Serial killer, dalla fiction alla realtà: chi sono e come ragionano

Intrigano, incuriosiscono, fanno venire i brividi. Mostruosi. Al cinema restano indimenticabili i protagonisti di Il Silenzio degli Innocenti (più saga Hannibal) e di American Psycho, nella letteratura palma d’oro a Jack lo Squartatore e in tivù se ne incontrano parecchi nella sanguinolenta serie americana Criminal Minds. Naturalmente (e come sempre) la realtà supera la fantasia e anche nella cronaca nera ci si imbatte negli assassini seriali.

Restiamo in Italia e prendiamo come esempio Donato Bilancia, classe 1951, con diciassette omicidi accertati tra il 1997 e il 1998 in Liguria e basso Piemonte. E 13 ergastoli, che sta scontando nel carcere Due Palazzi di Padova. Walter, così si faceva chiamare, inizia uccidendo rivali al gioco, poi passa ai metronotte e miete altre vittime per rapina. Ma cambia ancora rotta: si mette ad ammazzare le donne sole che trova sui treni, soprattutto alla toilette. E, ironia della sorte, viene scoperto per un dettaglio che nulla aveva a che spartire con la sua trucida carriera: girava su di  una Mercedes nera presa in prova, che non aveva restituito nei tempi previsti.  

Già. Ma la domanda che sorge spontanea a chiunque è: perchè ha fatto fuori tutta quella (povera) gente? L’enigma sta proprio qui: spesso gli assassini seriali, non solo Donato Bilancia, risultano privi di movente.

Ben complesso quindi per esperti di criminologia, psichiatri forensi e altri illuminati dell’introspezione umana dar risposte esaustive all’efferata tipologia. E non solo per le variegate personalità dei pluricriminali compulsivi dai differenti modus operandi. L’ipotesi più accreditata dagli esperti è che una buona parte ( però non tutti) abbia vissuto un’infanzia disagiata, traumatica. Il trauma psicologico è un evento che disorganizza la mente di chi lo vive e può comportare diverse conseguenze. Infatti, per le sue stesse caratteristiche, il trauma opera una profonda deformazione del normale funzionamento dell’organizzazione mentale e può indurre  comportamenti anomali, capaci di scatenare aggressività.

Non certo ultimo, l’effetto dissociante esercitato sulle attività cerebrali   dipende dal tipo e dalla gravità di quanto subito, nonché dalle disposizioni individuali.

Restando nella nostra esemplificazione, diamo un’occhiata all’infanzia di Donato Bilancia.

La sua famiglia, papà impiegato e mamma casalinga, si trasferisce da Potenza ad Asti e poi a Genova. Qui inizia a frequentare le scuole elementari ma il rapporto con i genitori, né per lui né per il fratello maggiore, è idilliaco: vengono infatti picchiati in continuazione per insignificanti trasgressioni alle regole paterne. Donato reagisce emotivamente alle botte con l’enuresi, quella pipì a letto che è tipica di molti bambini. Però padre e madre ignorano il problema, anzi, mortificano il piccolo mettendo ogni volta il materasso bagnato all’esterno, in modo che i vicini lo possano vedere. Bilancia soffre molto di questa umiliazione.

A distanza di anni ricorderà questi episodi con enorme dolore. In una lettera allo psichiatra Vittorino Andreoli (con il quale, dopo l’arresto, inizierà una lunga corrispondenza) scrive: «Ricordo che morivo di vergogna anche perché nell’appartamento di fronte abitava un signore con una o due figlie (non ricordo bene) che avevano all’incirca la mia età e questo per me era ancora più insopportabile. A volte mi svegliavo di notte perché mi accorgevo di aver fatto la pipì nel letto e cercavo di asciugarla con il calore del corpo, in modo che al mattino la mamma non procedesse all’esposizione esterna.»    

Il suo intimo malessere diventa proprio oggetto di derisione e di punizione. Un altro evento di vilipendio del passato, raccontato dallo stesso serial killer, avviene durante le vacanze estive. Andavano ogni anno a Potenza, da una zia paterna. Una sera suo padre, con la scusa di svestirlo per andare a letto, gli tira giù le mutandine e mostra alle cugine il suo pene poco sviluppato. Donato in seguito dirà: “«In quel momento mi attorcigliavo su me stesso, cadendo in ginocchio sul letto, morto di vergogna… Questo è stato l’evento che mi ha crocefisso per il resto della vita”      

Ribadisce e conclude lo psichiatra di Pesaro Massimo Mazini:”La funzione del trauma è importantissima e, in passato, talvolta è stata sottovalutata. Spesso infatti la natura di un crimine va ricercata nella sfera emotivo-sessuale. Questo però non significa che tutti i bambini dall’infanzia drammatica, e purtroppo ce ne sono tanti, diventino  assassini”.

Marina Martorana
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Giornalista, autrice e consulente di comunicazione, Marina Martorana è stata collaboratrice fissa di La Notte, il Giorno, l’Europeo, Panorama. E, dal 1989 al 2014, del Corriere della Sera. Ha scritto una ventina di libri di saggistica. Ora vive a Brebbia (VA), è contitolare di Studio 21 - attività di info-comunicazione giornalistica - e scrive gialli ambientati tra arte, storia e natura della sponda lombarda del Lago Maggiore, per far conoscere un’area italiana stupenda e non tanto nota. Al suo primo libro “Morte sul Verbano” ( giunto alla seconda edizione) segue, con lo stesso staff di detective e articolato nella medesima zona lacustre “Intrigo Internazionale sul Verbano”. E’ intenzione dell’autrice crearne una serie. Link: http://www.marinamartorana.it

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