Il credito è tra le leve di sviluppo di qualsiasi epoca storica. Dalla Rivoluzione Industriale al boom delle nuove tecnologie, accanto ai grandi inventori e geniali innovatori, ritroviamo da sempre nel ruolo di protagoniste le Banche.
Oggi il discorso è diverso. Le banche investono in prodotti speculativi riducendo la propensione a quella fetta di rischio strettamente legata al potenziale default imprenditoriale che ha come altra faccia della medaglia lo sviluppo dell’imprenditoria.
Nel bene e nel male il settore creditizio è ingrediente essenziale di qualsivoglia ipotesi di sviluppo.
Questa nuova logica del mondo bancario fa si che i capitali concessi alle imprese abbiamo costi rilevanti. Pochissimo denaro in circolazione ed a costi esorbitanti con conseguente stato di crisi finanziaria da parte delle aziende di tutti i comparti della nostra economia. Il proliferare delle spese ha così suggerito al legislatore nazionale di tutelare il Consumatore (sia esso impresa o cittadino no business) attraverso una normativa in tema di contrasto all’usura: con la legge 108 del 1996 “Disposizioni in materia di usura” si pone un limite ai tassi potenzialmente applicabili da qualsiasi realtà finanziaria e bancaria. Anche gli Istituti di Credito hanno, dunque, un limite nell’applicazione di oneri e spese legate soprattutto ad affidamenti , leasing, mutui ed operazioni similari, costituito dai tassi soglia.
Esiste dunque un diritto giuridicamente garantito per il Consumatore nei confronti degli Istituti di Credito che prevede tutele di tipo civile (restituzione di quanto addebitato contro legge) e penale. L’ambito civile non si limita alla sola usura, ma riguarda anche le operazioni che prevedono la proliferazioni di interessi su interessi: si parla in tal caso di anatocismo. Oggi i casi di usura bancaria ed anatocismo sono molto diffusi, così come le azioni di ripristino dei crismi della legalità da parte degli imprenditori.
Un’impresa che vuole competere non può ignorare come la mancata attenzione agli oneri finanziari sia oggi una delle condizioni generalizzate in grado di pregiudicare la redditività. Le banche sono imprese con logiche di profitto e, dunque, non vi deve essere alcuna remora da parte degli imprenditori a far valere nelle sedi opportune i propri diritti.
Sarebbe il caso di valutare l’istituzione di un rating etico per le banche che preveda anche delle sanzioni a tutela degli imprenditori. Il sasso è lanciato, aspettiamo le onde.
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