Ce ne è davvero uno per ogni argomento, emozione e sentimento: dall’universale al personale, dal sublime al banale, dal politico al frivolo. Parliamo degli hashtag, croce e delizia del nostro tempo così preso dalla fregola del comunicate tutto, sempre e comunque, da dimenticare il più delle volte quale è l’argomento stesso da comunicare.
Bando da subito a inutili moralismi e rimpianti del passato che fu: il presente è questo, e combatterlo ad armi impari sarebbe sciocco e anacronistico. Anche perché il potere degli hashtag è infinito: moltiplicati dai social media, possono diventare virali in men che non si dica, diffondendosi in un secondo ai quattro angoli del globo.
Merito di quel cancelletto iniziale, capace di fungere da aggregatore. Perché l’hashtag, per chi ha ancora poca dimestichezza con questo strumento sintetico e immediato della lingua contemporanea, è quella buffa parolona agglomerata, preceduta dal cancelletto, usata come didascalia su Instagram e su Twitter.
Gli spazi non sono concessi: si unisce tutto in una parola sola, e più il messaggio è chiaro, meglio è. I casi recenti di Dolce & Gabbana, e tutto il dibattito mediatico che ne è seguito, dimostrano quanto forte sia oggi il potere degli hashtag, e quanto ci sia bisogno di certezze
urlate che non lasciano spazio ai fraintendimenti.
Gli hashtag sono infatti la summa perfetta della comunicazione contemporanea: rappresentano la verità lapidaria e assoluta, incontrovertibile e affermativa, da urlare forte e con una parola sola, martellante all’infinito. Su un hashtag non si gira intorno, perché non ce ne sarebbe alcun motivo. Esclude il confronto perché cancella il dubbio. Un hashtag si combatte solo con un altro hashtag, magari più efficace. Gli hashtag sono la dimostrazione che ormai si comunica di pancia, cercando di suscitare reazioni immediate e istintive negli interlocutori.
Non sono diversi da slogan e proclami di un tempo, ma sono infinitamente più veloci, e per questo più efficaci. Magari durano poco, ma poi in rete continuano a fluttuare. Anche questa riflessione se ne merita uno. Quale? #piuhashtagpertutti.
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