La pandemia ha ridisegnato molte delle nostre abitudini, cambiando scenari presenti e futuri. Uno dei settori che è stato maggiormente impattato dai cambiamenti che il Covid-19 ci ha imposto a livello globale è stato quello della moda, con un crollo dei profitti di oltre il 90%.
Un mondo intero chiuso tra le mura domestiche per mesi ha perso la voglia e lo stimolo di acquistare prodotti fashion, limitandosi a tute, abbigliamento comodo, pantofole e sneakers, settori tutt’ora in crescita.
Se da un lato la voglia di ritornare alla normalità genera il desiderio di rinnovare il guardaroba e di concedersi il lusso di un capo speciale, dall’altro le proiezioni rese note di recente dall’osservatorio The State of Fashion (Lo Stato della Moda) 2021 di McKinsey parlano di una strada ancora in salita per questo secondo semestre 2021.
L’impossibilità di viaggiare ha peggiorato il quadro, specie per l’Europa che, con il venir meno del turismo internazionale ha perso un volume d’affari grandissimo che potrebbe ritornare ai livelli pre-pandemici solo nel 2024, secondo gli analisti di McKinsey.
Qualcosa però potrebbe iniziare a cambiare dal 2022, anche se non per tutti allo stesso modo.
Se infatti in Cina già le vendite del 2021 potrebbero superare quelle del 2019, per l’Europa si stima una perdita tra il 2% ed il 7% rispetto allo stesso anno e per gli Stati Uniti una flessione tra il 7% ed il 12%. Si prevede una modesta ripresa solo nel primo trimestre 2023.
Non è un caso quindi che tra le due caratteristiche comuni alle aziende che hanno continuato ad ottenere performance di successo anche nel pieno della pandemia ci sia l’apertura al mercato asiatico.
L’altra caratteristica vincente, che riflette quello che è sicuramente il trend principale del settore fashion ma non solo, è l’aver saputo creare un’offerta digitale accattivante per il consumatore, offrendo prodotti e servizi.
Come sappiamo, la pandemia ha accelerato il percorso di digitalizzazione di molte aziende facendo fare, in pochi mesi, un balzo in avanti che altrimenti avrebbe richiesto anni.
I consumatori si sono rivolti allo shopping online acquisendo fiducia in questo strumento e determinando la nascita di nuove esigenze. Le case di moda stanno cercando di rendere l’esperienza di acquisto sempre più coinvolgente e reale utilizzando lo streaming, la realtà aumentata e l’intelligenza artificiale e modificando il ruolo del commesso che diventa sempre più un consigliere, un assistente virtuale ma reale o addirittura, “bionico”.
Al contempo, i grandi brand e i principali players dell’e-commerce del settore moda ed accessori si interrogano sul futuro dei negozi fisici. Mentre alcuni brand del fast fashion hanno già annunciato chiusure di migliaia di punti vendita, altri preannunciano di voler trasformare lo shopping in presenza in un’esperienza emozionale che dia valore aggiunto al prodotto e al brand, creando fidelizzazione e ridando umanità al rapporto con il cliente.
Proprio l’elemento umano è al centro di un’altra tendenza in atto. I consumatori sono sempre più attenti non solo alla qualità di quello che acquistano, ma anche alle condizioni dei lavoratori del settore moda. La trasparenza nella gestione della filiera produttiva, dalla scelta di materiali riciclati, all’attuazione di politiche ed azioni che possano portare benefici all’ambiente, al rispetto dei diritti e della dignità dei lavoratori è uno dei trend destinato a rimanere anche in futuro perché particolarmente caro ai Millennials e molto sostenuto attraverso i social e le campagne di comunicazione.
Questa sensibilità passerà anche attraverso la revisione delle strategie dei grandi brand. I manager intervistati per il report di McKinsey, stanno recependo la nuova mentalità dei consumatori verso il “less is more”, che li spinge all’acquisto di prodotti anche più costosi ma di maggior qualità e quindi di più lunga durata, o che li fa deviare verso l’acquisto di seconda mano (che pure è cresciuto dal 2020 in poi). Questi stessi manager hanno capito che il futuro dovrà essere caratterizzato innanzitutto dalla riduzione delle scorte di magazzino per incrementare le vendite a prezzo pieno insieme al superamento del tradizionale calendario stagionale, alla riduzione delle collezioni, all’ottimizzazione della catena di approvvigionamento e ad una produzione più attenta alla domanda, che significherà implementare l’analisi dei dati dei clienti.
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