La storia dei falsi d’autore del panorama enoico ha sempre visto nei grandi vini francesi il palcoscenico privilegiato: Château Petrus, Domaine de la Romanée-Conti, Château Lafite Rothschild sono solo alcune delle etichette d’oltralpe tra le più contraffatte al mondo.
I geni della truffa noti agli appassionati ed esperti di vino si sono cimentati in imprese degne di sceneggiature hollywoodiane. Non a caso ad Hardy Rodenstock, fra i più grandi falsari della storia, lo scrittore americano Benjamin Wallace ha dedicato nel 2008 il romanzo “The Billionaire’s Vinegar”, successo che ha portato al progetto di trasposizione anche sul grande schermo delle sue gesta. Produttore musicale tedesco convertitosi alla contraffazione, Rodenstock nel 1985 riuscì a piazzare in un’asta di Christie’s ad un membro della famiglia Forbes una bottiglia di Château Lafite datata 1787 per 156.000 dollari, spacciandola per un tesoro appartenuto a Thomas Jefferson, terzo Presidente degli Stati Uniti.
Non è da meno Rudy Kurniawan indonesiano di origini cinesi che ha fatto la sua comparsa sulla scena nel 2003 divenendo assiduo frequentatore delle più grandi case d’asta del mondo. Come si racconta in Vino amaro (Sour Grapes), docu-film incentrato sulla sua vera storia distribuito da Netflix, presentandosi come rampollo di una facoltosa famiglia asiatica, il falsario dal grande fascino e dalla incredibile memoria spese milioni di dollari per acquistare lotti rarissimi di vino francese. L’obiettivo era quello di modificarne e moltiplicarne il contenuto per poi rivenderlo. Kurniawan è riuscito a farsi beffe dei più grandi collezionisti del mondo. Soprannominato “Dr. Conti” per la sua capacità di riprodurre in quantitativi significativi bottiglie di Domaine de la Romanée-Conti di ogni formato, grandi e piccoli e di annate eccezionali, faceva tutto da solo: raccoglieva timbri, false etichette e altro. Dopo aver scontato 7 anni di reclusione dal 6 novembre scorso è a piede libero. Pochi giorni dopo la sua scarcerazione, il 21 novembre a Hong Kong la casa Bonhams ha ritirato prima dello svolgimento dell’asta una partita composta da 607 lotti di vino appartenuta ad un noto collezionista di Singapore per fondati dubbi sull’autenticità di almeno un centinaio di essi.
Se fino a ora i fine wines italiani sono stati marginalmente toccati da vicende come quelle descritte, non si può escludere che con il crescere della loro notorietà internazionale possano verificarsi episodi analoghi. Secondo Sotheby’s i vini italiani stanno sempre più crescendo in quantità e in valore. Una tendenza confermata anche dal Liv-ex Fine Wines 100 Index, cioè l’indice che calcola mensilmente le variazioni di prezzo di 100 grandi vini, tra cui anche italiani, per i quali c’è un forte mercato secondario.
Non è un caso quindi che le falsificazioni registrate negli ultimi dieci anni diventino sempre più frequenti. Il vino contraffatto nel periodo 2016 – 2020 ha danneggiato soprattutto Gaja, Marchesi Antinori, Tenuta San Guido, Ornellaia e Masseto.
Nel 2018 a cadere nella rete è il Tignanello. Vino di scadente qualità veniva spacciato per una delle etichette italiane più prestigiose della storica Marchesi Antinori con una contraffazione su loghi e bottiglie (11.000 quelle recuperate) destinate al mercato italiano, ma anche a Belgio e Germania. Sempre della nota etichetta è il recente caso di falso venduto da Tannico che tanto ha fatto scalpore, considerato che dai distributori ci si aspetta un’attività di attenta verifica soprattutto su prodotti di fascia alta e quando le difformità rispetto agli originali risultano particolarmente evidenti.
Non siamo certo al livello dei Rodenstock e dei Kurniawan, ma c’è voluto più di un anno di indagini, iniziate nel 2019, per smascherare la banda del Sassicaia, undici professionisti dell’illecito che avevano messo in piedi una organizzazione stabile con addetti all’imbottigliamento, al confezionamento e alla distribuzione sul mercato. 80.000 pezzi contraffatti tra bottiglie provenienti dalla Turchia, casse, etichette, veline e tappi made in Bulgaria. Il vino rigorosamente siciliano e venduto come “Doc Bolgheri” per le due annate 2010 e 2015, riportava ologrammi e segni distintivi dell’iconico vino di Tenuta San Guido perfettamente riprodotti. 1.100 le casse di vino pronte per essere distribuite sui mercati internazionali in particolare Corea, Cina e Russia, per un totale di 6.600 bottiglie, valore stimato della truffa 2 milioni di euro. Una piccola quota era destinata anche al mercato italiano.
Il problema che assilla le case d’aste, i collezionisti e gli investitori per i grandi vini assume pieghe diverse per la contraffazione di prodotti di più largo consumo. Nel settore Wine & Spirit in Italia ogni anno si perdono 300 milioni di euro pari a quasi al 5% del totale vendite, con una contrazione dei posti di lavoro, anche considerando l’indotto, che diventa anno dopo anno preoccupante.
Tenere sotto controllo il fenomeno è estremamente complicato. Gli elementi distintivi di una produzione (numero di lotto, codice a barre, QRcode) sono facilmente riproducibili anche sui falsi, rendendo spesso difficile mettere in discussione l’autenticità se non dopo l’apertura della bottiglia e quindi dopo l’acquisto.
La parola magica anche in questo campo sembra essere ancora una volta “digitale”. Le aziende si affidano sempre più alla tracciabilità grazie a soluzioni come NFC (Near Field Communication), RFID (Radio Frequency Identification) e Blockchain. Grazie alla tecnologia NFC (attraverso un tag) o la tecnologia RFID (attraverso un chip applicato alla bottiglia) appoggiando il proprio smartphone sull’etichetta, il consumatore può disporre di informazioni aggiuntive preziose, come il link al sito web, il percorso della bottiglia, il suo numero seriale o informazioni sul territorio di riferimento. L’obiettivo è rendere ogni vino identificabile e localizzabile, partendo dal processo produttivo, passando dalla distribuzione per arrivare sino al consumo, con un controllo della fase legata alla distribuzione che dovrebbe, almeno in parte, rendere la vita difficile per i geni della truffa.