Quando si parla di Made in Italy, quasi sempre si parla di moda, turismo, gastronomia e meccanica, dimenticando che l’unico settore ad alta tecnologia dove l’Italia riesce ad essere ancora competitiva è l’Aerospazio.
Dall’avionica ai componenti per satelliti, il belpaese è tra i leader mondiali e partecipa ai maggiori programmi internazionali.
Continuare ad investire tempo e risorse in settori ormai decotti (automobili e acciaio) o a basso contenuto tecnologico (turismo e gastronomia) ci espone sempre più alla concorrenza dei “cinesi” di turno. Dobbiamo imparare a competere nella fascia alta del mercato, dove pochi possono arrivare e dove possiamo far valere le nostre straordinarie capacità.
Lo Spazio (e l’aviazione in generale), oltre ad essere una sfida affascinante, è anche e soprattutto industria pesante (posti di lavoro + indotto) e innovazione continua poichè genera ricadute tecnologiche a cascata in tutti i settori.
Nessun altro comparto può generare innovazione (e ricerca) per il sistema paese come l’Aerospazio poichè le applicazioni testate in orbita devono essere progettate per resistere al massimo grado di stress operativo in condizioni a volte impossibili.
Tra l’altro l’Aerospazio ha grande fame di competenze qualificate (ingegneri, tecnici …) che ha difficoltà a reperire in un paese come l’Italia dove il numero degli avvocati (disoccupati) supera quasi quello degli aventi diritto al voto. E l’Italia ha un gran bisogno di un’industria che torni ad assumere con strategie di lungo termine e non solo “su commessa”.
Una nuova politica industriale che metta al centro i settori ad alto tasso tecnologico (ed ad alto livello di manodopera) è l’unica possibile strategia per uscire dalla crisi.
Collegare università e aziende per creare quel circolo di innovazione virtuosa è il primo passo da compiere. Poi servono fondi (pubblici e privati) per sostenere i progetti dell’Agenzia Spaziale Italiana e delle imprese del settore. Fondi che si potrebbero ampiamente reperire evitando di finanziare all’infinito business all’ultima spiaggia come quello dell’acciaio (leggi Ilva di Taranto) o evitando di concedere incentivi a quei settori che nulla più possono dare in termini di competitività e crescita al paese.
Abbiamo perso il treno dell’Informatica (Olivetti), quello della Chimica (Montedison), quello della Telefonia (Ominitel), cerchiamo di non perdere anche quello dello Spazio.
Concordo, sul fatto che l’aerospazio è uno dei settori più innovativi e ricercati per alta qualità di tecnologia e rete operativa che si viene ad attuare, creando grandi margini di guadagno e di occupazione. Bisogna investire con fondi, non solo pubblici, ma anche privati, purtroppo però, i capitalisti nostrani, non guardano ai guadagni possibili che si determinano nel medio-lungo periodo,( che poi, sono quelli più duraturi e accrescono l’intera economia)e non intendono investire, se non vi sono incentivi continui ( come le riduzioni di costo, sull’energia, l’acqua e qualsivoglia incentivo su tutto…) da parte dello Stato ( di cui ci si lamenta la forte ingerenza mel mercato…). Per questi motivi, si è costretti a rivolgersi alle multinazionali estere,che attualmente, sono rappresentate dai paesi più ricchi come la Cina… che possono investire maggiormente. I nostri capitalisti nazionali, preferiscono il guadagno facile e volatile, e non gli importa nulla del livello di qualità e di aiutare il proprio paese a crescere…( come disse la cancelliera Merkel in un suo discorso, rivolto al popolo!) Per quanto riguarda, l’Ilva di Taranto, credo che, possa riconvertire la produzione di acciaio in prodotti affini e correlati ( tipo, i nuovi materiali primari per la realizzazione di prodotti nel settore aerospaziale o altri…). Comunque, non credo che l’acciaio non serva più…è piuttosto un discorso di rinnovamento del settore e non vogliono farlo in Italia.
Diciamo che oramai le banche non finanziano più i progetti a medio lungo periodo, preferiscono investire in titoli di stato con rendimenti elevati e sicuri benchè si cerchi di farci credere il contrario