sua attività si concentra in particolare sull’evoluzione delle tecnologie nel settore energetico. Ha lavorato inoltre come Consulente di Facoltà al NATO Defense College di Roma, dove ha svolto ricerche sul ruolo dell’Alleanza Atlantica nelle questioni di sicurezza energetica.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*