Noli marittimi più che quadruplicati e caos ai porti d’imbarco delle merci sulle rotte Asia-Europa. E’ anche questa una delle conseguenze, forse inaspettate, della pandemia da Covid-19.
Dopo lo stallo vissuto dal comparto delle spedizioni internazionali durante il primo lockdown nei mesi di febbraio e marzo del 2020, la situazione, ad un anno di distanza, appare completamente capovolta.
Già nei mesi passati, infatti, il costo dei noli marittimi ha iniziato a lievitare per toccare, nel mese di gennaio ed ancor più in questi giorni, in cui la Cina si appresta a chiudere per ferie per circa un mese in occasione del Capodanno Lunare, cifre esorbitanti, con il nolo di un 40’ arrivato a 8.000/10.000 USD rispetto ai 2.000 USD dello stesso periodo del 2020.
Ma come ha influito il Coronavirus su questo settore strategico per l’economia internazionale?
Tutto è iniziato durante il primo lockdown in Cina, quando, in seguito alla chiusura delle fabbriche, si sono bloccate le esportazioni verso il resto del mondo.
Conseguentemente, le compagnie di navigazione hanno tagliato il numero delle navi e ridotto gli spazi-container, senza ripristinare l’offerta ai livelli del periodo pre-pandemia, neanche con l’aumento della domanda di esportazioni dalla Cina verso gli USA.
Inoltre la pandemia ha colpito pesantemente la forza-lavoro fatta di autisti, operai, portuali, con rallentamenti nella movimentazione e nel trasporto dei contenitori, da consegnare, svuotare e riportare al porto per imbarcarli su navi, carichi o scarichi, per far viaggiare merci in direzione andata-ritorno. Questo si è tradotto nella mancanza di container vuoti disponibili per caricare merci da trasportare dalla Cina prima verso gli USA e dopo verso l’ Europa. E si sa, la legge del mercato vuole che, all’aumentare della richiesta, con il diminuire dell’offerta, i prezzi aumentino.
Questa carenza di contenitori vuoti si è verificata proprio nel momento di crescita della domanda di esportazioni, quando, a causa del lockdown nei paesi occidentali, la spesa dei consumatori si è spostata dai servizi – ristorazione, cinema, teatro etc. – ai beni di consumo con un aumento a livello globale degli acquisti effettuati online.
Anche le spedizioni via aerea, infatti, stanno vivendo la stessa fase di stress e di rincari dovuta all’aumentata domanda a fronte di una ristretta offerta causata dalla diminuzione dei voli-passeggeri internazionali, su cui, tradizionalmente, viaggia almeno una parte delle spedizioni di merci.
Il problema principale è però quello del comparto dello shipping marittimo. Oltre al danno di dover pagare tariffe da capogiro per imbarcare un contenitore, vi è l’incertezza dell’imbarco stesso, con il rischio che la merce resti sulla banchina.
A questo si aggiunge la pratica del blank sailing, ossia della cancellazione della sosta di scarico-carico container presso i porti solitamente toccati dalla rotta della nave, che genera ulteriore perdita di spazi-nave e congestionamento dei porti, sebbene Sea Intelligence, leader nella reportistica e nell’analisi della supply chain del settore, abbia nei giorni scorsi evidenziato che questa pratica sarebbe un “mito” sfatato dai dati reali relativi al 2021.
Ad osservare l’andamento degli ultimi mesi, sembra comunque che le compagnie di navigazione, che hanno chiuso gli ultimi anni con bilanci in rosso, stiano cavalcando l’onda della situazione per aumentare la propria marginalità, applicando, in alcuni casi, persino noli diversi per TEU imbarcati sulla stessa nave e riducendo i propri costi fissi, preferendo imbarcare meno containers ma a costi più elevati, con un atteggiamento in controtendenza rispetto al passato, quando si applicava una economia di scala basata sulla quantità dei volumi movimentati.
Tutto questo avrà ripercussioni inevitabili sull’economia reale e sta già avendo conseguenze sull’aumento del costo delle materie prime importate.
Se infatti alcuni importatori hanno preferito non imbarcare le proprie merci rimandando le spedizioni a quando le tariffe saranno più basse, in molti altri casi, la maggiorazione dei costi di trasporto sostenuti verrà rigirata sui prodotti e dunque sui prezzi al commercio e di conseguenza sui consumatori. C’è da aspettarsi quindi un aumento dell’inflazione per i mesi estivi o entro la fine dell’anno.
I governi, incluso quello europeo, non sembra siano ancora intervenuti in maniera decisiva su quanto stia accadendo nonostante l’appello di caricatori e spedizionieri della European Freight Forwarders’ Association (Clecat) e dell’European Shippers’ Council (Esc) alla Direzione Antitrust della Commissione europea, mentre Sea Intelligence pone dubbi sulla possibilità che il governo americano possa intervenire creando un “caso legale” rispetto da un comparto come questo, B2C, che evidentemente non gode delle stesse norme a protezione dei prezzi come quello B2B.
C’è da auspicare che la situazione si vada normalizzando in maniera “naturale” dopo il Capodannno cinese, quando diminuirà l’urgenza di imbarcare a tutti i costi entro i primi giorni di febbraio, quando, in generale, la domanda di TEU diminuirà e se, nel frattempo, verranno immessi nella disponibilità delle compagnie nuovi contenitori, che pure sono in via di costruzione.
Quanto è in atto dovrebbe portare comunque governi ed aziende a riflettere sulla possibilità di scelte diverse riguardo a determinate lavorazioni e produzioni di beni.