TAP: come funziona e perchè ci serve il gasdotto trans-adriatico

Il gasdotto trans-adriatico (Tap) dovrebbe portare in Italia il gas azero passando per Grecia ed Albania: un progetto teso ad accrescere la sicurezza energetica, diversificando le fonti e riducendo la dipendenza dal gas russo e nordafricano.

Tralasciando le polemiche e le lungaggini, provocate dalle preoccupazioni ambientaliste in Puglia, regione che sarebbe attraversata da appena 8 chilometri di nuova tubazione, il progetto è tuttavia soggetto ad alcuni rischi geopolitici, in un contesto internazionale ancora caratterizzato da forte incertezza, alleanze mutevoli, focolai di tensione diffusi e conflitti congelati pronti a riesplodere.

Il gas importato dall’Italia proviene principalmente da Russia e Nord Africa

Secondo il ministero dello Sviluppo economico, l’Italia importa attualmente 107 milioni di metri cubi al giorno dalla Russia tramite il gasdotto Trans Austria Gas (Tag), che trasporta gas naturale russo dalla Slovacchia al confine con l’Italia. Nel gasdotto Ttpc (Trans Tunisian Pipeline Company) transitano invece 108 milioni di metri cubi al giorno provenienti dall’Algeria, mentre dalla Libia arrivano 46,7 milioni di metri cubi al giorno attraverso il gasdotto Greenstream. Altri 59 milioni di metri cubi al giorno arrivano dal gasdotto svizzero-italico Transitgas, che trasporta gas naturale prevalentemente di origine olandese e norvegese. Circa il 35% del gas naturale, importato in Italia via gasdotto, proviene dalla Russia, quasi il 50% arriva dal Nord Africa e il restante 15% dal Nord Europa.

L’eventuale acuirsi della crisi libica e la rinegoziazione dei contratti con l’Algeria, in scadenza nel 2019, potrebbero erodere la percentuale di gas proveniente dalla sponda Sud del Mediterraneo, aumentando di fatto la dipendenza di Roma dagli approvvigionamenti di Mosca. Il Tap dovrebbe ovviare a questo problema. Il gasdotto rientra nel più ampio progetto del Corridoio meridionale del gas, espressione coniata dalla Commissione europea per individuare i progetti infrastrutturali destinati a incrementare la diversificazione delle fonti e la sicurezza degli approvvigionamenti, grazie all’arrivo in Europa di nuovo gas, proveniente dall’Azerbaigian e forse, un domani, dall’Iran e dalla sponda orientale del Mar Caspio.

Investimenti complessivi per circa 45 miliardi di dollari

Con un percorso di quasi 4.000 chilometri, l’attraversamento di sette paesi e il coinvolgimento di una decina delle principali società del settore, il Corridoio sud prevede investimenti complessivi per circa 45 miliardi di dollari. La sezione finale della conduttura, il Tap, dovrebbe portare in Italia 24,68 milioni di metri cubi di gas al giorno, pari a circa l’8% degli attuali 320 milioni di metri cubi importati nella penisola ogni 24 ore via metanodotto.

I principali dubbi sul progetto derivano dalla stabilità della regione del Caucaso. Azerbaigian e Armenia, infatti, sono ancora lontane da una soluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh, la regione autonoma a maggioranza armena che ha proclamato l’indipendenza nel 1988. La guerra aperta si è conclusa nel 1994, ma scontri sporadici si sono sempre verificati e dall’aprile dello scorso anno vi è stata anzi una recrudescenza dei combattimenti. Congelato è anche il conflitto tra Georgia e Russia per l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia, regioni separatiste a maggioranza russofona, ma meno di dieci anni fa, nell’agosto del 2008, le truppe russe arrivarono a soli 9 chilometri dalla capitale georgiana Tiblisi, accanto a cui passa il gasdotto sud-caucasico, la prima infrastruttura del Corridoio meridionale del gas. Poco più a nord, la Cecenia appare oggi “pacificata”, ma resta un bacino di reclutamento per l’estremismo islamico.

Il rapporto Russia Turchia

C’è un’altra incognita che pesa sull’efficacia del Corridoio sud del gas: l’altalenante rapporto tra Russia e Turchia. I due paesi, fieri avversari durante la Guerra fredda, si sono riavvicinati in anni recenti, per poi sfiorare il conflitto nel novembre del 2015, quando l’Aviazione turca abbatté un cacciabombardiere russo in volo sulla Siria. Il colpo di Stato tentato dai militari turchi nel luglio del 2016, ha poi spinto il leader di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, a cercare il sostegno del presidente russo, Vladimir Putin. Ha ripreso quota, così, il progetto del Turkish Stream, gasdotto che dovrebbe collegare la rete metanifera russa al gasdotto transanatolico (Tanap), la seconda infrastruttura del Corridoio meridionale del gas. Uno sviluppo che consentirebbe alla Russia di aumentare le proprie esportazioni di gas verso l’Italia usando, paradossalmente, proprio l’infrastruttura pensata per ridurre il peso delle forniture da Mosca.

Nicolo Sartori
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Nicolò Sartori è senior fellow e responsabile del Programma Energia dello IAI (Istituto Affari Internazionali), dove coordina progetti sui temi della sicurezza energetica, con particolare attenzione sulla dimensione esterna della politica energetica italiana ed europea.. La sua attività si concentra in particolare sull’evoluzione delle tecnologie nel settore energetico. Ha lavorato inoltre come Consulente di Facoltà al NATO Defense College di Roma, dove ha svolto ricerche sul ruolo dell’Alleanza Atlantica nelle questioni di sicurezza energetica.

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