Normale, fino a poco tempo fa, era l’aggettivo che tutti i modaioli e i fashionisti degni del titolo rifuggivano come la peste: la peggiore delle definizioni possibili, l’onta e lo stigma della mediocrità grigia in un ambiente che, al contrario, celebra l’individualità fiammeggiante e l’eccezione come sola norma.
Ma nella moda, si sa, nulla dura per sempre, e ciò che era in voga fino a solo pochi mesi prima in un baleno appare, per misteriose, imperscrutabili ragioni, vecchio, stantio, da sostituire immediatamente e senza alcuna remora. Oggi i veri professionisti del settore cercano di passare il più inosservati possibile, per non confondersi con le masse crescenti di parvenu e che, come gli unni, premono ai confini del fashion system, cercando di penetrarlo, ma che, diversamente dagli unni, sono invariabilmente respinti indietro.
Tempo fa un mantra ha preso a circolare tra i potenti della moda: “più ti conci, meno conti“. Si trattava di una chiara reazione al fenomeno dello streetstyle e dei fotografi che lo celebrano rendendo l’ingresso alle sfilate una sorta di red carpet improvvisato popolato di figuri di dubbio gusto e favolose nullità. Era l’anno scorso. Oggi il movimento è deflagrato. All’ultimo giro di fashion week, in effetti, scorgere la gente che conta davvero è diventata una impresa degna di consumati investigatori privati: praticamente impossibile vederli, con i loro maglioncini blu anonimi, le gonne grigie, i tailleur pantaloni minimal, le camicie bianche e le scarpe da ginnastica immacolate.
In totale contrasto, le masse degli esibizionisti, giovani e meno giovani, tutti assetati di esposizione mediatica attraverso i canali del web, hanno celebrato un carnevale fatto di mise improbabili e ridicolaggine a più non posso. Nessuna imposizione, sia chiaro: mai come nella moda l’autodeterminazione è cosa buona e giusta, e ciascuno fa, con il look, quel che meglio crede. Piuttosto, vien da riflettere sulla necessità, o forse proprio fame atavica, dei proverbiali quindici minuti di fama, ai quali nessuno sembra voler rinunciare. Il fatto è che l’esposizione dura poco, mentre una certa sobrietà suggerisce pragmatismo e impegno. È questo che rende il nuovo normale, in fondo, speciale. Meditiamoci.
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