Vaiolo delle scimmie. Cosa sappiamo e come difenderci

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato nuovamente lo stato di emergenza sanitaria per la diffusione del virus Mpox, meglio noto come “vaiolo delle scimmie”. Era già successo nel 2022. A preoccupare è il repentino aumento di casi che si sono verificati nella Repubblica Democratica del Congo e in alcuni stati limitrofi. Casi che purtroppo, a differenza della prima emergenza, riguardano una variante del virus più aggressiva (Clade I). Da qui la necessità di contenere al meglio l’espansione del virus.


Con il supporto degli esperti della Fondazione Umberto Veronesi cerchiamo di capire la natura di questo virus, i sintomi e quale è il rischio di trasmissione.

Che cos’è il vaiolo delle scimmie?

Il vaiolo delle scimmie (MPOX) è una malattia virale causata dal Poxvirus in grado di infettare prevalentemente questi animali. Si tratta di un virus del tutto simile a quello del vaiolo umano. Identificata per la prima volta nel 1970 nei villaggi rurali delle zone delle foreste pluviali dell’Africa centrale e occidentale, la malattia si manifesta inizialmente attraverso sintomi simili a quelli dell’influenza. Ciò che caratterizza la malattia è la comparsa di lesioni cutanee simili a quelle del vaiolo umano: le vescicole si tramutano in pustole sino alla loro estinzione per “essicatura”.

Il contagio tra persone avviene principalmente per via sessuale e per contatto con le lesioni infette. MPOX è solitamente una malattia autolimitante e in genere dura da 2 a 4 settimane senza particolari strascichi.

Alcune persone però possono sviluppare una malattia più grave e necessitare di ricovero ospedaliero. Le persone a più alto rischio includono i bambini, le donne in gravidanza e le persone con compromissione del sistema immunitario inclusa l’infezione da HIV. A differenza del vaiolo classico, MPOX si distingue in due cladi principali (varianti): Clade I e Clade II. La Clade I è associata ad una forma di malattia più severa e letale.

Le due epidemie di Mpox a confronto

Nel 2022 l’OMS decise di dichiarare MPOX emergenza sanitaria globale per il repentino aumento di casi dovuti alla diffusione globale del Clade IIb, la variante meno patogena del virus. A quel tempo i casi, la cui trasmissione fu principalmente dovuta a rapporti sessuali e contatti molto stretti e prolungati, riguardarono principalmente uomini gay e bisessuali. Dal punto di vista geografico l’infezione si diffuse rapidamente anche in Europa e Stati Uniti (in USA, ad esempio, furono 32 mila casi e 58 decessi).

La decisione attuale riguarda invece la situazione nel continente africano: nell’ultimo periodo il Congo ha registrato oltre 15 mila casi e 537 decessi, la maggior parte dei quali tra i bambini sotto i 15 anni. In questo frangente la variante responsabile sembrerebbe Clade Ib. La maggior parte dei casi, secondo le autorità, riguarderebbero prostitute, camionisti e persone impegnate in lavori transitori. Questo confermerebbe la trasmissione sessuale quale principale veicolo di contagio. Ma queste diverse caratteristiche, unite al dato relativo ai bambini, indicano in maniera importante una possibile evoluzione nelle vie di trasmissione.

L’emergenza, come abbiamo imparato quando si tratta di virus, non si limita al solo continente africano: la Svezia ha recentemente segnalato il primo caso di Clade I al di fuori del continente, dimostrando che il virus può viaggiare facilmente attraverso le frontiere. 

Il ruolo della vaccinazione

Essendo il virus che causa MPOX un parente stretto del virus causa del vaiolo, in questi anni il vaccino contro il vaiolo (distribuito in Europa con il nome commerciale di Imvanex e negli USA con il nome commerciale di Jynneos) è stato utilizzato come profilassi per MPOX. In particolare nel 2022 molte nazioni hanno autorizzato la somministrazione alle persone a rischio. Rimane però il nodo dell’accessibilità: concepito per il vaiolo, una malattia ormai eradicata, con la possibilità di un nuovo aumento dei casi di MPOX c’è il rischio che molte persone non siano adeguatamente protette a causa della scarsa disponibilità del prodotto.

Gli Antivirali sembrano non funzionare

A complicare la situazione c’è anche l’assenza di terapie specifiche contro il virus. In passato il farmaco antivirale tecovirimat (approvato dall’FDA per il trattamento del vaiolo) aveva dimostrato la sua efficacia nella cura di MPOX in modelli in vitro e sperimentali. Effiacia purtroppo non confermata negli studi sulle persone. Il National Institutes of Health statunitense ha da poco diffuso i dati relativi alla sperimentazione, effettuata proprio in Congo, sull’utilizzo dell’antivirale. La molecola in questione ha avuto un’efficacia pari a quella del placebo. Tradotto: tecovirimat non ha alcun effetto nel migliorare il decorso della malattia.

Cosa sta facendo l’Italia

Il Ministero della Salute ha ufficialmente comunicato che lunedì 19 agosto fornirà alle Regioni le indicazioni su eventuali misure da adottare. Nessun caso è stato registrato in Italia e dal Ministero invitano ad evitare allarmismi.

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