L’eredità politica del 1948: l’anno della svolta in un libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri per il Mulino

Lo scandaglio di ogni piega e particolare, tra i chiaroscuri della Storia, è al centro del lavoro dei giornalisti e storici Mario Avagliano e Marco Palmieri. Il libro s’intitola “1948. Gli italiani nell’anno della svolta” ed è edito da “il Mulino” (2018). Già autori, insieme, di numerosi volumi, da “Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia” (Einaudi, 2010) a “L’Italia di Salò” (il Mulino, 2016), qui i due esplorano un anno cruciale che “ha segnato profondamente l’evoluzione dell’assetto politico-istituzionale e socio-culturale del nostro paese per il mezzo secolo successivo”.

Avagliano e Palmieri svolgono l’indagine “attraverso l’analisi di un ampio ventaglio di fonti coeve”: diari, lettere, interviste, relazioni delle autorità amministrative e di pubblica sicurezza, carte di partito, documenti internazionali, giornali dell’epoca, manifesti, opuscoli, volantini e altri materiali di propaganda, senza dimenticare le memorie postume. Da qui la funzione fondamentale della Storia di investigare sui nodi irrisolti del passato per illuminare in parte il presente. L’Italia, reduce dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale, è di fronte a una scelta decisiva nelle elezioni del 18 aprile: da una parte il democristiano Alcide De Gasperi, con un variegato mondo centrista, e dall’altro il Fronte Democratico Popolare, ovvero comunisti e socialisti con Garibaldi come simbolo, come espressione dei blocchi contrapposti e della nascente Guerra Fredda che contrapponeva Usa e Urss. Gli autori esplorano l’inizio di una “democrazia bloccata”, che Aldo Moro ed Enrico Berlinguer tentarono di superare negli anni Settanta, fonte di tensioni e ferite forse non ancora del tutto rimarginate.

Ma qual è il punto di vista di Avagliano e Palmieri? Secondo i due giornalisti e storici, “la storiografia ha teso spesso a schiacciare il periodo del dopoguerra sotto il peso di ricostruzioni eccessivamente binarie”, quasi negando “spazi di originalità alla politica interna e alle vicende nazionali rispetto ai paletti fissati dalla dinamica della guerra fredda”, nel segno di definizioni come “sovranità limitata”.

Di conseguenza, inserendo pure alcune fotografie e manifesti elettorali e soprattutto tramite una scrupolosa ricerca negli archivi, dalla Fondazione Sturzo alla Fondazione Gramsci, “1948” esamina documenti e materiali che riflettono le opinioni e le passioni degli italiani del tempo. Dalle citazioni di canzoni e dai frammenti di giornali ai rapporti dei partiti e alle testimonianze di figure sia anonime sia famose, si rivivono conflitti destinati a lasciare lacerazioni profonde. Si pensi alle repressioni della polizia e alle espulsioni degli ex partigiani dai corpi di polizia, con il ministro dell’Interno Mario Scelba, ai licenziamenti dei sindacalisti di sinistra dalle fabbriche e alla scomunica nel 1949 dei comunisti da parte della Chiesa cattolica, con un decreto della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio.

Oltre all’adesione democratica al fronte occidentale, le caratteristiche, riscontrate il 18 aprile, che contraddistingueranno in futuro le contese elettorali nostrane risultano ben messe in evidenza: “la tendenza a delegittimare l’avversario nella dialettica politica, (…) la semplificazione del dibattito politico a meri slogan, (…) il ricorso a strategie propagandistiche incentrate più sulla paura in caso di vittoria degli avversari”. E, ancora, “l’effettiva esistenza di frange di militanti politici, non necessariamente marginali, disposte ad attuare l’opzione violenta”, sia in ambito comunista sia in ambito conservatore, con l’invocazione di aiuti militari targati Usa e l’avvio di strutture paramilitari clandestine come Gladio.

A questi scenari si possono aggiungere “il ruolo attivo e determinante” della Chiesa cattolica ma anche la partecipazione di massa degli italiani nei frangenti considerati decisivi, la presenza di una “zona grigia” che non s’identificava nella Resistenza e “l’uso strumentale del tema della pace a fini politici con un pacifismo strabico, indulgente verso l’Urss”. Si tratta di una serie di fattori che costituiscono, per Avagliano e Palmieri, una “pesante eredità del 1948”, influenzando le evoluzioni e “gli altri passaggi epocali della vita dell’Italia contemporanea.”

Chiarezza espositiva e appassionata ricostruzione della campagna elettorale, in una molteplicità di voci, culturali e sociali, scandiscono i capitoli: dalla fase preelettorale e l’intervento americano, con il Piano Marshall, all’attentato al segretario del Pci Togliatti e all’epilogo dedicato alla “democrazia bloccata”. Viene in mente pure il libro di Antonio Carlo Vitti, docente all’Indiana University (Usa), dal titolo “Avventuroso cammino del cinema italiano” (Metauro 2017), che ricostruisce il clima del 1948 in relazione al cinema italiano e al suo impatto sulla società del tempo. In linea con quest’attenzione ai media e al grande schermo, non a caso Avagliano e Palmieri citano un significativo dialogo del film “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola (1974).

La pluralità delle fonti, da quelle ufficiali a quelle di solito sottovalutate, è una componente imprescindibile per rivivere le temperie del post-fascismo e dell’avvio della democrazia. Così gli autori combinano passione storica e divulgazione giornalistica in un affresco che vede l’alternanza di figure, da Andreotti e Almirante a Scelba e Ungaretti, preziose per rappresentare un mondo ideologico lontano.

L’Italia di De Gasperi, Togliatti, Nenni, Di Vittorio, Dossetti, ma pure di Bartali e Rossellini, viene analizzata per riflettere su conseguenze e limiti di un Paese che tuttora risente di fragilità dovute a una non sufficiente elaborazione politica del suo passato. Nel libro edito dal Mulino, s’impone un metodo che consente d’interrogarsi sulla realtà di ieri per cogliere nuovi significati in un filo che, dal 1948 al 2018, giunge fino alla cosiddetta Terza Repubblica e alle sue incertezze.

 

 

Marco Olivieri
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Giornalista professionista e dottore di ricerca, Marco Olivieri è autore della monografia “La memoria degli altri. Il cinema di Roberto Andò” (Edizioni Kaplan 2013 e 2017), curatore del volume “Le confessioni” (Skira 2016) e, con Anna Paparcone, autore del libro “Marco Tullio Giordana. Una poetica civile in forma di cinema” (Rubbettino 2017). Collabora con «la Repubblica» – edizione di Palermo, è componente del comitato scientifico di “Carteggi letterari le edizioni” e ha scritto saggi per la casa editrice Leo S. Olschki e articoli per «Cinema e Storia» di Rubbettino, «il venerdì di Repubblica», «Ciak» e «Doppiozero». Critico cinematografico e teatrale, si occupa di Uffici Stampa, Cultura, Politica, Società e Terzo Settore.

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