Grazie al reddito di cittadinanza si comincia a capire che sappiamo poco o nulla sulla povertà italiana. Si era partiti, e si è andati avanti per mesi, con una cifra netta in testa: gli italiani in povertà assoluta sono 5 milioni.
Dopo qualche giorno, le domande per il reddito di cittadinanza consentono di tagliare questa stima almeno per 5: i poveri, forse, non sono nemmeno 1 milione.
Il timore è che anche questa stima sia sbagliata.
L’Italia non cresce e non offre quindi molto lavoro da almeno una ventina d’anni. Due decenni sono tanti e la gente non è stata ad aspettare. Molti hanno trovato un reddito, anche minimo, grazie a lavoro nero, lavori occasionali, impieghi per amici e parenti (ma retribuiti). Tutte situazioni che hanno sconsigliato a molti di presentarsi per avere il reddito di cittadinanza: meglio vivere nell’anonimato che farsi avanti e farsi conoscere dal fisco e dalle autorità per ricevere, magari, solo 40 euro al mese.
Tutto bene, si dirà. Meglio così. Ma non è vero. Le buone società sono quelle in cui tutti (o quasi) hanno un impiego regolare, un reddito regolare e buoni rapporti con il fisco.
Poi ci sono le società ”arrangiate”, dove un tot di popolazione sopravvive nelle pieghe, negli anfratti, e si perde: guadagna quasi niente (abbastanza comunque per vivere), ma riesce a non farsi identificare.
L’impressione è che nel caso italiano non si tratti di episodi isolati, ma di una scelta quasi di massa. La società stagnante ha prodotto situazioni lavorative improprie e che sfuggono agli stessi governanti. Da qui gli errori nelle stime: si pensava a 5 milioni di indigenti, ma alla fine se ne sono presentati meno di un milione.
Purtroppo, “normalizzare” questa società non sarà facile. Chi ha imparato a vivere fuori dalla legge (magari unendo a un paio di lavoretti in nero un po’ di contrabbando di sigarette o peggio) difficilmente accetterà di infilarsi alla mattina in una tuta di lavoro per presentarsi in fabbrica alle otto e faticare ore e ore per un reddito modesto e che poi verrà tassato.
Insomma, vivere da poveri (fintamente) è diventata un’opzione italiana. Da quel poco che si riesce a capire non si tratta nemmeno di una scelta marginale: gli italiani “irregolari” (specialisti in espedienti e in vita ai margini della società) dovrebbero essere qualche milione. Troppi.
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