Una volta le campagne pubblicitarie nella moda, ma non solo, erano fatte di immagini che si imprimevano nella memoria collettiva in maniera indelebile. Basta solo qualche esempio: l’erotismo levigato di Herb Ritts per Gianfranco Ferré, le nature morte piene di poesia di Irving Penn per Clinique e gli scatti enigmatici di Serge Lutens per Shiseido.
Oggi siamo sommersi di immagini che ci bombardano a flusso continuo attraverso ogni mezzo. Difficile che qualcosa resti davvero impresso e faccia breccia. Anche le immagini più sensazionali lasciano presto il tempo che trovano.
Tre anni fa, però, una campagna spiccò sulle altre e si fece notare. Magari non la ricorda più nessuno, però a suo tempo costrinse molti a riflettere. Era la campagna pubblicitaria di Marni, marchio di nicchia, scattata dall’artista tedesca Barbara Probst. Protagoniste erano varie modelle, riprese nell’atto di fotografarsi reciprocamente.
Alcune, addirittura, guardano dentro l’obiettivo rivolto direttamente verso gli spettatori, in un sorprendente rovesciamento di ruoli tra soggetto e oggetto. Gli scatti, realizzati con un complesso sistema di sincronizzazioni, mettono insomma in scena proprio l’atto di riprendere immagini o, meglio, di mettere l’occhio dentro il mirino di una macchina fotografica per osservare quel che ci sta dentro.
Ed è proprio qui che la campagna spinge a pensare, perché si presenta come una riflessione sottile ma efficace sul voyeurismo che caratterizza i nostri giorni.
Pensiamoci: passiamo il tempo a guardare e riguardare, che si stia a rimirarsi nella cam dello smartphone per farsi il selfie, o che si scorra compulsivamente il feed Instagram per spiare quel che stanno facendo i nostri contatti. Il privato ormai è diventato pubblico, e a volte viene da pensare che certi viaggi, certe feste e certe cene vengano pensati solo per essere instagrammati, non vissuti.
Viviamo nell’epoca del voyeurismo a tutti i costi: guardiamo per essere guardati, tutti in scena spiati mentre spiamo, senza sosta. Ma ne vale davvero la pena? La scelta radicale, oggi, non può essere sottrarsi invece che mostrarsi?
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