L’ombelico del Medio Oriente è un altopiano roccioso incastonato tra i confini di Siria, Libano e Israele. Sulle alture del Golan, considerate dagli accordi internazionali territorio siriano ma parzialmente occupate dal 1967 da Tel Aviv, si spara da sempre.
Un conflitto lungo 50 anni
Qui dove gli israeliani sono riusciti a coltivare vino e limoni e i turisti fasciati nelle tute invernali arrivano da Gerusalemme per villeggiare sul monte Hermon, unico comprensorio sciistico di Israele a soli 60 chilometri da Damasco, si prepara forse un’altra guerra. La terza in soli 50 anni.
La condanna del Golan è essere un territorio militarmente strategico, dove i soldati israeliani nei posti di guardia sparsi sulle alture possono controllare facilmente le frontiere, innervato dagli affluenti del Giordano e, chissà, anche ricco di pozzi di petrolio. Una terra fertile ma desertificata dai conflitti e ai cui margini si allungano le ombre di potenze avversarie e gruppi terroristici, un ombelico di tensioni regionali racchiuse in un fazzoletto di 1.000 chilometri quadrati.
Le Alture del Golan sono la zona da tenere d’occhio per capire meglio la strategia israeliana in Siria: Israele vorrebbe tenere lontani da quell’area i suoi nemici, cioè Hezbollah, l’Iran e le milizie sciite vicine all’Iran, tutte forze alleate del regime di Assad.
Lungo la maggior parte dei 70 chilometri di confine israelo-siriano ci sono diversi gruppi di ribelli siriani nella punta sud c’è un gruppo affiliato allo Stato Islamico, mentre in quella nord ci sono le forze alleate ad Assad.
Finora Israele ha cercato di creare una specie di “zona cuscinetto” di qualche decina di chilometri oltre il confine, già in territorio siriano, per evitare che forze nemiche si ammassino vicino alle sue frontiere. Per farlo ha avviato un programma di collaborazione con i siriani al di là del confine. Il programma si chiama “Buon vicinato”, prevede l’assistenza medica ai combattenti e civili siriani feriti nella guerra, oltre che altri tipi di aiuti umanitari. L’intervento israeliano potrebbe però essere andato oltre: a giugno il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo che sosteneva che il governo israeliano fornisse soldi, armi e munizioni ad alcuni gruppi di ribelli siriani anti-Assad per tenere lontane dal suo confine le milizie sciite alleate al regime di Damasco e vicine all’Iran.
Acqua, petrolio, terre coltivate: il tesoro dell’Altopiano
Guerre riuscite e processi di pace falliti. La storia del Golan si può riassumere in breve.
Dalla nascita di Israele, la Siria usò le alture per bombardare a intervalli regolari il nuovo Stato. Poi nel 1967, durante la guerra dei Sei giorni, Israele occupò la piccola fetta di terra. Damasco provò a riprendersela sette anni più tardi, durante il conflitto del Kippur, ma fallì. E Tel Aviv non la lascio più, nonostante i pronunciamenti e le condanne delle Nazioni Unite.
La restituzione del Golan alla Siria è sempre stata al centro dei tentativi di accordi di pace mediati dagli Stati Uniti alla fine degli Anni 90 o dalla Turchia nel 2008. Non se ne fece niente. Anzi, quando nel 2000 Israele si ritirò dal Libano meridionale (occupato nell’82), si appropriò anche delle fattorie di She’ba, una delle aree più fertili proprio alle pendici del Monte Hermon.
Nel 2009 Barack Obama promise una nuova trattativa. Ma poi arrivò la guerra siriana e il dossier fu travolto.
Un bacino idrico immenso
Ma il Golan è molto più della prigione della Striscia. Gli abitanti originari sono rimasti in pochi: 20 mila siriani (erano 130 mila prima dell’inizio dell’occupazione) della comunità drusa, un credo esoterico che unisce elementi dell’Islam e del Cristianesimo, concentrati in soli sei villaggi e destinati a pagare la colpa di vivere in una terra ambita. Tel Aviv difende 22 mila coloni israeliani che dal 1981, anno dell’effettiva annessione, hanno creato 30 insediamenti. Ma soprattutto difende un bacino idrico che da solo risponde a un terzo del fabbisogno di tutto lo Stato israeliano.
E, novità dell’estate 2014, anche 10 siti che potrebbero nascondere riserve petrolifere e la cui esplorazione è affidata all’Afek Oil and Gas, ramo della Genie Energie, società petrolifera che ha come consulente l’ex vicepresidente americano Dick Cheney. Motivo in più per accrescere le mire sull’altopiano della guerra.
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